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Serie A 26^ GIORNATA: Il Levriero acchiappa il Milan – di Angelo Abbruzzese

196892hp2La settima giornata di ritorno del campionato di Serie A si apre con il match bollente tra Palermo e Genoa. Due squadre che ballano pericolosamente sul fondo della classifica, con i rosanero ultimi e i rossoblù rigenerati dalla cura Ballardini e al quartultimo posto. Il verdetto dell’unico anticipo del sabato, alla fine, è un pareggio, per 0-0, ottenuto da due formazioni con una incredibile paura di perdere. Partita dalle poche emozioni: nel primo tempo il Grifone chiede un calcio di rigore che pareva esserci, nella ripresa Aronica viene espulso per doppia ammonizione (fallo su Borriello) al 76’, lasciando i suoi in 10 e Frey salva il risultato su Boselli. Dopo il match, paura per un malore per Granqvist, che passa la notte in ospedale. Il punto ottenuto, comunque, accontenta di più gli ospiti, che mantengono inalterato, così, il vantaggio sugli avversari, sempre più ultimi della classe.

Gran colpo della Sampdoria in chiave salvezza. A “Marassi”, per la gara delle 12.30, arriva il Chievo di Corini, che lascia inspiegabilmente in panchina Paloschi per tutta la partita. Il vantaggio blucerchiato è firmato da Poli al minuto 32, con un destro a giro chirurgico sul palo più lontano. Nel secondo tempo Icardi si fa male ed entra Eder, che all’83’ segna il gol del raddoppio, in contropiede. La Samp sale a quota 32 staccando i clivensi: la salvezza appare ipotecata.

Conte voleva una bolgia, ma così non è stato. Il tecnico leccese può essere comunque felice, perché la sua squadra non ha sottovalutato l’impegno contro il Siena, non si è fatta venire strane idee in testa e, con cinismo e senza particolare spettacolo, ha portato a casa tre punti preziosissimi nel momento forse più delicato della stagione. Il primo tempo è a senso unico, con Buffon francamente inoperoso. Non che i bianconeri di Torino abbiano creato occasioni a valanga, ma il pallino del gioco è sempre stato nei piedi di Pirlo e compagni. In particolare Vucinic si dimostra ancora un vulcano di idee, che spesso e volentieri, però, non vengono capite dai compagni. Così Pegolo è chiamato a intervenire solo su un bel tiro a giro di Marchisio e un sinistro ravvicinato di Giovinco. La botta di fortuna (con la “C” maiuscola, come ammesso dallo stesso svizzero all’intervallo) arriva alla mezz’ora, quando il solito Vucinic apre per l’inserimento di Lichtsteiner, che insacca quasi involontariamente col ginocchio dopo il primo intervento non preciso di Pegolo. Vantaggio interno e Siena, graziato da Pogba con un rasoterra centrale dall’altezza del dischetto, costretto a cambiare regime. E nella ripresa il regime cambia, ma è quello della Juve, che rallenta i ritmi e si accontenta di controllare. Pirlo rischia di far venire giù lo stadio mancando di un soffio il bersaglio grosso con un pallonetto spettacolare, ma poi il Siena non corre altri clamorosi rischi, perciò Iachini decide di inserire anche Pozzi per tentare il colpaccio. A questo punto, però, arriva il raddoppio bianconero con Giovinco, che sfrutta un perfetto assist su punizione di Pirlo (schema riuscitissimo per la gioia di Conte) e spegne le speranze ospiti. La Formica Atomica non esulta, è evidente che tutti i fischi – a volte ingenerosi – gli fanno molto male. Nel giro di pochi minuti, però, i toscani riescono ugualmente a farsi vedere dalle parti di Buffon, con Emeghara (per l’occasione addirittura con due scarpe di colore e marca differenti) che costringe lo stesso portierone della nazionale a compiere un vero e proprio prodigio sul suo colpo di testa. Palla che impatta, poi, anche sulla traversa, ma questo non resterà l’unico legno colpito dai bianconeri di Siena, perché dopo qualche minuto Terlizzi si inventa un sinistro dalla distanza che sbatte sul palo alla sinistra di Buffon. Dopo i due brividi, Conte concede una manciata di minuti anche al rientrante Chiellini, che prende il posto di Asamoah. La scena, nel finale, se la prende Pogba, che conclude una grande cavalcata con un rasoterra imprendibile. Tutto è bene quel che finisce bene, insomma, con tanto di cartellini gialli pericolosi (Barzagli e Pirlo, ancora perfetti) evitati: sotto il Vesuvio la Juventus arriverà ancora con la certezza di essere prima.

