Corte CostituzionaleGiurisprudenza

Aggiudicazione appalti pubblici Regione Sardegna. attuazione direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 – Corte Costituzionale, Sentenza n. 184/2011

La sentenza n. 45 del 2010 ha, quindi, affermato che le norme regionali difformi dalla disciplina stabilita in ambito comunitario violano il diritto dell’Unione europea e «le corrispondenti normative statali adottate nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera e)», Cost. In definitiva, l’attribuzione di una maggiore autonomia non escluderebbe l’obbligo della Regione di osservare le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 163 del 2006, che costituiscono diretta attuazione delle prescrizioni poste a livello europeo.

Secondo la Società, potrebbe dubitarsi dell’adeguatezza delle argomentazioni svolte nell’ordinanza di rimessione rispetto al fine di dichiarare l’illegittimità costituzionale della norma censurata in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in quanto tali parametri non sono stati evocati, e ritenersi che le disposizioni statali stabilite a tutela della concorrenza possono vincolare la Regione esclusivamente quando corrispondano a principi di riforma economico-sociale ed agli obblighi internazionali. Nondimeno, questa Corte, sin dalla sentenza n. 482 del 1995, ha affermato che le disposizioni della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici), nella parte in cui sono dirette a garantire l’omogeneità e la trasparenza delle procedure, l’uniforme qualificazione dei soggetti e la libera concorrenza degli operatori in un mercato senza restrizioni regionali costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale, che la Regione Sardegna è tenuta ad osservare.

5. – All’udienza pubblica, la parte costituita nel giudizio ha insistito per l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale.

Considerato in diritto

1. – Il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, con due distinte ordinanze, dubita, rispettivamente, della legittimità costituzionale dei commi 8 e 9 dell’articolo 20 della legge della Regione Sardegna 7 agosto 2007, n. 5 (Procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, in attuazione della direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e disposizioni per la disciplina delle fasi del ciclo dell’appalto), in riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione e 3, lettera e), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).

2. – I commi 8 e 9 del citato art. 20 hanno ad oggetto due distinti aspetti della disciplina dell’esclusione automatica delle offerte anomale e sono stati censurati in riferimento agli stessi parametri costituzionali, per profili e con argomentazioni sostanzialmente coincidenti e, quindi, i giudizi vanno riuniti, per essere decisi con un’unica sentenza.

3. – L’ordinanza di rimessione r.o. n. 167 del 2010 premette che, nel processo principale, la ricorrente ha impugnato, tra gli altri, il provvedimento di esclusione automatica dalla gara indetta dal Consorzio Industriale Provincia di Nuoro, per l’affidamento di lavori dell’importo complessivo di € 1.930.000 oltre Iva, deducendo l’illegittimità della clausola del disciplinare che regolamenta detta esclusione in conformità dell’art. 20, comma 9 (recte: art. 20, comma 8), della legge della Regione Sardegna n. 5 del 2007, il quale dispone: «per gli appalti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alla soglia comunitaria, le stazioni appaltanti possono prevedere nel bando la procedura di esclusione automatica delle offerte risultate anomale».

Secondo il rimettente, l’art. 122, comma 9, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), nel testo modificato dall’art. 1, comma 1, lettera bb), del decreto legislativo 11 settembre 2008, n. 152 (Ulteriori disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, a norma dell’articolo 25, comma 3, della legge 18 aprile 2005, n. 62), stabilisce, invece, che soltanto «per lavori d’importo inferiore o pari a 1 milione di euro quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso, la stazione appaltante può prevedere nel bando l’esclusione automatica dalla gara delle offerte» anomale.

