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Liti di associazioni professionali, non è valido il ricorso del singolo – Cassazione Civile, Sentenza n. 24764/2010

Deve essere presentato da tutti i soci, altrimenti viene violato il principio dell’integrità del contraddittorio

La disciplina del litisconsorzio necessario trova applicazione anche per i componenti di un’associazione professionale.
Lo ha affermato la Cassazione con l’ordinanza n. 24764 del 6 dicembre.

La fattispecie
L’ufficio di Agrigento ha notificato a uno studio associato un avviso di accertamento, rideterminando i redditi di lavoro autonomo prodotti nell’anno di imposta 1996.
La sentenza di primo grado, che ha accolto il ricorso di uno dei soci per l’annullamento dell’atto, è stata confermata dai giudici di appello, ma l’Agenzia non si è data per vinta e ha impugnato la sentenza della Commissione tributaria regionale di Palermo, lamentando la violazione dell’articolo 14 del Dlgs 546/1992, dell’articolo 5 del Tuir, e dell’articolo 40 del Dpr 600/1973, e denunziando la nullità della citata sentenza per mancato rispetto del principio dell’integrità del contraddittorio.

Con ordinanza 24764 del 6 dicembre, la Cassazione ha accolto il ricorso e ha affermato che “il giudizio con cui viene impugnato l’accertamento relativo al reddito di un’associazione tra professionisti interessa necessariamente tutti i soci e l’associazione medesima …”, rimettendo le parti innanzi al giudice di primo grado.

Osservazioni
La Corte ha riconosciuto sussistente il litisconsorzio necessario nella controversia pendente con l’associazione professionale e i professionisti che ne fanno parte “…alla luce dell’orientamento fatto proprio dalle Sezioni unite … con la decisione n. 14815 del 4 giugno 2008 applicabile, per identità di situazioni, anche alle associazioni tra professionisti – secondo cui il ricorso proposto da uno dei soci riguarda inscindibilmente la posizione della società e quella di tutti i soci (salvo che l’impugnativa prospetti questioni personali), con l’effetto che tutti questi soggetti devono essere parte nello stesso processo, e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 1)…”.

Infatti, “ogni volta che, per effetto della norma tributaria o per l’azione esercitata dall’amministrazione finanziaria, l’atto impositivo debba essere o sia unitario, coinvolgendo nella unicità della fattispecie costitutiva dell’obbligazione una pluralità di soggetti, ed il ricorso, pur proposto da uno o più degli obbligati, abbia ad oggetto non la singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto all’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, ricorre una ipotesi di litisconsorzio necessario nel processo tributario, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 comma 1…” (Cassazione, sezioni unite, sentenze 1052/2007 e 14815/2008).

I presupposti in presenza dei quali si verifica il litisconsorzio processuale tributario sono stati chiaramente indicati dalla Corte, precisando la distinzione tra l’articolo 102 cpc e l’articolo 14 del Dlgs 546/1992 (Cassazione, sentenze 1052 e 1053 del 2007). I giudici di legittimità, infatti, hanno chiarito che l’articolo 14, non può essere configurato, al pari dell’articolo 102 cpc, come una tipica “norma in bianco”, poiché “…collega positivamente l’ipotesi di litisconsorzio necessario nel processo tributario a specifici presupposti: l’inscindibilità della causa tra più soggetti determinata dall’oggetto del ricorso…”, senza necessità di integrazione del contenuto con altre disposizioni normative e di determinazione, da parte del giudice, sulla base di criteri logico-giuridici.

Di conseguenza, nel processo tributario, “la realizzazione dell’ipotesi litisconsortile è connessa, strutturalmente e strettamente, alla domanda agita nel giudizio. È la domanda, infatti, a determinare l’oggetto del processo e, quindi, a costituire … il parametro per valutare l’inscindibilità della causa tra più soggetti…” (Cassazione, 1052/2007).

Inscindibilità che non difetta nella fattispecie concernente un’associazione professionale. Anche in tale ipotesi, infatti, il processo tributario ha per oggetto un atto che presenta elementi comuni a una pluralità di soggetti (l’associazione e i suoi componenti) e sono proprio tali elementi (utilizzati per rettificare il reddito dell’associazione) a essere posti a fondamento dell’impugnazione proposta da uno dei soggetti obbligati.
Con la conseguenza che, “… trattandosi di fattispecie di litisconsorzio necessario originario, il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti è nullo per violazione del principio del contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c. e art. 111 Cost., comma 2, e la nullità può e deve essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio …” (Cassazione, ordinanza n. 24764/2010).

La violazione della norma sul litisconsorzio tributario necessario non è stata rilevata né dal giudice di primo grado, che non ha disposto l’integrazione del contraddittorio, né da quello di appello, che non ha provveduto a rimettere la causa al primo giudice ai sensi degli articoli 59, comma 1, lettera b), del Dlgs 546/92, e 354, comma 1, cpc.

Per garantire la partecipazione al processo di tutti i soggetti inscindibilmente legati alla questione controversa e congiuntamente interessati alla soluzione della lite, quindi, la Commissione tributaria provinciale di Agrigento avrebbe dovuto ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’associazione e degli associati che non erano intervenuti nel giudizio, mediante la loro chiamata in causa in un termine previsto a pena di decadenza, la cui inosservanza avrebbe comportato la dichiarazione di estinzione del giudizio (articolo 14, comma 2, e articolo 45 Dlgs 546/1992).
Verificata l’assenza di tale ordine da parte del giudice di primo grado, la Commissione regionale di Palermo non avrebbe dovuto pronunciare nel merito della controversia, ma si sarebbe dovuta limitare ad annullare la decisione di primo grado e a rimettere la causa dinanzi alla Commissione provinciale.

Ma così non è stato e, a garantire l’osservanza del principio di integrità del contraddittorio, è intervenuta la Corte suprema, che ha cassato le pronunce adottate in assenza di tutti i litisconsorti, nulle come tutte le attività processuali compiute nei gradi di merito (articoli 156 e 159 cpc).

Per consentire che il processo potesse svolgersi con la presenza di tutte le parti necessarie, quindi, la Corte ha rimesso la causa in primo grado, “… con rinvio degli atti al primo giudice ai sensi dell’art. 383 c.p.c., u.c.…” (Cassazione, sentenze 11466/2009, 11458/2009, 11478/2009, 13524/2009).
Infine, i giudici di legittimità hanno ritenuto “… applicabile, per l’identità del regime normativo (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5), anche alle associazioni l’orientamento richiamato, formatosi con riferimento alle società di persone…” (Cassazione, ordinanza 24764/2010).
Pertanto, anche qualora venga emanato dall’Agenzia delle Entrate un accertamento nei confronti di un’associazione professionale, tra questa e i singoli associati si verifica, per effetto della trasparenza fiscale, una situazione di inscindibilità della fattispecie fiscalmente rilevante, per cui tutti i soggetti devono poter partecipare al processo già dal primo grado di giudizio (Cassazione, sentenze 11466/2009, 12747/2009 e, per il rapporto litisconsortile socio/associazione sportiva, sentenza 21190/2010).
Tale vincolo, tuttavia, non è stato ritenuto sussistente per gli accertamenti alle società di capitali “a base ristretta”, fondati sulla presunzione di distribuzione degli utili extracontabili (Cassazione, sentenza 24441/2008).

Romina Morrone
nuovofiscooggi.it

 

 

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