Continua a far bene la Roma di Andreazzoli che, sulla pista sciistica di Bergamo, ottiene la seconda vittoria consecutiva nel giro di otto giorni. Senza i senatori Totti e De Rossi, la squadra giallorossa si schiera ancora con il 3-4-2-1 con Marquinho (preferito a Florenzi) insieme a Lamela dietro l’unica punta Osvaldo, Pjanic e Bradley in mediana e Torosidis e Balzaretti sugli esterni. Dall’altra parte il più in forma è sicuramente Livaja, che fa subito vedere di che pasta è fatto al minuto 8, quando sfrutta la percussione centrale di Bonaventura per segnare il suo primo gol con la nuova maglia nerazzurra. Pronta, però, la reazione degli ex uomini di Zeman, che pareggiano dopo appena 4’ con Marquinho: il brasiliano si accentra indisturbato dalla destra e batte Consigli con un sinistro preciso sul secondo palo. A questo punto le due squadre rallentano il ritmo e sale in cattedra… la neve, con il campo che si imbianca e costringe al ricorso al pallone arancione. Al 34’ fallo ingenuo di Stendardo al limite dell’area su Osvaldo: calcia Pjanic che su punizione disegna una splendida traiettoria e batte per la seconda volta il portiere dei bergamaschi. Sul terreno di gioco i giocatori pattinano, faticano a mantenere l’equilibrio e le giocate precise latitano ma la partita va avanti. E a un minuto dallo scadere arriva il gol del pareggio dei padroni di casa, ancora con Livaja, bravo a liberarsi (secondo i romanisti con un fallo) di Torosidis e a insaccare di piatto sinistro. Intervallo più che impegnativo per gli addetti dell’Atleti Azzurri d’Italia, che ridisegnano di rosso le righe delle aree e liberano il campo della neve per quanto possono. Inizio ripresa con la Roma che mantiene costantemente il possesso palla, ma l’Atalanta si chiude bene e non regala spazi, almeno fino al 71’, quando Torosidis, da posizione angolata, scavalca di testa un Consigli non esente da colpe. Qualche minuto prima il portiere dell’Atalanta aveva respinto d’istinto su tentativo di Pjanic da pochi passi. Doppio cambio per la squadra di Colantuono: dentro Lucchini e Cazzola per Giorgi e Biondini. Cala la neve nel finale, fioccano invece le emozioni: Stekelenburg salva miracolosamente su colpo di testa proprio del nuovo entrato Lucchini, Contini già ammonito riceve un secondo giallo per una manata a Perrotta poi Consigli ipnotizza un deludente Lamela. Altro brutto stop per i bergamaschi, Roma completamente rigenerata.

Rinviata per neve a martedì la gara tra Bologna e Fiorentina, ci accingiamo a parlare di un’altra squadra in lotta per l’Europa, ossia il Catania. Bel regalo di compleanno della squadra siciliana al suo presidente Pulvirenti: gli uomini di Maran, infatti, espugnano Parma (solo il Napoli ci era riuscito prima d’ora) per 1-2, arrivando a quota 42 punti e avvicinandosi sempre più, dunque, alla zona Champions League. Vantaggio etneo già al 5’, con Lodi che trasforma magistralmente una punizione dalla destra. Il raddoppio arriva nel finale, al 44’, con la prima rete italiana di Keko, all’esordio nella nostra Serie A. Emozioni anche negli ultimi minuti di gara: Amauri segna la rete della bandiera liberandosi di Legrottaglie con un fallo, lo stesso difensore pugliese viene espulso per proteste riguardanti questa azione. Continua il magic moment per i rossazzurri, mentre il Parma, alla settima partita consecutiva senza vittoria, inizia a scivolare sempre più giù (dieci punti in meno del Catania).

Gol e spettacolo tra Cagliari e Torino in un Is Arenas privo di tifosi sardi. Al 37’ Ogbonna stende Sau in area di rigore, lo stesso numero 27 rossoblù trasforma dagli 11 metri per l’1-0. Nella ripresa il Toro ribalta il risultato prima con il sinistro Cerci e poi con il tocco di destro ravvicinato di Stevanovic. Il Cagliari replica con il colpo di testa Conti e la terza rete stagionale di Pinilla, su rigore provocato ancora una volta da Ogbonna, espulso nell’occasione. Ma il Toro, ridotto in 9 dall’espulsione per gioco violento dell’appena entrato Diop, trova il pareggio con Bianchi con il terzo gol dal dischetto di giornata. La gara sembra finita, ma all’ultimo respiro capitan Conti regala i tre punti ai sardi con un destro dalla distanza deviato da Glik che mette fuori causa l’incolpevole Gillet.