Ad avviso del giudice a quo, la censurata norma regionale, rendendo ammissibile l’esclusione automatica delle offerte anomale nelle gare sotto soglia comunitaria, anche qualora abbiano ad oggetto lavori di importo ricadente nella specifica “forcella” “da 1 milione a 5.150.000 euro”, si porrebbe in contrasto con il citato art. 122, comma 9, il quale fissa un limite che sarebbe vincolante per il legislatore regionale, e, in tal modo, recherebbe vulnus agli artt. 117, secondo comma, lettera e), Cost., e 3, lettera e), dello statuto regionale

3.1. – L’ordinanza di rimessione r.o. n. 204 del 2010 espone che, nel processo principale, la ricorrente ha impugnato, tra l’altro, il provvedimento con il quale è stata esclusa automaticamente da una gara indetta dal Comune di Decimomannu per l’affidamento di determinati lavori, alla quale erano stati ammessi cinque offerenti, in quanto ha offerto un ribasso superiore alla soglia di anomalia. Ad avviso del TAR, l’art. 20, comma 9, della legge della Regione Sardegna n. 5 del 2007 dispone che, «qualora il numero delle offerte ammesse sia inferiore a cinque, non si applica […] l’esclusione automatica»; l’art. 122, comma 9, del d.lgs. n. 163 del 2006, nel testo modificato dall’art. 1, comma 1, lettera bb), del d.lgs. n. 152 del 2008, stabilisce, invece, che «la facoltà di esclusione automatica non è esercitabile quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a dieci».

Secondo il rimettente, la norma regionale violerebbe gli artt. 117, secondo comma, lettera e), Cost. e 3, lettera e), dello statuto regionale, in quanto «continua a parametrare la non esercitabilità della facoltà di previsione, nel bando, dell’esclusione automatica ad un numero di offerte ammesse inferiore a cinque, secondo la previgente legislazione nazionale, anziché a dieci, secondo la vigente legislazione nazionale» dalla quale, sul punto, il legislatore regionale non potrebbe discostarsi.

4. – In linea preliminare, occorre precisare che non possono formare oggetto della presente decisione i parametri costituzionali ed i profili indicati dalla parte privata costituita nel giudizio introdotto dall’ordinanza r.o. n. 204 del 2010, diversi ed ulteriori rispetto a quelli evocati dal rimettente. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’oggetto del giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale è, infatti, limitato alle norme ed ai parametri indicati, pur se implicitamente, nell’ordinanza di rimessione, non potendo essere presi in considerazione, oltre i limiti in queste fissati, ulteriori questioni o profili di costituzionalità dedotti dalle parti, sia che siano stati eccepiti ma non fatti propri dal giudice a quo, sia che siano diretti ad ampliare o modificare successivamente il contenuto delle stesse ordinanze (tra le più recenti, sentenza n. 42 del 2011; ordinanza n. 139 del 2011).

5. – Nel merito, le questioni sono fondate.

5.1. – Il contenuto delle censure svolte in entrambe le ordinanze di rimessione impone anzitutto di richiamare i principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale sulla questione del riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni a statuto speciale e le Province autonome in tema di appalti pubblici, dato che l’art. 3, lettera e), dello statuto speciale per la Regione Sardegna, con locuzione omologa a quella contenuta in altri statuti, attribuisce a quest’ultima la competenza legislativa primaria nella materia «lavori pubblici di esclusivo interesse della Regione».

Le più recenti sentenze di questa Corte hanno affermato che, in presenza di una siffatta specifica attribuzione statutaria, è questa che deve trovare applicazione, in virtù dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), poiché nel titolo V della parte seconda della Costituzione non è contemplata la materia «lavori pubblici». Tanto comporta che la Regione è tenuta ad esercitare la propria competenza legislativa primaria «in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali […], nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali» (art. 3 dello statuto speciale di autonomia), e, nel dettare la disciplina dei contratti di appalto riconducibili alla suindicata locuzione, è tenuta ad osservare le disposizioni di principio contenute nel d.lgs. n. 163 del 2006. Le disposizioni del Codice degli appalti, per la parte in cui sono correlate all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ed alla materia «tutela della concorrenza», vanno, infatti, «ascritte, per il loro stesso contenuto d’ordine generale, all’area delle norme fondamentali di riforme economico-sociali, nonché delle norme con le quali lo Stato ha dato attuazione agli obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea» (sentenza n. 144 del 2011), che costituiscono limite alla potestà legislativa primaria della Regione. La legislazione regionale deve, quindi, osservare anche i limiti derivanti dal rispetto dei principi della tutela della concorrenza, fissati dal d.lgs. n. 163 del 2006, strumentali ad assicurare le libertà comunitarie, e non può né avere un contenuto difforme dalle disposizioni di quest’ultimo, che costituiscono diretta attuazione delle prescrizioni poste a livello europeo, né alterare negativamente il livello di tutela garantito dalle norme statali (sentenze n. 144 del 2011; n. 221 e n. 45 del 2010; con specifico riferimento alla Regione Sardegna, sentenza n. 411 del 2008).

