Reati a mezzo stampa. Anche se l’edizione è teletrasmessa la competenza va determinata con riferimento al luogo di prima diffusione – CASSAZIONE PENALE, Sezione I, Sentenza n. 15333 del 03/05/2006
COMPETENZA ” REATI
COMMESSI COL MEZZO DELLA STAMPA ” EDIZIONE TELETRASMESSA ” LUOGO DI PRIMA
DIFFUSIONE ” INDIVIDUAZIONE
“La competenza per
territorio, nel caso di reati commessi col mezzo della stampa, va determinata
con riferimento al luogo di prima diffusione dello stampato che di solito
coincide con quello in cui la stampa viene effettuata e tale principio vale
anche nel caso di edizione teletrasmessa in diversi centri di stampa ubicati in
luoghi diversi”.
La vicenda
Con sentenza dell’11
gennaio 2005, il Gup de tribunale di Monza dichiarava la propria incompetenza
per territorio a conoscere i reati di diffamazione a mezzo stampa ascritti a G.
U. R., F. R. e D.L. in danno di A. V. (i primi due quali autori degli articoli e
il terzo quale direttore responsabile del quotidiano "Libero"), sul rilievo che,
stante il modo di composizione del giornale, la competenza territoriale andava
radicata presso il giudice del luogo in cui avveniva il deposito delle copie
d’obbligo del quotidiano, che era Milano.
Il tribunale monocratico di
Milano, con sentenza del 30 gennaio 2006, si dichiarava a sua volta incompetente
per territorio, disponendo la trasmissione degli atti al procuratore della
Repubblica di Monza.
Secondo il Tribunale di
Milano, infatti, poichè il quotidiano "Libero" veniva stampato in Paderno
Dugnano, località rientrante nel circondario del tribunale di Monza, doveva
considerarsi anche il luogo di prima diffusione dello stampato.
Il tribunale di Milano,
tuttavia, con ordinanza del 30 gennaio 2006, dopo aver constatato che il Gup del
tribunale di Monza aveva già dichiarato la propria incompetenza per territorio,
revocava l’ordinanza, rilevando un caso di conflitto negativo di competenza e
disponendo la trasmissione alla Corte di Cassazione di copia degli atti
necessari alla risoluzione del conflitto.
Il caso di diritto sollevato e la soluzione
adottata dalla Corte
La questione sottoposta
alla attenzione della Suprema Corte di Cassazione è stabilire come determinare
la competenza alla trattazione della causa nei reati commessi con il mezzo della
stampa, qualora si tratti di edizione teletrasmessa in diversi centri per la
stampa.
Dal punto di vista penale il nostro ordinamento prevede
numerose di fattispecie incriminatrici contenute in parte nel codice penale, in
parte nella legge 8 febbraio 1948, n. 47 (legge sulla stampa), ed in parte in
diverse leggi speciali; queste norme formano il c.d. “diritto penale della
stampa”.
La prima distinzione effettuata da dottrina e giurisprudenza
e quella tra reati di stampa e reati a mezzo della stampa: i primi, a carattere
omissivo, sono quei reati che possono essere commessi esclusivamente da chi
scrive ( si tratta, per lo più, di violazioni della legge sulla stampa), i
secondi sono, invece, quei reati che possono essere commessi da chiunque anche
in altri modi oltre che a mezzo degli stampati (es. la diffamazione).
Altra importante distinzione è quella tra reati di
“pre-stampa” e “reati di stampa”, con riferimento alla funzione che l’elemento
stampa svolge sul piano della fattispecie incriminatrice: i primi sono quei
reati in cui l’illiceità si manifesta in un momento anteriore alla stampa; i
secondi sono quelli nei quali l’illiceità si realizzata proprio attraverso il
mezzo della stampa.
In particolare gli
artt. 57, 57 bis 58 e 58 bis del c.p. sono dedicati ai reati
commessi a mezzo della “stampa periodica” e “non periodica”.
Il primo problema che si pone è quello di individuare il
soggetto responsabile, qualora sia ignoto l’autore di un articolo tramite il
quale viene consumato il reato.
La soluzione adottata è stata quella di rendere determinati
soggetti “garanti” dell’uso non criminoso della stampa.
Il codice penale del 1930 fu impostato proprio secondo tali
presupposti.
Si qualifico’, quindi, il direttore come “capo dell’azienda
giornalistica”, preposto, in quanto tale, al controllo e alla approvazione di
tutto quanto viene scritto per essere immesso sul giornale.
Ai sensi dell’originaria
formulazione dell’art. 57 c.p., nel caso di stampa periodica il direttore o il
redattore responsabile rispondevano in ogni caso del reato commesso col mezzo
della stampa, salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione.
Nell’ipotesi di stampa non
periodica, se l’autore della pubblicazione era ignoto o non imputabile,
rispondeva l’editore o, in caso anche questo era ignoto o non imputabile, lo
stampatore.
Infine, nel caso di stampa
clandestina rispondevano tutti coloro che in qualsiasi modo avessero divulgato
gli stampati.
