Attualità

L’UE disciplina lo stress da lavoro. La sicurezza si sposta dalla azienda ai dipendenti



In Europa circa un lavoratore su tre (in tutto oltre 40 milioni di persone)
dichiara di soffrire stati di affaticamento e tensione causato dalla difficoltà
relazionale sul posto lavoro



 



Lo stress sul lavoro

ha finalmente un quadro
normativo europeo. E’ operativo l’articolato di leggi firmato a Bruxelles la
disciplina europea. In Europa circa un lavoratore su tre (in tutto oltre 40
milioni di persone) dichiara di soffrire di stress sul lavoro e si calcola che
lo stress sia causa di pi๠del 50% dei giorni lavorativi persi nell’Unione
europea.

 



Allaluce

di queste cifre sconcertanti si è varato il
regolamento per affrontare il tema dei rischi psicosociali connessi con il
lavoro. L’occupazione non si concentra pi๠nelle grandi fabbriche o nelle grandi
imprese, ma risulta spesso frammentata in una miriade di nicchie lavorative dove
maggiore flessibilità  e alternanza di mansioni possono influenzare l’andamento
infortunistico.

 



Tende
a capovolgersi la logica che ha presieduto in
passato la gestione della sicurezza del lavoro centrata sull’azienda e che oggi
tende a spostarsi sui singoli lavoratori, insieme gestori e beneficiari di una
strategia individiale di prevenzione. Il sempre maggiore impiego di lavoro
interinale e par-time, che spesso comporta un’elevata mobilità  sul territorio,
potrà  condurre ad una maggiore incidenza degli infortuni in itinere. Inoltre,
l’intensificazione dei ritmi lavorativi ed il divenire sempre pi๠labile della
linea di demarcazione tra tempo libero e tempo di lavoro, porta ad un incremento
dello stato di stress.

 



Il lavoratore atipico
, il cui reddito è fortemente
proporzionale alla quantità  di incarichi o commesse svolte, si trova spesso
costretto a prolungare l’attività  giornaliera, senza pause e spesso in
situazioni ambientali non idonee a lavorare in sicurezza e per periodi troppo
prolungati. A tutto ciò si agiunge l’ansia indotta dalla precarietà  del lavoro e
dalla necessità  di dimostrare in ogni occasione la propria efficienza e la
propria capacità  di mantenere determinati standard.

 



Si segnala

un significativo aumento di alcune
tecnopatie non tabellate (malattia da microtraumi e posture, sindrome del tunnel
carpale, epicondilite,ecc.) dovuto anche ad una maggiore sensibilizzazione dei
soggetti coinvolti nell’evento lesivo. Si tratta, quindi, di un tema complesso
nel quale convergono problemi di organizzazione del lavoro, di sensibilizzazione
dei soggetti esposti ai rischi, di rilevanza dei fattori di stress, evidenziati
e potenziati dallo sviluppo di nuove tecnologie e sicuramente da un lavoro
flessibile.

 



Il quadro normativo

segue e incoraggia la filosofia
del lavoro sulla quale si è adeguata anche la giurisprudenza Europea per quanto
concerne la difesa del lavoratore esposto ai danni causati da effetti
‘collaterali’ come lo stato d’ansia e la tensione nervosa. Infatti l’infortunio
da stress avvenuto nell’ambito lavorativo è riconosciuto come infortunio
risarcibile ai sensi e agli effetti della legislazione in materia di
assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali.

 



La Sezione Lavoro

della Corte di Cassazione ha
considerato risarcibile come infortunio sul lavoro l’incidente capitato ad un
impiegato che, al termine del turno di lavoro, era stato investito da una
macchina mentre si recava di corsa verso l’autobus che avrebbe dovuto riportarlo
a casa. I giudici di legittimità  hanno confermato la sentenza del Tribunale di
Firenze che, accogliendo la domanda della moglie dell’uomo, finito in coma
irreversibile, aveva condannato l’Inail a risarcire il fatto come infortunio sul
lavoro.

 



Il Tribunale

aveva ritenuto che l’uomo fosse "in una
condizione psicologica connessa ai tempi ristretti che lo inducevano ad
affrettare il tragitto e ad attraversare la strada senza l’accortezza
necessaria", e che era "altamente probabile" che la sua attenzione fosse
menomata a causa del lungo turno di lavoro svolto; i giudici avevano anche
ricordato gli studi statistici secondo i quali il maggior numero di infortuni si
verificano al termine dell’orario di lavoro.

 



La Suprema Corte
, condividendo le valutazioni del Tribunale
e respingendo il ricorso dell’Inail, sottolinea come il "rischio generico" della
strada, al quale tutti sono sottoposti, può diventare "rischio specifico di
lavoro" quando l’infortunio "in itinere" si trovi "in stretta e necessaria
connessione con gli obblighi lavorativi", così da poter essere ricondotto alla
"occasione di lavoro".

 

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