Civile

La rinuncia implicita al vantaggio dell’inversione dell’onere della prova di un rapporto fondamentale derivante dalla titolarità di una promessa di pagamento non è ravvisabile se il promissario si limita ad indicare il rapporto fondamentale

E’ opinione ormai consolidata in giurisprudenza che
la promessa di pagamento, al pari della ricognizione di debito, non costituisce
autonoma fonte di obbligazione, ma ha soltanto effetto confermativo di un
preesistente rapporto fondamentale, venendo adoperarsi, in forza dell’art.
1988 c.c.
un’astrazione meramente processuale della causa debendi,
comportante una semplice relevatio ab onere probandi per la quale il
destinatario della promessa è dispensato dall’onere di provare l’esistenza del
rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria (v. per es. Cass.
11 dicembre 2000, n. 15575; Cass. 9 febbraio 2001, n. 1831; Cass. 10 agosto
2002, n. 11426). Nella seguente pronuncia, la Corte sostiene che anche
rinunciando implicitamente al vantaggio dell’inversione dell’onere della prova
di un rapporto fondamentale derivante dalla titolarità di una promessa di
pagamento, come disposto ai sensi dell’art. 1988 c.c., non è tuttavia
ravvisabile tale rinuncia se il promissario si limita ad indicare il rapporto
fondamentale ( la cosi detta promessa titolata), ovvero, in subordine al non
accoglimento della domanda principale fondata sulla promessa, offra di provare
il rapporto ad essa sottostante ( Vedi anche Cass. 18 luglio 1997, n. 6642). In
conclusione non è in alcun modo ravvisabile una rinunzia alla situazione di
vantaggio che l’art. 1988 c.c. assicura al promissario.

 

 

 

 

CASSAZIONE CIVILE,
 Sentenza n. 12292 del 05/07/2004


Svolgimento del processo

Graziella Garotta conveniva in giudizio dinanzi al
Tribunale di Milano Umberto Anglisani opponendosi al precetto notificatole su
istanza di quest’ultimo e col quale le si intimava il pagamento della somma di
lire 34.594.690, in forza di assegno bancario di lire 30.000.000 tratto dalla
medesima sulla Banca Commerciale italiana in favore dell’Anglisani. L’opponente
deduceva di avere acquistato dall’Anglisani n. 4000 quote di una società per il
prezzo di lire 30.000.000 e di aver consegnato a garanzia del pagamento
l’assegno bancario in questione privo di data e del luogo di emissione.

Effettuato il pagamento, chiedeva la restituzione
dell’assegno, rifiutata dall’Anglisani che anzi metteva all’incasso l’assegno
stesso e intimava precetto sulla base del titolo protestato.

L’opponente chiedeva quindi di dichiarare
l’inefficacia dell’assegno e l’inesistenza del credito vantato dall’Anglisani.

Il convenuto opposto si costituiva in giudizio
contestando il fondamento dell’opposizione. Rilevava che le parti in causa si
erano accordate per costituire una società per la progettazione di
apparecchiature elettroniche, pattuendo che le spese sarebbero state ripartite
in parti uguali. In realtà gli esborsi erano stati quasi interamente da lui
sostenuti. A titolo di rimborso delle spese anticipate, la Garotta gli aveva
consegnato l’assegno di 30.000.000.

Accertati i rapporti di debito e di credito tra le
parti e risultando la Garotta debitrice di lire 18.000.000, egli le aveva
consegnato un proprio assegno per 12.000.000, con cio’ compensando la differenza
tra il proprio effettivo credito e l’importo di 30.000.000 portato dall’assegno
in questione.

Il Giudice istruttore ingiungeva all’opponente a
norma dell’art. 186ter c.p.c. il pagamento della somma di lire 30.000.000. Alla
causa veniva riunita altra causa promossa dalla Garotta di opposizione
all’esecuzione iniziata dall’Anglisani in forza del medesimo assegno.

Il Tribunale dichiarava l’inesistenza del diritto
dell’Anglisani di procedere all’esecuzione in forza dell’assegno bancario posto
a fondamento del precetto, ma ravvisando in esso gli estremi della promessa di
pagamento, condannava la Garotta a corrispondere alla controparte la somma
portata dal titolo con gli interessi.

