Niente peculato nell’ipotesi dell’uso momentaneo dell’autovettura di servizio per fini privati -; CASSAZIONE PENALE, Sezione VI, Sentenza n. 13064 del 11/04/2005
Il carattere plurioffensivo del peculato (posto
a tutela, oltre che del patrimonio, anche della legalità, dell’efficienza,
della probità e dell’imparzialità della pubblica amministrazione) non vale a
rendere irrilevante il valore e/o l’utilità economicamente apprezzabile o
comunque sfruttabile a fini patrimoniali della cosa sottratta. Ne consegue,
pertanto, l’insussistenza del reato nell’ipotesi dell’uso momentaneo
dell’autovettura di servizio per fini privati (nella specie, in una sola
circostanza), giacchè in tal caso, anche per l’estrema esiguità di valore dei
beni oggetto di appropriazione, questa non si protrae per il tempo sufficiente
a determinare una sottrazione della cosa alla sua destinazione istituzionale.
( Vedi anche: https://www.litis.it/giunews/news.asp?id=1036
)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott.
OLIVA Bruno – Presidente
Dott. AGRO’
Antonio Stefano –
Consigliere
Dott. MILO Nicola – Consigliere
Dott.
CONTI Giovanni –
Consigliere
Dott. ROTUNDO Vincenzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1 –
LA ROSA Roberto Salvatore,
nato a Catania il 2-1-1940;
2 – MAUGERI Santo, nato a Catania il 24-6-1946;
per diritti avverso la sentenza in data
25-6-2004 della Corte di Appello di Catania.
Visti gli atti, la sentenza impugnata e i
ricorsi.
Udita la relazione fatta dal Consigliere, Dott.
Vincenzo Rotundo.
Udite le richieste del Pubblico Ministero, in
persona del Sost. Proc. Gen. Dott. CONSOLO Santi, che ha concluso per il
rigetto dei ricorsi.
Udito l’avv. MIANO Salvatore, che ha insistito
per l’accoglimento dei ricorsi.
Svolgimento del
processo
1.1.-. Con sentenza in data 7-6-2001 il
Tribunale di Catania, sezione 2^ penale, ha condannato, previa concessione ad
entrambi delle attenuanti generiche,
La Rosa Roberto Salvatore
alla pena di mesi otto di reclusione e Maugeri Santo alla pena di mesi quattro
di reclusione per il reato di cui all’art. 314 cpv. c.p., loro rispettivamente
ascritto ai capi A) e B) per essersi, fino all’agosto 1997, in qualità di
funzionali in servizio presso il Settore Nettezza Urbana del Comune di Catania,
appropriati di una autovettura Fiat Panda (di proprietà del suddetto Comune e
di cui avevano la disponibilità per ragioni di servizio) al solo scopo di
farne uso momentaneo per fini personali. Con la medesima sentenza agli imputati
è stata inflitta l’interdizione dai pubblici uffici per anni uno e per tale
pena, unitamente a quella principale, è stata concessa la sospensione
condizionale. Gli imputati sono stati, altresi’, condannati al risarcimento dei
darmi in favore della parte civile e alla rifusione delle spese da questa
sostenute, liquidati come da dispositivo.
Con sentenza in data 25-6-2004 la Corte di
Appello di Catania, sezione 3^ penale, in parziale riforma della suindicata
sentenza, impugnata dal La Rosa e dal Maugeri, ha concesso ad entrambi le
attenuanti di cui agli artt. 323 bis e 62, n. 4, c.p., determinando la pena per
il La Rosa in mesi quattro di reclusione e per il Maugeri in mesi due di
reclusione, riconoscendo ad entrambi il beneficio della non menzione della
condanna sul certificato giudiziale, quantificando l’ammontare del risarcimento
del danno a carico di ciascuno dei due imputati e confermando nel resto.
1.2.-. Avverso la suindicata sentenza del
25-6-2004 hanno proposto distinti ricorsi per Cassazione
La Rosa Roberto Salvatore e
Maugeri Santo, chiedendone l’annullamento.
1.3.-. Il primo motivo del ricorso presentato
nell’interesse di
La
Rosa Roberto Salvatore si incentra nella asserita erronea
applicazione dell’art. 314 cpv. c.p. Essendo risultato che l’imputato aveva
adoperato la autovettura di servizio per qualche breve viaggio di pochi
chilometri all’unico scopo di potere raggiungere anche nelle ore serali e
notturne la sede delle riunioni del consiglio comunale per restare a
disposizione degli amministratori, non sussisterebbero nè l’elemento
psicologico nè quello materiale del delitto contestato, non essendovi stata
alcuna cosciente appropriazione della automobile per fini personali.
Con il secondo motivo si eccepisce "la
condotta anomala degli agenti di Polizia di Stato per l’omesso loro intervento
immediato idoneo a impedire la reiterazione del reato". In sostanza, il
non avere la polizia contestato al La Rosa già nella prima occasione del 28-6-
1997 l’inflazione
commessa impedirebbe di considerare a carico del ricorrente anche gli altri
episodi successivi, in quanto questi non avrebbero mai avuto luogo se gli
agenti "si fossero comportati come è loro imposto dalle norme
vigenti".
