I titoli di coda di una vita insieme di Diego De Silva: un ritratto ironico e struggente della fine di un amore

La trama: Fosco e Alice, un addio che cerca dignità
La storia ruota attorno a Fosco e Alice, una coppia matura che, dopo venticinque anni di matrimonio e un figlio ormai adulto, Cristiano, decide di separarsi. Lui è uno scrittore di successo, lei un’oncologa dedita al lavoro; insieme hanno condiviso risate, gusti, valori, ma ora si trovano al capolinea, senza sapere esattamente quando e perché qualcosa si sia rotto. “L’amore non è una storia, ma due”, scrive De Silva, e questa dualità emerge nei punti di vista alternati dei due protagonisti. Alice vuole una conclusione drammatica, fatta di conflitti e ferite, come se la grandezza del loro amore si misurasse dal dolore che può infliggere. Fosco, al contrario, è più passivo, quasi rassegnato, disposto ad accettare qualsiasi condizione pur di non alimentare lo scontro.
Il loro percorso verso la separazione passa attraverso avvocati e documenti legali che, come spesso accade, riducono anni di vita condivisa a formule sterili, incapaci di catturare la complessità di un legame. Per sfuggire a questa freddezza burocratica, Fosco e Alice decidono di ritirarsi in una casa amata, un luogo pieno di ricordi – dell’infanzia, degli amici, del loro stesso amore – per riscrivere a modo loro i “titoli di coda” della loro storia. Qui, tra dialoghi, silenzi e riflessioni, ripercorrono il passato, confrontandosi con rimpianti, felicità sepolte e il senso di fallimento che accompagna ogni fine. Il romanzo si chiude con un gesto simbolico di Fosco, un piccolo colpo di teatro che dona alla loro separazione una dignità diversa, lontana dal linguaggio arido delle carte bollate.
Ironia e dolore in un equilibrio precario
De Silva affronta la fine dell’amore con uno stile che mescola ironia e tragedia, una caratteristica che lo ha sempre contraddistinto. La narrazione a due voci permette di entrare nella mente di entrambi i protagonisti, evidenziando le differenze nei loro modi di vivere la separazione: Alice è più combattiva, Fosco più riflessivo, quasi distaccato. Questo contrasto, però, non si traduce in un giudizio: l’autore non prende le parti di nessuno, ma lascia che siano i personaggi a raccontarsi, con sincerità e vulnerabilità. I dialoghi sono il punto di forza del romanzo: pungenti, intelligenti, pieni di battute che strappano un sorriso anche nei momenti più dolorosi. È in queste “stilettate di intelligenza sintetica”, come le definisce un recensore, che si ritrova il miglior De Silva.
Tuttavia, il libro non è esente da critiche. Alcuni lettori trovano la storia poco credibile: “Perché due persone che si rispettano, si attraggono ancora e non hanno tradimenti alle spalle dovrebbero lasciarsi?”. Questa domanda, pur legittima, sembra ignorare un aspetto centrale del romanzo: l’amore, come scrive De Silva, “è discreto nel morire” e non sempre ha bisogno di grandi drammi per spegnersi. La noia, le piccole fratture quotidiane, i silenzi che si accumulano possono essere altrettanto letali. Altri critici, però, lamentano un eccesso di analisi: Fosco e Alice, con le loro riflessioni quasi da “élite”, appaiono a volte troppo cerebrali, distanti dalla realtà di una coppia comune. I ricordi di Fosco sull’infanzia e la casa, inoltre, sono stati giudicati da alcuni come invadenti, quasi un riempitivo rispetto alla tensione emotiva della separazione.
Eppure, è proprio in questa capacità di scandagliare il quotidiano che il romanzo trova la sua forza. De Silva non cerca il dramma eclatante, ma si concentra sulle “minuzie” che modellano una vita insieme: i gesti ricorrenti, i tic tollerati o amati, le pause nei discorsi. La separazione di Fosco e Alice non è un’esplosione, ma un lento dissolversi, un “gerundio presente” – come lo definisce una recensione su La Stampa – che parla a chiunque abbia vissuto la fine di un amore. L’ironia, mai abbandonata, diventa un modo per illuminare ciò che conta, per rendere sopportabile un dolore che, come sottolinea Serena Dandini su iO Donna, non ha senso, né nella fine né nell’inizio.
Un tema universale in un’Italia che cambia
I titoli di coda di una vita insieme arriva in un momento in cui l’Italia, nel 2025, è ancora alle prese con un dibattito culturale sulle relazioni e sulle famiglie. La separazione, un tempo tabù, è oggi un’esperienza comune, ma non per questo meno dolorosa. Il romanzo di De Silva si inserisce in questo contesto con una riflessione che va oltre la coppia: parla della difficoltà di gestire le emozioni, dell’ambiguità dei sentimenti e della necessità di trovare un linguaggio per dire addio. Fosco e Alice non sono solo due persone che si lasciano; sono il simbolo di un’esperienza universale, quella del lutto affettivo, che richiede di fare i conti con il passato per poter guardare avanti.
De Silva, nato a Napoli nel 1964, porta in questo libro anche frammenti della sua vita: due storie d’amore finite, la malattia (ha affrontato due volte un tumore), l’esperienza di avvocato. Tuttavia, come lui stesso ha dichiarato in un’intervista, “per quanto tu possa rubacchiare dalla vita, devi togliere te stesso” per raggiungere il lettore. E ci riesce: Fosco e Alice, pur con le loro peculiarità, parlano a tutti, perché le loro speranze, delusioni e felicità sepolte sono quelle di chiunque abbia amato e perso.
Un romanzo che resta dentro
I titoli di coda di una vita insieme è un libro che si legge con un nodo in gola e un sorriso amaro. Diego De Silva, con la sua capacità di alternare ironia e profondità, ci regala un ritratto realistico e commovente della fine di un amore, senza cercare risposte definitive ma offrendo uno spazio per riflettere. È un’opera che, come scrive un recensore su Goodreads, “vorresti non aver ancora letto per poterlo rileggere di nuovo”. Per chi cerca una storia che parli di perdita senza rinunciare alla leggerezza, questo romanzo è una lettura preziosa, un viaggio intimo che illumina le complessità dell’animo umano e ci ricorda che, a volte, lasciarsi è solo un altro modo di prendersi cura di ciò che è stato.