Entrambe le ordinanze di rimessione hanno, dunque, correttamente richiamato sia la norma statutaria che attribuisce alla Regione competenza legislativa primaria nella materia «lavori pubblici di esclusivo interesse» regionale ed i limiti da questa posti all’esercizio di siffatta competenza, sia l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Infatti, come sopra precisato, la Regione Sardegna, nell’esercizio della potestà legislativa primaria nella materia prevista dall’art. 3, lettera e), dello statuto regionale, deve osservare anche i limiti derivanti dalla necessità di rispettare gli obblighi internazionali, le norme fondamentali delle riforme economico-sociali e i principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica «rinvenibili in quelle disposizioni contenute nel Codice degli appalti pubblici con le quali lo Stato ha esercitato la competenza legislativa ad esso attribuita dal predetto titolo V, in particolare con riferimento alla materia della tutela della concorrenza e dell’ordinamento civile» (sentenza n. 114 del 2011). L’osservanza di tali limiti si impone, infine, anche quando il legislatore statale, allo scopo di aumentare l’area di concorrenzialità, modifica la disciplina stabilita in precedenza, pena l’illegittimità costituzionale delle norme regionali che, eventualmente, rechino una regolamentazione difforme, lesiva di detta finalità.

5.2. – Alla luce di detti principi, in ordine alle censure relative all’art. 20, comma 8, della legge regionale in esame, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza costituzionale, la disciplina del Codice degli appalti, nella parte concernente le procedure di selezione ed i criteri di aggiudicazione è strumentale a garantire la tutela della concorrenza (tra le molte, sentenze n. 186 del 2010, n. 320 del 2008; n. 401 del 2007) e, conseguentemente, anche le Regioni a statuto speciale e le Province autonome che siano titolari di competenza legislativa primaria nella materia dei lavori pubblici di interesse regionale non possono stabilire al riguardo una disciplina suscettibile di alterare le regole di funzionamento del mercato (sentenze n. 221 del 2010; n. 45 del 2010).

Siffatto carattere connota, altresì, le norme aventi ad oggetto la disciplina delle offerte anomale (sentenza n. 411 del 2008, concernente, peraltro, la legge regionale in esame; sentenza n. 320 del 2008), anche se relative agli appalti sotto la soglia di rilevanza comunitaria. La distinzione tra contratti sotto soglia e sopra soglia non costituisce, infatti, utile criterio ai fini dell’identificazione delle norme statali strumentali a garantire la tutela della concorrenza, in quanto tale finalità può sussistere in riferimento anche ai contratti riconducibili alla prima di dette categorie e la disciplina stabilita al riguardo dal legislatore statale mira ad assicurare, tra l’altro, «il rispetto dei principi generali di matrice comunitaria stabiliti nel Trattato e, in particolare, il principio di non discriminazione (in questo senso, da ultimo, nella materia in esame, Corte di giustizia 15 maggio 2008, C-147/06 e C-148/06)» (sentenza n. 160 del 2009).