Con il terzo motivo si denuncia la violazione
dell’art. 606, lettera b), c.p.p., in quanto dalla istruttoria dibattimentale
sarebbe risultato che il La Rosa avrebbe soltanto ubbidito alla richiesta di
pronta reperibilità formulata nei suoi confronti dai suoi superiori.
Con la quarta censura si insiste nella
necessità di escludere la solidarietà passiva nel pagamento delle spese,
essendo del tutto autonomi i reati ascritti ai due imputati.
Il quinto motivo di ricorso attiene alla
mancata concessione della attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p., attenuante
alla quale, invece, il ricorrente avrebbe avuto diritto, avendo dichiarato agli
organi competenti del Comune di Catania la sua "disponibilità a corrispondere
ogni indennizzo per il danno arrecato all’Ente nella misura che sarebbe stata
quantificata in sede tecnica". 1.4.-. Nel primo motivo del ricorso
proposto nell’interesse di Maugeri Santo si deduce la violazione dell’art. 603
c.p.p., in quanto la Corte di merito non avrebbe in alcun modo motivato il
rigetto della richiesta rinnovazione del dibattimento diretta a dimostrare la
insussistenza dell’unico episodio di peculato rimasto a carico dell’imputato,
avendo costui utilizzato l’auto di servizio per comperare alcune bottiglie
d’acqua destinate ai suoi colleghi impegnati al lavoro in ufficio. L’uso della
autovettura per un tempo assai limitato e non per finalità private ma in
connessione ai doveri di ufficio escluderebbe l’ipotesi di reato contestata.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione
dell’art. 541 c.p.p., in quanto, essendo l’imputazione ascritta al Maugeri del
tutto autonoma rispetto a quella attribuita al La Rosa, il medesimo Maugeri non
avrebbe dovuto essere condannato alla rifusione delle spese di parte civile in
solido con il La Rosa.
Motivi della decisione
2.1.-. Il ricorso presentato nell’interesse di
Maugeri Santo è fondato.
Il Maugeri è stato condannato dalla sezione m
penale della Corte di Appello di Catania alla pena di mesi due di reclusione
per il reato di cui all’art. 314 cpv. c.p. per avere utilizzato, in una sola
circostanza, l’autovettura di servizio per andare ad acquistare generi
alimentari, e quindi per scopi che la Corte di merito ha ritenuto estranei alla
attività di ufficio. In particolare, risulta dalla sentenza di primo grado che
il Maugeri fu notato da alcuni agenti di polizia giudiziaria in data 24 luglio
1997 mentre, uscito dall’ufficio, si era messo alla guida della Fiat Panda
aziendale, con la quale si era recato presso una vicina rivendita di generi
alimentari e, dopo qualche minuto, aveva fatto rientro nel luogo di lavoro. Il
reato ascritto al Maugeri, contrariamente a quanto sostenuto dal difensore, non
è estinto per prescrizione, dovendosi computare a tali fini le sospensioni del
dibattimento di primo grado riconducibili all’imputato o al suo difensore (dal
3-3-2000 al 19-1- 2000; dal 19-1-2000 al 15-3-2000).
L’imputato si è sempre difeso sostenendo di
avere in realtà, in quest’unico episodio di peculato rimasto suo carico,
utilizzato l’auto di servizio per comperare alcune bottiglie d’acqua destinate
ai suoi colleghi impegnati al lavoro in ufficio: l’uso della autovettura per un
tempo assai limitato e non per finalità private ma in connessione ai doveri di
ufficio escluderebbe l’ipotesi di reato contestata.
In effetti l’assunto difensivo del Maugeri
trova un parziale riscontro in quanto annotato e riferito dagli agenti di
polizia giudiziaria, che, come si legge nella sentenza di primo grado, videro
l’imputato uscire dall’ufficio, salire sulla automobile aziendale, recarsi con
essa in una vicina rivendita di generi alimentari e, "dopo qualche
minuto", fare direttamente rientro in ufficio.
E’ pur vero che la natura plurioffensiva del
peculato comporta che l’eventuale mancanza di danno patrimoniale conseguente
all’appropriazione non esclude la sussistenza del reato, atteso che rimane pur
sempre leso dalla condotta dell’agente l’altro interesse, diverso da quello
patrimoniale, protetto dalla norma, e cioè il buon andamento della pubblica
amministrazione (sez. 6^, sent. in data 2-3- 99, Abate; sent. in data 29-4-02,
Corticchia). Tuttavia il carattere plurioffensivo del peculato (posto a tutela
anche della legalità, dell’efficienza, della probità e dell’imparzialità
della p.a.) non vale affatto a rendere irrilevante il valore e/o l’utilità
economicamente apprezzabile o comunque sfruttabile a fini patrimoniale della
cosa sottratta. Sebbene l’interesse giuridico di fondo tutelato dalla norma
attenga al dovere di fedele e onesta amministrazione, lo specifico oggetto
giuridico del delitto si identifica proprio nella tutela del patrimonio della
pubblica amministrazione (sez. 6^ sent. in data 2-6-99, Cudia).<