Tale responsabilità veniva
interpretata da alcuni come una sorta di responsabilità per fatto altrui,
derivante dal solo fatto di essere direttore, da altri come una responsabilità
per “culpa in vigilando”, dovuta all’inosservanza dell’obbligo di
controllo che spetta al direttore in quanto “garante”.
Successivamente con la legge 4 marzo 1958, n. 127, che
apporto’ delle modifiche al testo degli artt. 57 e 58 c.p. e con l’introduzione
di due nuove disposizioni, gli artt. 57 bis e 58 bis c.p. è stata
data una nuova interpretazione della responsabilità.
L’art. 57 c.p., sulla stampa periodica, recita: “salva la
responsabilità dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il
direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul
contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che
col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di
colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita
in misura non eccedente un terzo”, configurando, cosi’, una responsabilità
per fatto proprio omissivo e concorrente con quella dell’autore della
pubblicazione: si tratta di un reato colposo e non di una forma di
responsabilità oggettiva, in quanto il mancato impedimento dell’evento deve
essere si’ non voluto, ma attribuibile alla colpa del direttore.
Quindi, il direttore risponderà a titolo di colpa del reato
solo se abbia omesso il controllo sulla pubblicazione, sempre che fosse
prevedibile ed evitabile.
Altro problema è quello
relativo al locus commissi delicti e quindi della competenza per territorio.
Nel caso di reati commessi
con il mezzo della stampa, la competenza per territorio va generalmente
determinata facendo riferimento al luogo di prima diffusione dello stampato, che
coincide spesso con quello in cui viene effettuata la stampa.
La giurisprudenza, infatti,
ha già stabilito che è nel momento in cui il giornale esce dalla
disponibilità della tipografia che, normalmente, si realizzano le condizioni
che rendono, poi, possibile la diffusione del messaggio criminoso all’esterno
(Cass. Sez. II, 5.12.02 n. 41038, rv. 222722).
Nel caso di edizione
teletrasmessa in diversi centri stampa situati in diversi luoghi, ha precisato
la Corte, il luogo del commesso reato non si identifica in quello in cui avviene
il deposito delle copie d’obbligo.
Tale tesi è accettabile
per i giornali periodici, per i quali la prima diffusione non coincide con il
momento in cui il giornale esce dalla tipografia, ma si verifica nel momento in
cui lo stesso viene assemblato nelle sue parti (Cass. 4158 5.6.00, Pansa, in
Cass. Pen.
Mass. Ann.
2002, n. 1275, p. 3788).
Nei periodici, infatti, il
luogo di commissione del reato con coincide con il momento della stampa, poichè
il giornale non è completo di tutte le sue parti e non è uscito dalla
disponibilità dell’editore e, quindi, non si è ancora diffuso.
Nel caso di quotidiani,
invece, si deve ritenere che il luogo di commissione del reato coincide con
quello della prima diffusione, che, generalmente, coincide con quello in cui si
trova la tipografia.
La giurisprudenza ha già
avuto modo di stabilire, inoltre, che nei reati commessi con il mezzo della
stampa nell’ipotesi di edizione teletrasmessa e destinata alla pubblicazione in
più parti del territorio nazionale, ove dovesse risultare impossibile
determinare il luogo, rilevante ai fini della determinazione della competenza
per territorio, della prima diffusione dello stampato, la competenza dovrà
essere determinata sulla base dei criteri sussidiari previsti dall’art. 40
c.p.p., si che la stessa si radicherà sempre nel luogo di redazione, ove è
avvenuta l’operazione tipografica del montaggio dello stampato, costituente
l’ultimo atto certo antecedente la consumazione e ove si è realizzata
l’omissione del controllo imposto al responsabile del giornale dall’art. 57 c.p.
(Cass. 2436 15.3.85 rv. 168290).
(Lorenzo Sica, © Litis.it,
18 Maggio 2006)
CASSAZIONE PENALE, Sezione
I, Sentenza n. 15333 del 03/05/2006
(Presidente S. Chieffi,
Relatore G. Santacroce)
o s s e r v a
l. Con sentenza dell’11
gennaio 2005, il gup de{ tribunale di Monza dichiarava la propria incompetenza
per territorio a conoscere i reati di diffamazione a mezzo stampa ascritti a G.
U. R., F. R. e D.L. in danno di A. V. (i primi due quali autori degli articoli e
il terzo quale direttore responsabile del quotidiano "libero"), sul rilievo che,
stante il modo di composizione del giornale, la competenza territoriale andava
radicata presso il giudice del luogo in cui avveniva il deposito delle copie
d’obbligo del quotidiano, che era Milano.© Litis.it
Il tribunale monocratico di
Milano, con sentenza del 30 gennaio 2006, dichiarava a sua volta la propria
incompetenza per territorio, disponendo la trasmissione degli atti al
procuratore della Repubblica di Monza, sul rilievo che il quotidiano "Libero"
veniva stampato in Paderno Dugnano, località r