GiurisprudenzaPenale

La violenza sessuale commessa da un ufficiale dell’esercito non é un reato militare – Cassazione Penale, Sentenza n. 19748/2011

L’articolo 199 del Codice Penale Militare di Pace cosi recita: “le disposizioni dei capi terzo e quarto non si applicano quando alcuno dei fatti da esse preveduto è commesso per cause estranee al servizio e alla disciplina militare fuori dalla presenza di militari riuniti per servizio e da militare che non si trovi in servizio o a bordo di una nave militare o di un aeromobile militare”.

Il contestato articolo 195 C.P.M.P., che sanziona la violenza contro inferiore, è contenuto nel capo quarto del codice militare.

Il menzionato articolo 199 è stato interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, superando un diverso precedente indirizzo, alla luce dell’ordinanza della Corte costituzionale n. 367 del 2001.

Si è così precisato che la clausola di esclusione del reato opera in tutti i casi in cui difetti una correlazione tra la situazione in cui si trovi ad agire l’autore del fatto ed il servizio militare, giungendo alla conclusione che rientrano tra le “cause estranee al servizio” quelle che esulano dall’attività svolta dal soggetto attivo del reato o che, comunque, alla stessa siano collegate in modo del tutto occasionale, anche se non estranee al servizio svolto dalla persona offesa dall’illecito (Sez. I n. 19425, 15 maggio 2008; Sez. I n. 16416, 2 maggio 2005; Sez. I n. 41703, 12 dicembre 2002).

(© Litis.it, 25 Maggio 2011 – Riproduzione riservata)

Cassazione Penale, Sezione Terza, Sentenza n. 19748 del 19/05/2011
 
Svolgimento del processo
 
Con sentenza 23 ottobre 2009 il GUP del Tribunale di Brescia applicava a [OMISSIS] la pena concordata con il Pubblico Ministero per i reati di cui agli articoli 81, 609 bis c.p. e 199 codice_penale_militare_di_pace indicati in rubrica in ordine ad una vicenda in occasione della quale il [OMISSIS] sergente dell’Esercito, durante un servizio di ispezione aveva fatto oggetto il caporale [OMISSIS] di lusinghe e dopo aver tentato inutilmente di baciarla, la cingeva con le braccia immobilizzandola e traendola verso di sé, baciandola sul collo.

Avverso tale decisione il predetto proponeva ricorso per cassazione.

Con un primo motivo di ricorso deduceva la violazione degli articoli 195 e 199 C.P.M.P. e vizio di motivazione lamentando che il fatto contestato non aveva alcuna correlazione con il servizio prestato, tanto che in rubrica era stato indicato l’articolo 199 C.P.M.P. il quale andava interpretato in senso costituzionalmente orientato, come già aveva fatto questa Corte.

Conseguentemente, non poteva configurarsi il concorso formale dei reati ritenuto, invece, dal giudice di prime cure.

Con un secondo motivo di ricorso deduceva violazione di legge e mancanza di motivazione, osservando che il giudice aveva motivato in ordine alla carenza dei presupposti per l’applicazione dell’articolo 129 C.P.P. utilizzando una mera clausola di stile e che, in ogni caso, mancando per la violenza sessuale la querela e, comunque, qualsivoglia espressa istanza di punizione, l’esclusione del reato militare connesso non consentiva la procedibilità di ufficio.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
 
Motivi della decisione
 
Il ricorso è in parte fondato.

Occorre preliminarmente osservare che, come rilevato in ricorso e nella requisitoria scritta del Procuratore Generale, le argomentazioni poste a sostegno del primo motivo di ricorso possono essere condivise.

Invero, l’articolo 199 C.P.M.P. cosi recita: “le disposizioni dei capi terzo e quarto non si applicano quando alcuno dei fatti da esse preveduto è commesso per cause estranee al servizio e alla disciplina militare fuori dalla presenza di militari riuniti per servizio e da militare che non si trovi in servizio o a bordo di una nave militare o di un aeromobile militare”.

Il contestato articolo 195 C.P.M.P., che sanziona la violenza contro inferiore, è contenuto nel capo quarto del codice militare.

Il menzionato articolo 199 è stato interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, superando un diverso precedente indirizzo (Sez. I n. 13214, 6 ottobre 1989) alla luce dell’ordinanza della Corte costituzionale n. 367 del 2001.

Si è così precisato che la clausola di esclusione del reato opera in tutti i casi in cui difetti una correlazione tra la situazione in cui si trovi ad agire l’autore del fatto ed il servizio militare, giungendo alla conclusione che rientrano tra le “cause estranee al servizio” quelle che esulano dall’attività svolta dal soggetto attivo del reato o che, comunque, alla stessa siano collegate in modo del tutto occasionale, anche se non estranee al servizio svolto dalla persona offesa dall’illecito (Sez. I n. 19425, 15 maggio 2008; Sez. I n. 16416, 2 maggio 2005; Sez. I n. 41703, 12 dicembre 2002).

Nella fattispecie, a prescindere dalla circostanza che l’applicabilità della clausola di esclusione era stata ritenuta già all’atto della contestazione del reato, posto che la rubrica reca l‘espressa indicazione dell’articolo 199 C.P.M.P., la stessa descrizione dei fatti evidenzia la assoluta estraneità della condotta posta in essere dal ricorrente rispetto al grado ricoperto, alle funzioni ed al servizio svolti da entrambi i soggetti coinvolti nella vicenda.

La circostanza che il reato militare, per le ragioni in precedenza indicate, debba ritenersi insussistente, non comporta alcuna conseguenza in ordine alla procedibilità per il reato di violenza sessuale.

Invero opera, nella fattispecie, il disposto di cui all’articolo 609 septies. comma quarto, n. 3 C.P. in quanto, in ogni caso, il ricorrente al momento del fatto era nell’esercizio delle proprie funzioni di sottufficiale dell’Esercito.

Ciò posto, deve anche rilevarsi che l’annullamento della sentenza in accoglimento del primo motivo di ricorso determina il venir meno dell’accordo concluso tra le parti e ratificato dal giudice e che contemplava anche il reato militare, relativamente al quale è stato disposto l’aumento di pena.
 
P.Q.M.
 
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Brescia.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’articolo 52 D.Lv. vo 196/2003 in quanto disposto d’ufficio.
 
Depositata in Cancelleria il 19 maggio 2011
 

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