Civile

L’impugnazione del provvedimento che impone il pagamento delle quote-latte rientra nella competenza del giudice amministrativo -; CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite, Sentenza n. 7555 del 13/04/2005

I diritti di prelievo supplementare sul latte
vaccino e sui suoi derivati, introdotti dal regolamento CE n. 856 del 1984
(successivamente modificato e integrato dal regolamento CE n. 3950 del 1992) al
fine di riequilibrare tale settore di mercato, appartengono agli strumenti
regolatori del mercato agricolo non aventi natura sanzionatoria, cosi’ come ha
stabilito la Corte di giustizia in via pregiudiziale, sull’interpretazione
degli atti compiuti dalla CE, ai sensi dell’art. 234 (già art. 177) del
Trattato. Pertanto, tenuto conto dell’effetto vincolante che tali pronunce
hanno per il giudice nazionale, deve escludersi che l’impugnazione in sede
giurisdizionale del provvedimento che ne impone il pagamento ai singoli
produttori sia regolata dagli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n.
689 e che il relativo giudizio sia conseguentemente devoluto alla giurisdizione
del giudice ordinario, e deve affermarsi, invece, la giurisdizione del giudice
amministrativo.

 

CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite,
Sentenza n. 7555 del 13/04/2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORONA Rafaele – Primo Presidente f.f.

Dott. SENESE Salvatore – Presidente
di sezione

Dott. CRISTARELLA ORESTANO
Francesco – Presidente di sezione

Dott. PAOLINI Giovanni – Consigliere

Dott. MENSITIERI Alfredo – rel. Consigliere

Dott. NAPOLETANO Giandonato – Consigliere

Dott. ALTIERI Enrico – Consigliere

Dott. DI NANNI
Luigi Francesco –
Consigliere

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA PER LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA (AGEA),
SUCCEDUTA ALL’AIMA IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro
tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

AZIENDA AGRICOLA F.LLI TRONI, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA
CAMILLUCCIA 785, presso lo studio dell’avvocato CHIOLA CLAUDIO che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALDO TRAVI, INNOCENZO GORLANI,
GIUSEPPE ONOFRI, GIANMARIA MAFFEZZONI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso
la sentenza n. 2466/00 del Tribunale di BRESCIA,
depositata il 05/07/00;

udita la relazione della causa svolta nella
Pubblica udienza del 24/02/05 dal Consigliere Dott. Alfredo MENSITIERI;

uditi gli
avvocati Franco FAVARA,
Tito VARRONE e Paolo MARCHINI dell’Avvocatura Generale dello Stato, Claudio
CHIOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. DELLI PRISCOLI Mario che ha concluso per l’accoglimento del
primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo, giurisdizione
dell’a.g.a.; cassa senza rinvio.

 

Svolgimento del processo

 

Il ricorso proposto per la cassazione della
sentenza in epigrafe specificata, sottopone all’esame della Corte, con il primo
motivo, la questione di difetto della giurisdizione ordinaria sull’opposizione
all’atto con il quale l’AIMA (cui poi è succeduta l’AGEA, Agenzia per le
erogazioni in agricoltura) aveva determinato l’ammontare dei diritti di
prelievo supplementare a carico dell’odierna parte privata, che aveva
effettuato consegne di latte eccedenti la quota assegnatale.

Resiste con controricorso la controparte, che ha
anche depositato memoria.

 

Motivi della decisione

 

Giova premettere, in relazione alle disposizioni di
cui all’art. 10, commi 34 e 36 bis, del D.L. 28 marzo 2003, n. 49, convertito
in L. 30 maggio 2003 n. 119, come introdotti dall’art. 2 del D.L. 27 gennaio
2004 n. 16, convertito, con modificazioni, in L. 27 marzo 2004, n. 77, (ossia
con riguardo all’eventuale esistenza delle ivi previste condizioni per la
declaratoria officiosa di estinzione dei giudizi pendenti in materia di diritti
di prelievo supplementare, dovuti da aziende produttrici di latte per consegne
eccedenti le quote loro assegnate), che l’esame di ogni questione sul punto –
che implica accertamenti di fatto circa l’esistenza dell’istanza di
rateizzazione delle somme oggetto dell’intimazione di pagamento
ed il positivo esito della
relativa procedura – necessariamente comporta l’esercizio di poteri di governo
del processo, presupponenti, a loro volta, la sussistenza della giurisdizione
del giudice adito, la carenza della quale assume pregiudiziale rilevanza,
siccome incompatibile con la pronuncia di provvedimenti che, sebbene di
contenuto meramente formale, determinano, comunque, l’esito dell’iniziativa
giudiziaria intrapresa dalle parti, le quali non possono essere sottratte al
loro giudice naturale. Deve, pertanto, essere esaminata la questione di
giurisdizione proposta con il primo motivo di ricorso.

