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Corte Ue sul diritto d’autore: l’equo compenso non fa eccezioni –

Ribadita dai giudici comunitari in una recente sentenza la centralità della normativa comunitaria che disciplina la materia.

La questione affrontata dalla Corte di Giustizia ha origine da una controversia tra una società di diritto spagnolo e la società spagnola preposta alla disciplina e alla regolamentazione dei diversi aspetti connessi al diritto d’autore (la nostra Siae per intendersi). La domanda pregiudiziale sollevata dinanzi alla Corte di Giustizia dalla competente autorità giurisdizionale spagnola verte sull’interpretazione della nozione di equo compenso di cui all’articolo 5, n. 2, lett. b) della direttiva 2001/29/CE. Ciò posto, occorre introdurre la normativa vigente in materia.

La normativa comunitaria
La direttiva in parola, all’articolo 4, prevede una serie di soggetti cui gli Stati membri riconoscono il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte.
Il successivo articolo 5, rubricato “eccezioni  e limitazioni”, al n. 2, lett. b), è previsto che: “gli Stati membri hanno la facoltà di disporre eccezioni o limitazioni al diritto di riproduzione di cui all’articolo 2  per quanto riguarda: (…) le riproduzioni su qualsiasi supporto effettuate da una persona fisica per uso privato  e per fini né direttamente, né indirettamente commerciali a condizione che i titolari dei diritti riceviamo un equo compenso che tenga conto dell’applicazione o meno delle misure tecnologiche…”.
La eccezionalità di tali casi è sottolineata dal successivo n. 5 del medesimo articolo 5, che stabilisce: “Le eccezioni e limitazioni di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 4 sono applicate esclusivamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare”.

La normativa nazionale
L’articolo 17 della normativa dettata in materia di diritto esclusivo di sfruttamento e modalità di applicazione, prevede che  “All’autore spetta l’esercizio esclusivo dei diritti di sfruttamento della propria opera in ogni forma e, in particolare, dei diritti di riproduzione (…), atti [di riproduzione] che non potranno essere realizzati senza la sua autorizzazione, fatti salvi i casi previsti dalla presente legge”.
L’articolo 31 di tale legge prevede che: “Non è soggetta ad autorizzazione dell’autore la riproduzione, su qualsivoglia supporto, di opere già divulgate, qualora essa venga realizzata da persona fisica a fini privati sulla base di opere cui abbia avuto accesso legalmente, sempreché la copia non costituisca oggetto di utilizzazione collettiva o a fini di lucro, fatto salvo l’equo compenso previsto dall’art. 25 (…)”.
In tema di equo compenso per copie private, l’articolo 25 prevede che: “La riproduzione realizzata esclusivamente per uso privato, mediante dispositivi o strumenti tecnici non tipografici, di opere divulgate in forma di libri o pubblicazioni che siano ad essi assimilate dalla normativa vigente, nonché di fonogrammi, videogrammi o di altri supporti sonori, visivi o audiovisivi, dà luogo ad un compenso equo ed unico per ognuna delle tre modalità di riproduzione menzionate, a favore dei soggetti indicati al n. 4, lett. b), al fine di remunerare i diritti di proprietà intellettuale che cessano di essere percepiti per effetto di tale riproduzione (…)
Tale compenso viene determinato, per ogni singola modalità di riproduzione, in base agli apparecchi, dispositivi e supporti materiali idonei a realizzare tale riproduzione, fabbricati sul territorio spagnolo o acquistati al di fuori di esso ai fini della loro distribuzione commerciale o della loro utilizzazione sul territorio medesimo”.

Le questioni all’attenzione della Corte
Ciò posto, tra le questioni sottoposte al vaglio pregiudiziale della Corte, si sottolineano le seguenti, con cui viene chiesto di conoscere:
1) se la nozione di “equo compenso” (articolo 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE) implichi o meno un’armonizzazione, indipendentemente dalla facoltà attribuita agli Stati membri di scegliere il sistema di remunerazione che ritengano adeguato a rendere effettivo il diritto all'”equo compenso” spettante ai titolari dei diritti di proprietà intellettuale lesi dall’adozione dell’eccezione per copia privata al diritto di riproduzione.
2) se, qualora uno Stato membro opti per un sistema di onere o prelievo gravante sugli apparecchi, sui dispositivi e sui materiali, tale onere (l’equo compenso per copia privata) debba essere necessariamente connesso, alla luce della finalità perseguita dall’articolo 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE e del contesto di tale disposizione, al presumibile uso di detti apparecchi e materiali per realizzare riproduzioni che fruiscono dell’eccezione per copia privata, con la conseguenza che l’applicazione dell’onere sarebbe giustificata quando può presumersi che gli apparecchi, i dispositivi e i materiali di riproduzione digitale verranno utilizzati per realizzare copie private, mentre non lo sarebbe nel caso contrario.
3) Se, qualora uno Stato membro opti per un sistema di “prelievo” per copia privata, l’applicazione indiscriminata del suddetto “prelievo” ad imprese e professionisti che chiaramente acquistino gli apparecchi e i supporti di riproduzione digitale per finalità estranee alla copia privata sia conforme alla nozione di “equo compenso”.

