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Le società miste costituite per finalità specifiche ma indifferenziate non possono essere affidatarie dirette – Consiglio di Stato, Sentenza 7533/2010

Uniformandosi ai prncipi stabiliti dall’Adunanza Plenaria n. 1 del 2008 – che ha chiarito i limiti dell’affidamento diretto alle società miste ai sensi dell’art 113, comma 5, lett. b), del D.Lvo 267/00 – il Consiglio di Stato, dopo aver premesso che il principio generale è sempre quello della gara, e che l’affidamento diretto è sempre una deroga a tale principio, deroga consentita in casi di stretta interpretazione, ha evidenziato come la società mista si giustifica quale forma di partenariato pubblico-privato costituito per la gestione di uno specifico servizio per un tempo determinato.
In altri termini, non si ha in questi casi una esenzione dal principio della gara, ma muta l’oggetto della gara, che deve sempre essere esperita ma non più per trovare il terzo gestore del servizio, bensì il partner privato con cui gestire il servizio. E’ evidente quindi che le società miste cosiddette aperte, costituite cioè per finalità specifiche ma indifferenziate, non possono essere affidatarie dirette in quanto non soddisfano le condizioni a cui è ancorata la deroga.
Nel caso di specie, l’acquisizione di una partecipazione azionaria di ua società costituita in precedenza, ancorché avente ad oggetto la gestione dei rifiuti, non è stata ritenuta sufficiente a legittimare l’affidamento diretto e ad escludere la necessità della gara.

Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Sentenza n 7533 del 15/10/2010

FATTO

Con il ricorso di primo grado la società “[OMISSIS]” ha chiesto l’annullamento della delibera del C.C. n. 47/07, con la quale il comune di [OMISSIS] decideva di affidare, in via diretta, alla soc. “[OMISSIS] srl”, a capitale misto, l’appalto dei servizi di igiene ambientale, per il periodo dal 1°gennaio 2008 al 31 dicembre 2010.

Il Tar ha accolto il gravame per violazione dei principi di concorrenza del Trattato CE.

Con l’appello in esame la soc “[OMISSIS]” ha chiesto la riforma della sentenza di primo grado, di cui si sostiene l’erroneità, per i seguenti motivi:

-ultrapetizione, violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, in quanto la ricorrente, erroneamente, avrebbe censurato la mancanza, in capo all’affidataria, dei requisiti del modello “in house”, dato che la stessa risulta strutturata come una “società mista;

-inammissibilità del ricorso, per omessa impugnativa della delibera con cui il comune aveva acquisito una partecipazione azionaria della Broni srl, in quanto è a tale atto che deve riferirsi il momento lesivo delle ditte che aspirano allo svolgimento di una procedura ad evidenza pubblica;

-contraddittorietà dei presupposti ed erronea interpretazione dell’art. 113, co. 5, lett. b) TUEL, erronea applicazione del trattato CE e del codice dei contratti, in quanto l’affidamento alla Broni srl doveva considerarsi ammesso dall’oggetto sociale della stessa e che, inoltre, la originaria scelta dei soci era stata effettuata in conformità al modello legale;

-ultrapetizione e violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento alla pronuncia sugli effetti del contratto stipulato con la società stessa.

La controinteressata, costituitasi in giudizio, ha sostenuto l’infondatezza dei motivi di impugnazione.

DIRITTO

L’appello è infondato, dovendo condividersi, al riguardo, le ampie motivazioni della sentenza appellata.

Con il primo motivo si sostiene la genericità dei motivi di ricorso, la mancata indicazione delle norme violate e la proposizione di censure che sarebbero estranee al provvedimento impugnato.

Il motivo è infondato in quanto, come rilevato dal primo giudice, gli errori nella formulazione della censura, nella fattispecie, non possono ritenersi tali da trarre in errore o impedire la piena cognizione del motivo posto a base del gravame, chiaramente rinvenibile nell’affidamento del servizio, senza gara, in violazione degli artt. 113, co. 5 del D.Lgs. 267/00 e 49 del Trattato CE per cui, anche se la domanda non risulta puntualmente formulata, la pronuncia emanata deve ritenersi conforme al contenuto della stessa.

E’ infondato il secondo motivo, con cui si sostiene l’inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione dell’atto presupposto con il quale il comune aveva deciso di acquisire una partecipazione azionaria della soc. Broni.

Al riguardo, infatti, va rilevato che tale delibera non ha dato luogo alla costituzione di una società pubblica mista ma al mero acquisto di una partecipazione di minoranza e che da tale acquisto non era rilevabile la decisione del comune di procedere, in futuro, all’affidamento senza gara del servizio in questione attesa la varietà dei servizi richiamati nell’oggetto sociale.

E’ infondato il terzo motivo, mancando, nella fattispecie i presupposti sia del “ controllo analogo” per l’affidamento “in house” ossia, un controllo corrispondente a quello che si esercita sui servizi direttamente gestiti (C.S. n. 6736/07), sia quelli della società mista, come elaborati dalla giurisprudenza per la legittimità dell’affidamento diretto, in quanto non si sono realizzati i presupposti della gara ad evidenza pubblica per la scelta del socio, non è stata prevista la estensione dell’attività svolta nell’ambito del comune e la società non è stata costituita per quell’attività oggetto di affidamento, posto che tale affidamento è stato attribuito ad una società mista costituita, in precedenza, da altri enti pubblici (cfr. parere C.S. II n. 456/07 e Ad. Pl. n. 1/08).

E’ infondato, infine, l’ultimo motivo, atteso che nella fattispecie la pronuncia si è limitata a richiamare principi giurisprudenziali sulla caducazione del contratto, senza alcun contenuto decisorio.

Al riguardo, osserva il collegio che l’Adunanza Plenaria n. 1 del 2008 ha chiarito i limiti dell’affidamento diretto alle società miste ai sensi dell’art 113, comma 5, lett. b), del D.Lvo 267/00. Premesso che il principio generale è sempre quello della gara, e che l’affidamento diretto è sempre una deroga a tale principio, deroga consentita in casi di stretta interpretazione, la società mista si giustifica quale forma di partenariato pubblico-privato costituito per la gestione di uno specifico servizio per un tempo determinato. In altri termini, non si ha in questi casi una esenzione dal principio della gara, ma muta l’oggetto della gara, che deve sempre essere esperita ma non più per trovare il terzo gestore del servizio, bensì il partner privato con cui gestire il servizio. E’ evidente quindi che le società miste cosiddette aperte, costituite cioè per finalità specifiche ma indifferenziate, non possono essere affidatarie dirette in quanto non soddisfano le condizioni a cui è ancorata la deroga. Pertanto, l’acquisizione nel caso di specie di una partecipazione azionaria di ua società costituita in precedenza, ancorché avente ad oggetto la gestione dei rifiuti, non era sufficiente a legittimare l’affidamento diretto e ad escludere la necessità della gara.

L’appello, pertanto, deve essere respinto, perché infondato.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunziando sul ricorso meglio indicato in epigrafe, respinge l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado; pone le spese del giudizio, per complessivi € 5.000,00 (euro cinquemila/00) oltre Iva e CPA, a carico dell’appellante ed in favore della controparte costituita.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2009 con l’intervento dei Signori:

Stenio Riccio, Presidente
Vito Poli, Consigliere
Eugenio Mele, Consigliere
Adolfo Metro, Consigliere, Estensore
Angelica Dell’Utri, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 15/10/2010

 

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