La Garotta proponeva appello. L’Anglisani
contestava il fondamento dell’impugnazione e proponeva a sua volta appello
incidentale. La Corte d’appello di Milano rigettava sia l’appello principale che
quello incidentale.

Avverso questa sentenza Graziella Garotta propone
ricorso per Cassazione affidato a quattro motivi. Umberto Anglisani resiste
concontroricorso, illustrato da memoria.

Motivi
della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione dell’art. 244 c.p.c. e del principio
della contestualità della prova¯, nonchè la "insufficiente ed erronea
motivazione della sentenza di primo grado", la "assenza in motivazione di ogni
riferimento alle produzioni documentali", la "insufficiente trattazione ed
istruzione della causa". La decisione era fondata su un’erronea motivazione.
Secondo quanto esposto, era stata fornita, in via documentale, piena prova del
rapporto sottostante alla dazione dell’assegno in contestazione e, cioè, che la
dazione dell’assegno era collegata ad una vendita di fissati bollati. Infatti in
primo grado aveva prodotto: l’assegno bancarioper l’importo di lire 30.000.000
in favore dell’Anglisani, con data in bianco; lo stesso assegno come
abusivamente riempito con la data del 7 giugno 1993 dallo stesso Anglisani il
quale provvedeva cosi’ a porlo all’incasso; copia del fissato bollato datato 16
dicembre 1991 attestante la cessione di n. 4000 quote della s.r.l. Sell
Elettronic;

attestazione di trasferimento di titoli per un
importo complessivo di lire 25.000.000; ulteriore assegno tratto su Comit per
l’importo di lire 5.000.000. Aveva inoltre provato che la cessione delle quote
non era stata mai perfezionata. La ricorrente rileva inoltre che la dazione
dell’assegno bancario in contestazione, consegnato verso la fine del 1991 con la
sola indicazione del beneficiario e privo di data, coincideva con la stravagante
operazione di cessione di quote di una società a responsabilità limitata (che
avveniva appunto nell’ultimo mese del 1991), da considerarsi nulla per mancanza
assoluta dell’oggetto e della causa. A fronte di tutto cio’ non eranochiari i
motivi sulla base dei quali i giudici di merito avevano potuto ritenere gli
assunti della esponente privi di prova. In ogni caso la motivazione della
sentenza era del tutto carente, non essendosi tra l’altro considerati i
documenti depositati.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la
violazione dell’art. 1998 c.c. e il vizio di motivazione della sentenza
impugnata. La ricorrente premette che la promessa di pagamento da luogo ad
un’astrazione, meramente processuale della causa debendi comportante una
semplice relevatio ab onere probandi per la quale il destinatario della promessa
è esentato di provare l’esistenza del rapporto fondamentale, con il conseguente
venir meno di ogni effetto vincolante della promessa ove rimanga giudizialmente
provato che il rapporto fondamentale non è mai sorto o si è estinto. Deduce
quindi che era stato pienamente provato il rapporto fondamentale al qualeera
ricollegabile la dazione dell’assegno in contestazione, tanto da determinare il
superamento della presunzione. Nel caso di specie i giudici di merito, con una
motivazione insufficiente ed inadeguata e del tutto erronea, avevano statuito
che l’assegno di lire 30.000.000, pacificamente consegnato alla fine del 1991 e
temporalmente collegato con l’operazione, da considerarsi nulla, di pretesa
vendita di fissati bollati, fosse invece da rapportarsi, sotto il profilo
sostanziale, ad un preteso credito dell’Anglisani, successivo di circa due anni
rispetto al momento della dazione dell’assegno stesso.

E Solo in forza di cio’ la sentenza impugnata
doveva essere annullata e cassata.