Nel caso in esame, l’art. 122, comma 9, nel testo modificato dall’art. 1, comma 1, lettera bb), n. 2, del d.lgs. n. 112 del 2008, dispone che «per lavori d’importo inferiore o pari a 1 milione di euro quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso, la stazione appaltante può prevedere nel bando l’esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia». Tale previsione, riducendo l’ambito di applicabilità della regola dell’esclusione automatica, è evidentemente strumentale ad incrementare la concorrenza. La Regione Sardegna non ha provveduto ad adeguare la propria legislazione alla regolamentazione stabilita dalla norma statale, dato che il citato art. 20, comma 8, dispone: «per gli appalti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alla soglia comunitaria, le stazioni appaltanti possono prevedere nel bando la procedura di esclusione automatica delle offerte risultate anomale». Siffatta disposizione reca, quindi, una prescrizione che, prevedendo una più ampia area di applicabilità della regola dell’esclusione automatica, è suscettibile di incidere negativamente sul livello minimo di concorrenza che deve essere garantito.

L’art. 20, comma 8, della legge della Regione Sardegna n. 5 del 2007 deve, quindi, essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui, in difformità rispetto alla norma statale, stabilisce che la facoltà di esclusione automatica delle offerte anomale può essere prevista in riferimento a tutti gli appalti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alla soglia comunitaria.

5.3. – In relazione alle censure concernenti il citato art. 20, comma 9, va ribadito che la modifica apportata all’art. 122, comma 9, del d.lgs. n. 163 del 2006 dall’art. 1, comma 1, lettera bb), n. 2, del d.lgs. n. 112 del 2008, nella parte in cui stabilisce che la facoltà di esclusione automatica «non è esercitabile quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a dieci» è stata imposta dall’esigenza di «aumentare l’area di concorrenzialità» (sentenza n. 160 del 2009). In considerazione di siffatta finalità della norma statale, questa Corte ha, quindi, affermato che, anche qualora una Regione sia titolare di competenza legislativa primaria nella materia dei lavori pubblici di interesse regionale, essa non può prevedere l’esclusione automatica nei casi nei quali non è consentita dalla norma statale e, quindi, non può stabilire «una disciplina diversa da quella nazionale, idonea ad incidere negativamente sul livello della concorrenza, che deve essere garantito agli imprenditori operanti sul mercato» (sentenza n. 114 del 2011).

Pertanto, va dichiarata l’illegittimità costituzionale del citato art. 20, comma 9, nella parte in cui dispone che, «qualora il numero delle offerte ammesse sia inferiore a cinque, non si applica […] l’esclusione automatica di cui al comma 8», anziché prevedere, come stabilito dalla norma statale, che la facoltà di esclusione automatica non può essere esercitata, «quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a dieci».

5.4. – Deve essere, infine, precisato che la dichiarata illegittimità costituzionale dell’art. 20, commi 8 e 9, della legge della Regione Sardegna n. 5 del 2007, nelle parti sopra indicate, comporta l’applicazione della disciplina stabilita dalla norma statale, in riferimento sia all’importo dei lavori in relazione ai quali è ammissibile la previsione della facoltà di esclusione automatica delle offerte anomale, sia al numero minimo delle offerte ammesse che rendono ammissibile la previsione di siffatta facoltà.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 20, comma 8, della legge della Regione Sardegna 7 agosto 2007, n. 5 (Procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, in attuazione della direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e disposizioni per la disciplina delle fasi del ciclo dell’appalto), nella parte in cui prevede che «per gli appalti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alla soglia comunitaria, le stazioni appaltanti possono prevedere nel bando la procedura di esclusione automatica delle offerte risultate anomale»;

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 20, comma 9, della suddetta legge regionale n. 5 del 2007, nella parte in cui dispone che, «qualora il numero delle offerte ammesse sia inferiore a cinque, non si applica» «l’esclusione automatica di cui al comma 8», anziché prevedere che la facoltà di esclusione automatica non è esercitabile quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a dieci.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2011.

F.to:
Paolo MADDALENA, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 10 giugno 2011.

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