Le valutazioni della Corte
Con riferimento alla prima questione, il giudice a quo ha chiesto di conoscere in buona sostanza se la nozione di “equo compenso”, (articolo 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29) costituisca una nozione autonoma del diritto dell’Unione che debba essere interpretata in modo uniforme in tutti gli Stati membri, a prescindere dalla facoltà riconosciuta agli Stati medesimi di determinare le modalità di attuazione del diritto a tale compenso.
La corte, riferendosi a consolidata giurisprudenza, osserva che la  nozione di “equo compenso”, figura in una disposizione collocata in una direttiva che non implica alcun rinvio ai diritti nazionali, e deve essere considerata quale nozione autonoma del diritto dell’Unione ed interpretata in modo uniforme sul territorio di quest’ultima.
Gli euro giudici ritengono che se è consentito agli Stati membri (articolo 5, n. 2, lett. b), direttiva 2001/29) optare facoltativamente per l’introduzione di un’eccezione per copia privata al diritto esclusivo di riproduzione dell’autore, sancito dal diritto comunitario, gli Stati membri che si avvalgono di tale facoltà devono prevedere la corresponsione di un equo compenso a favore degli autori lesi in conseguenza dell’applicazione di tale eccezione. Ciò posto, entrerebbe in conflitto con l’obiettivo della direttiva, l’interpretazione secondo cui gli Stati membri che abbiano introdotto tale identica eccezione, prevista dal diritto dell’Unione e contenente, la nozione di ‘equo compenso’ quale elemento essenziale, fossero liberi di precisarne i parametri in modo incoerente e non armonizzato, con possibili variazioni da uno Stato membro all’altro.

Equo compenso e nozione autonoma di diritto Ue
Pertanto questa questione va risolta nel senso che “la nozione di “equo compenso”, di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29, costituisce una nozione autonoma del diritto dell’Unione, che deve essere interpretata in modo uniforme in tutti gli Stati membri che abbiano introdotto l’eccezione per copia privata a prescindere dalla facoltà riconosciuta dagli Stati medesimi di determinare, entro i limiti imposti dal diritto dell’Unione, segnatamente dalla stessa direttiva, la forma, le modalità di finanziamento e di prelievo nonché l’entità di tale equo compenso”.
Con riferimento alle altre questioni da analizzare congiuntamente, il giudice  a quo, ha sostanzialmente chiesto se in base all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29, sussista necessariamente un nesso tra l’applicazione del prelievo destinato a finanziare l’equo compenso nei confronti di dispositivi, apparecchiature nonché supporti di riproduzione digitale e del presunto uso di questi ultimi ai fini della riproduzione ad uso privato.
Si deve anzitutto rilevare che un sistema di finanziamento dell’equo risulta compatibile con le esigenze del “giusto equilibrio” soltanto qualora le apparecchiature, i dispositivi e i supporti di riproduzione in questione possano essere utilizzati per la realizzazione di copie private e, di conseguenza, possano causare un pregiudizio all’autore dell’opera protetta. Ne consegue la necessaria sussistenza del nesso tra l’applicazione del prelievo per copie private a tali apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione digitale e l’uso a fini di riproduzione privata.  Pertanto, l’applicazione indiscriminata del prelievo per copie private nei confronti di tutti i tipi di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione digitale, ivi compresa l’ipotesi, esplicitamente menzionata dal giudice a quo, in cui essi siano stati acquistati da soggetti diversi da persone fisiche, a fini manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie private, non risulta conforme all’art. 5, n. 2, della direttiva 2001/29.
Viceversa, se le apparecchiature sono messe a disposizione di persone fisiche a fini privati, non è minimamente necessario accertare che abbiano effettivamente realizzato copie private per mezzo delle apparecchiature e abbiano, quindi, causato un pregiudizio all’autore dell’opera protetta. Ciò posto, la semplice capacità di tali apparecchiature o di tali dispositivi di realizzare copie è sufficiente a giustificare l’applicazione del prelievo per copie private, a condizione che tali apparecchiature o dispositivi siano stati messi a disposizione delle persone fisiche quali utenti privati.
La Corte ha affermato, con riferimento alla vigente disciplina del diritto di autore, che rileva la semplice possibilità per l’utente finale, nella specie i clienti di un albergo, di visionare le opere radiodiffuse mediante apparecchi televisivi ed un segnale televisivo messo a loro disposizione dall’albergo medesimo, e non l’effettivo accesso dei clienti stessi alle opere.

Le conclusioni
In base alle richiamate considerazioni, dette questioni sono risolte dalla Corte, che ha precisato che  l’articolo 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29 dev’essere interpretato “nel senso che è necessario un collegamento tra l’applicazione del prelievo destinato a finanziare l’equo compenso con riguardo alle apparecchiature, ai dispositivi nonché ai supporti di riproduzione digitale ed il presunto uso di questi ultimi a fini di riproduzione privata. DI coseguenza l’applicazione indiscriminata del prelievo per copie private, segnatamente nei confronti di apparecchiature, dispositivi nonché di supporti di riproduzione digitale non messi a disposizione di utenti privati e manifestamente riservati ad usi diversi dalla realizzazione di copie ad uso privato, non risulta conforme con la direttiva 2001/29”.
 

Marcello Maiorino

fonte: fiscooggi.it

 

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