Nell’ambito della stesso motivo, la ricorrente
deduce che secondo la giurisprudenza di legittimità, la situazione di vantaggio
accordataal promissario dall’art. 1988 c.c., con la dispensa dall’onere
di dimostrare il rapporto fondamentale (da presumersi iuris tantum), puo’ essere
oggetto di rinuncia da parte del promissario medesimo, non solo esplicita, ma
anche implicita, come nel caso in cui egli indichi il rapporto sottostante
offrendosi di darne la prova. In tale ipotesi, trovano applicazione i normali
principi sull’onere della prova, non operando più l’inversione di detto onere
contemplata dal citato art. 1988 c.c.. L’Anglisani aveva preteso di
provare che il rapporto sostanziale sottostante la dazione dell’assegno fosse
proprio il rapporto economico discendente dalla costituzione di una società, la
New Generation s.r.l, costituita dai sig.ri Umberto Anglisani e Graziella
Garotta, unitamente ad altri soggetti. In buona sostanza controparte aveva
preteso di dimostrare il rapportofondamentale, ed i giudici di merito avevano
confermato tale costruzione, ponendo a fondamento della decisione l’esistenza di
un rapporto diverso da quello dedotto dall’attrice e relativo unicamente a
pretese spese di costituzione di una società dall’Anglisani, il quale tuttavia
non aveva provato l’esborso anticipato.

1.1. I due motivi, che per evidenti motivi di
connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

Va innanzi tutto rilevato che, benchè nella
rubrica del primo motivo si faccia riferimento alla violazione dell’art. 244
c.p.c.
, questo profilo non è poi per nulla svolto, mentre viene ripreso nei
motivi terzo e quarto del ricorso.

La promessa di pagamento, al pari della
ricognizione di debito, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha
soltanto effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, venendo
adoperarsi, in forza dell’art. 1988 c.c. un’astrazione meramente
processuale della causa debendi, comportante una semplice relevatio ab onere
probandi per la quale il destinatario della promessa è dispensato dall’onere di
provare l’esistenza del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova
contraria (v. per es. Cass. 11 dicembre 2000, n. 15575; Cass. 9 febbraio 2001,
n. 1831; Cass. 10 agosto 2002, n. 11426).

Questo è il principio di diritto al quale si
è attenuta la sentenza impugnata (come ha anche rilevato la ricorrente),
cosicchè non è dato ravvisare alcuna violazione

dell’art. 1988 c.c..

Neppure sussiste il denunziato vizio di
motivazione.

La sentenza impugnata ha ritenuto che l’assegno di
lire 30.000.000 costituisse promessa di pagamento. Ha fatto quindi applicazione
– come già il primo giudice – dell’art. 1988 c.c., ritenendo sussistente
una presunzione iuris tantum di esistenza del rapporto sottostante e ha concluso
nel senso che la Garotta non aveva provato l’inesistenza o l’illiceità del
rapporto sottostante. A questa conclusione la Corte territoriale è pervenuta
anche tenendo conto della prova testimoniale e delle dichiarazioni rese dai
testi nel procedimento penale ex art. 640 c.p. a carico della Garotta; ha
inoltre considerato sia la circostanza che l’assegno era privo di data e di
luogo di emissione sia l’asserita funzione di garanzia del trasferimento delle
quote della S.r.l. Sell Elettrica.

Da quanto sopra si è riportato risulta evidente,
per un verso che non vi è stata pretermissione di circostanze in fatto
rilevanti, dall’altro che l’affermazione dell’esistenza di una promessa di
pagamento e della mancanza di prova da parte della Garotta circa l’inesistenza o
l’illiceità del rapporto fondamentale si è risolta in un apprezzamento di
fatto che sotto il profilo logico raggiunge un grado di completezza e di
ragionevolezza da essere incensurabile nel giudizio di cassazione. Anzi, risulta
evidente che la ricorrente non porta all’attenzione di questa Corte una carenza
di effettiva logica nella motivazione della sentenza impugnata o di
contraddittorietà all’interno della stessa, ma contesta direttamente le
valutazioni espresse dalla Corte di merito e le conclusioni alle quali la stessa
è pervenuta.

1.2. Con la seconda parte del secondo motivo, la
ricorrente, richiamando la decisione di questa Corte n. 6059 del 1990, deduce
chel’Anglisani aveva rinunziato alla dispensa dall’onere di dimostrare il
rapporto fondamentale, pretendendo di provare il rapporto fondamentale, con la
conseguenza che in questa ipotesi trovavano applicazione i principi generali
sull’onere della prova.

Va innanzi tutto rilevato che la questione non è
stata trattata dalla Corte territoriale nè ha fatto

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