Osserva il Collegio che essa, negli stessi termini,
è già stata affrontata e risolta dalle Sezioni Unite con la sentenza 14
ottobre 2004, n. 20254, che ha formulato il principio cosi’ massimato: "I
diritti di prelievo supplementare sul latte vaccino e sui suoi derivati
(prodotti lattiero-caseari), introdotti dal regolamento CE n. 856/84
(successivamente modificato e integrato da Reg. n. 3950/92) al fine di
riequilibrare tale settore di mercato (nel quale da tempo si registrava un
crescente squilibrio tra offerta e domanda che aveva causato l’accumularsi di
rilevanti eccedenze produttive, e i cui oneri di smaltimento incidevano
gravemente sul bilancio della Comunità, in funzione di ‘una quantità globale
garantità suddivisa tra gli Stati membri e ripartita mediante l’assegnazione,
ai singoli produttori, di quote – c.d. quantitativi individuali di riferimento
– il cui superamento avrebbe comportato, per tali soggetti, il pagamento di una
somma di denaro) appartengono agli strumenti regolatori del mercato agricolo
che non hanno natura sanzionatoria, cosi’ come ha stabilito la Corte di
Giustizia con sentenze del 25 marzo 2004 pronunciate in via pregiudiziale,
sull’interpretazione degli atti compiuti dalla CE, ai sensi dell’art. 234 (già
177) del Trattato. Pertanto, tenuto conto dell’effetto vincolante che tali
pronunce hanno per il giudice nazionale, deve escludersi che l’impugnazione in
sede giurisdizionale del provvedimento che ne impone il pagamento ai singoli
produttori sia regolata dagli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n.
689 e che il relativo giudizio sia conseguentemente devoluto alla giurisdizione
del giudice ordinario, e deve affermarsi, invece, la giurisdizione del giudice
amministrativo".

Identico principio deve essere ora ribadito, non
essendo stati proposti argomenti diversi da quelli già esaminati con la
sentenza sopra richiamata e non potendo ritenersi che le conclusioni allora
raggiunte siano infirmate dallo jus superveniens di cui all’art. 1, comma 551
della legge 30 dicembre 2004, n. 311, il quale dispone che "i
provvedimenti amministrativi relativi alle misure comunitarie sono impugnabili
con i rimedi previsti dalla legge 24 novembre 1981 , n. 689".

La norma non detta, infatti, una disciplina
immediata e diretta della giurisdizione, ma, richiamando la legge in materia di
sanzioni amministrative ed istituendo una stretta correlazione fra i rimedi ivi
previsti ed i provvedimenti aventi l’oggetto suindicato, assume il valore di
una disposizione sostanziale, attributiva a questi ultimi della natura
sanzionatoria che, in precedenza, giusta la ricordata giurisprudenza, sia della
Corte di Giustizia CEE, sia di questa Corte regolatrice, doveva ai medesimi
negarsi. Si tratta, dunque, di una norma, che, in difetto di contrarie
previsioni al riguardo, non puo’ che disporre per l’avvenire, sicchè risulta
applicabile esclusivamente ai provvedimenti emessi successivamente alla sua
entrata in vigore, mentre quelli che, come nella specie, sono stati anteriormente
deliberati, continuano a rimanere estranei cosi’ all’area del potere punitivo
dell’Amministrazione competente, come, per corollario, a quella della
giurisdizione ordinaria.

In conclusione, il primo motivo di ricorso deve
essere accolto, cassando senza rinvio la sentenza impugnata e dichiarando la
giurisdizione del giudice amministrativo.

Resta assorbita la delibazione di ogni ulteriore,
logicamente subordinata, doglianza di parte ricorrente.

La peculiarità della vicenda litigiosa, resa
palese anche da incertezze degli orientamenti giurisprudenziali e dal perplesso
contenuto della normativa di riferimento, tale da imporre la sollecitazione
dell’intervento della Corte di Giustizia CEE, fa ritenere sussistenti giusti
motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese dell’intero
giudizio.

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