Collaborazioni coordinate e continuative. Presupposti e limiti alla stipula dei contratti. Regime fiscale e previdenziale. Autonomia contrattuale. CIRCOLARE 15 luglio 2004, n.4
PRESIDENZA DEL
CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA
CIRCOLARE 15 luglio 2004, n.4
Collaborazioni coordinate e continuative. Presupposti e limiti alla
stipula dei contratti. Regime fiscale e previdenziale. Autonomia
contrattuale.
Alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri Segretario generale
Alle amministrazioni dello Stato anche
ad ordinamento autonomo
Al Consiglio di Stato - Ufficio del
segretario generale
Alla Corte dei conti - Ufficio del
segretario generale
All'Avvocatura generale dello Stato -
Ufficio del segretario generale
Alle Agenzie
All'ARAN
Alla Scuola superiore della pubblica
amministrazione
Agli enti pubblici non economici
(tramite i Ministeri vigilanti)
Agli enti pubblici (ex art. 70 del
decreto legislativo n. 165/2001)
Agli enti di ricerca (tramite il
Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca)
Alle istituzioni universitarie (tramite
il Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca)
e, per conoscenza:
Alla Conferenza dei presidenti delle
regioni
All'ANCI
All'UPI
1. Premessa.
La pubblica amministrazione è stata, negli ultimi anni,
protagonista di un processo di assimilazione all'impresa privata, pur
nel riconoscimento della sostanziale differenza delle finalità
perseguite, dal punto di vista delle logiche organizzative. Il
mutamento della visione organizzativa dell'amministrazione ha
comportato, da un lato, la contrattualizzazione del rapporto di
lavoro dei propri dipendenti e, dall'altro, l'attribuzione alla
dirigenza di un ruolo diverso, con la conseguente assunzione dei
poteri del privato datore di lavoro nella gestione delle risorse
umane, per giungere, anche, all'esercizio di tali poteri nell'ambito
organizzativo vero e proprio.
Da cio' derivano il potere e l'onere attribuiti ai dirigenti di
attendere all'organizzazione dei propri uffici e delle risorse loro
attribuite, secondo la previsione dell'art. 5 del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165, il quale prevede, al comma 2, che «Nell'ambito
delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'art. 2, comma 1, le
determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti
alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi
preposti alla gestione con la capacità ed i poteri del privato
datore di lavoro».
In questo contesto, si è sviluppato il ricorso alle tipologie
lavorative cosiddette «flessibili» ed alle collaborazioni esterne ex
art. 2222 del codice civile, come previste dall'art. 7, comma 6, del
decreto legislativo n. 165/2001 «Norme generali sull'ordinamento del
lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche» e, per le
amministrazioni locali, dall'art. 110, comma 6, del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267 «Testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali», anche al fine di rispondere
agilmente a bisogni qualificati e temporanei senza per questo dover
aumentare il numero del personale stabilmente in servizio.
L'attivazione di tali contratti non sempre è stata in linea con i
principi dell'ordinamento e, in particolare, con quanto più volte
dichiarato dalla giustizia contabile. La crescita del fenomeno e
l'utilizzo improprio delle collaborazioni portano questa
amministrazione ad intervenire con la presente direttiva, posto che
già il legislatore in sede di legge finanziaria, art. 34 della legge
27 dicembre 2002, n. 289 e art. 3 della legge 24 dicembre 2003, n.
350, è intervenuto con disposizioni restrittive ai fini del
contenimento della spesa (90% del triennio 1999-2001).
Per quanto concerne i rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa, si pongono all'attenzione delle amministrazioni diversi
problemi relativi, in primo luogo, all'individuazione dei presupposti
che legittimano il ricorso alla collaborazione, poi alla valutazione
di eventuali tutele non previste dall'ordinamento che, pero', possono
essere introdotte nei singoli contratti in virtù dell'autonomia
contrattuale attribuita ai contraenti e, in ultimo, alla corretta
gestione degli adempimenti fiscali e previdenziali.
In relazione a quest'ultimo aspetto, è necessario ricordare come
l'avvenuta assimilazione dei rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa al lavoro dipendente per gli aspetti fiscali, operata
dall'art. 34 della legge 21 novembre 2000, n. 342, che ha modificato
il testo unico delle imposte sui redditi, e che si riverbera anche
sugli aspetti previdenziali, non incide sulla qualificazione
giuridica del rapporto.
Infine, è opportuno in tale sede richiamare la recente riforma del
mercato del lavoro, attuata dal decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276, che ha introdotto la figura del lavoro a progetto con
la finalità di arginare, nel settore privato, l'abuso delle attuali
collaborazioni coordinate e continuative che per questa ragione
andranno ricondotte alla modalità «a progetto» in ragione della
autonomia del collaboratore.
Occorre, pero', chiarire già adesso che il decreto legislativo
citato, come già disposto dalla legge delega 14 febbraio 2003, n.
30, ha sancito espressamente l'inapplicabilità delle disposizioni
ivi contenute alle pubbliche amministrazioni ed al loro personale e,
nell'art. 86, comma 8, ha, inoltre, previsto che il Ministro per la
funzione pubblica convochi le organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche per
esaminare i profili di armonizzazione conseguenti alla entrata in
vigore del decreto legislativo, anche ai fini della eventuale
predisposizione di provvedimenti legislativi nella materia.
Si rappresenta con l'occasione che lo scorso 5 marzo si è dato
corso all'avvio del processo di armonizzazione con un atto di
indirizzo all'ARAN per la stipula di un contratto collettivo
nazionale quadro.
2. Presupposti.
La ricognizione sulla necessità che le amministrazioni verifichino
l'esistenza dei presupposti che legittimano il ricorso ai rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa scaturisce dalla
considerazione che il ricorso a tali tipologie contrattuali è
sensibilmente aumentato. Da elaborazioni effettuate dall'ARAN (1) sui
dati Si. Co. del Ministero dell'economia e delle finanze,
relativamente all'utilizzo degli istituti di lavoro flessibile nelle
pubbliche amministrazioni, per il biennio 2000-2001, sono emerse
indicazioni significative sull'andamento del fenomeno, che è
caratterizzato da una sensibile crescita della spesa nel 2002,
rispetto a quella già alta registrata nel 2001. L'ampiezza della
variazione puo' essere solo parzialmente giustificata dalla
specificità del settore e delle funzioni esercitate, mentre deve
sollecitare tutte le amministrazioni ad una attenta riflessione sulle
scelte organizzative finora poste in essere.
Dalla lettura delle disposizioni di cui all'art. 7, comma 6, del
decreto legislativo n. 165/2001 e all'art. 110, comma 6, del decreto
legislativo n. 267/2000, si evidenzia la possibilità di ricorrere a
rapporti di collaborazione solo per prestazioni di elevata
professionalità, contraddistinte da una elevata autonomia nel loro
svolgimento, tale da caratterizzarle quali prestazioni di lavoro
autonomo.
Come ricordato in alcuni precedenti pareri (2) dell'ufficio per il
personale delle pubbliche amministrazioni, l'elemento dell'autonomia
dovrà risultare prevalente, poichè in caso contrario sarebbero
aggirate e violate le norme sull'accesso alla pubblica
amministrazione tramite concorso pubblico, in contrasto con i
principi costituzionali (articoli 51 e 97 Costituzione), pri