Il posticipo serale domenicale è il derby della Madonnina tra Inter e Milan. Stramaccioni si presenta con un inatteso e improbabile 4-4-2 con Alvarez e Guarin sugli esterni, mentre Allegri risponde con l’ormai solito 4-3-3 con Balotelli supportato da El Shaarawy e Boateng. Dopo i primi dieci minuti incoraggianti per i “padroni di casa”, viene fuori il Milan, sospinto dalle sovrapposizioni di De Sciglio a sinistra, dalla regia sempre puntuale di Montolivo e dalle scorribande di Boateng. È proprio il ghanese a rubare un pallone sanguinoso a Gargano a centrocampo e a servire il prontissimo El Shaarawy, che con un delizioso esterno destro mette a segno il suo 16° gol in campionato (-2 da Cavani). Da qui in poi è dominio assoluto rossonero. Balotelli trova il modo di divorarsi due gol, regalando la scena ad Handanovic che accetta senza farsi particolari scrupoli. La prima occasione è un colpo di testa respinto in bellissimo stile dal portiere sloveno, mentre la seconda è un tentativo in estirata fermato (manco a dirlo) ancora una volta da Handanovic. Il siluro su punizione del 45 respinto, tanto per cambiare, con i pugni da Handanovic chiude la prima frazione sul punteggio di 0-1: si avverte sempre più la sensazione di una partita a senso unico. In avvio di ripresa Boateng ha l’occasione per il raddoppio, ma il suo colpo di testa in tuffo termina di un niente a lato. Si vede, finalmente, anche l’Inter in avanti. Palacio per Guarin, destro in corsa del colombiano e prodigio di Abbiati. È questa l’occasione migliore avuta dai nerazzurri in tutta la partita. Stramaccioni (quasi pessimo il suo modo di impostare la gara) decide di affidarsi ai cambi, inserendo Schelotto per Cambiasso. Ed è proprio il numero 7 l’uomo della provvidenza, quello che non ti aspetti: minuto 71, cross preciso di Nagatomo e zuccata impeccabile del Levriero (con la gentile collaborazione di Mexes) che batte un Abbiati immobile. Le certezze rossonere si sgretolano e l’entusiasmo dei tifosi nerazzurri rivitalizza una squadra che fin qui aveva dato pochi segnali di vita. Allegri tarda con le sostituzioni e gli ingressi di Niang e Bojan non sono utili a cambiare le cose. Sorride solo l’Inter: è un punto guadagnato, visto il praticamente incontrastato dominio rossonero. La corsa alla Champions, nonostante tutto, è ancora aperta.

Lo spezzatino del 26° turno prevede due posticipi, con Napoli e Lazio impegnate dopo le gare di Europa League. Inizia la squadra di Mazzarri, alle 19 a Udine, per tentare di riportare a 4 i punti di distacco dalla capolista Juventus. Costretta, obbligata a vincere, la squadra di Mazzarri morde subito il freno, ma Cavani, a secco addirittura dalla partita contro il Parma, al 3’ sbaglia il colpo a sorpresa. L’Udinese in casa è un osso duro e Hamsik & Co. faticano a trovare i varchi giusti. Serve pazienza. E il match si sposta sulle fasce. Mazzarri tiene Zuniga e Maggio in panchina e sceglie Mesto e Armero. Sulla corsia di sinistra ottima l’intesa dell’attivo colombiano con Insigne, ma gli uomini di Guidolin non si lasciano spaventare dal forcing iniziale dei partenopei. In mezzo al campo Allan detta i tempi della manovra dell’Udinese e Di Natale gioca sul filo del fuorigioco a caccia dell’occasione giusta in tandem con l’eclettico Muriel. Cavani invece si muove molto, corre infinitamente come al solito, partecipa alla manovra e rientra, scambiandosi la posizione con Insigne, ma non è il solito “killer” d’area. Spazi stretti, pochi passaggi in verticale. Manca il lampo per sbloccare la situazione. Al 35’ ci prova Hamsik, di testa, dopo un bel cross di Armero, ma Padelli risponde alla grande e le squadre rientrano negli spogliatoi sullo 0-0. Al Napoli il pareggio non serve. Venerdì c’è lo scontro diretto con la Juve e per mantenere vivo il sogno scudetto occorrono tre punti. Senza i gol del Matador però la caccia ai bianconeri sembra difficile. Al Friuli inoltre non c’è la bolgia del San Paolo e la squadra di Mazzarri non ha la giusta cattiveria per aggredire con convinzione. E con il passare dei minuti l’obbligo di vincere comincia a pesare anche sulle gambe. Mazzarri prova a scardinare il match inserendo Pandev al posto di Inler. Il Napoli tenta il tutto per tutto. Armero invoca un rigore al 66’, ma Damato non è della stessa opinione. Negli ultimi venti minuti i partenopei attaccano poi a pieno organico, ma il fortino bianconero resiste senza rischi fino al triplice fischio. Niente scuse. Al “Friuli” il Napoli perde l’ennesima occasione importante e conferma una certa immaturità nei momenti cruciali. Venerdì c’è la Juventus e sarà davvero l’ultima chiamata per i partenopei.

Il secondo posticipo del lunedì (ore 21) vede in campo la Lazio di Petkovic, in casa contro il Pescara di Bergodi. L’avvio di gara è segnato dall’infortunio di Konko, che lascia subito il campo a Pereirinha. E da un dominio sterile della Lazio, che prova la prima conclusione in porta con Hernanes, a digiuno da oltre un mese. È il 18’ e Pelizzoli deve solo controllare la traiettoria. Ma i tiri da fuori, nel giro di pochi minuti, diventano un fattore. Per maggiori informazioni chiedere a Radu, che al termine di una bella azione corale, colpisce di collo sinistro dai venti metri e insacca all’angolino per l’1-0 appena un minuto prima della mezz’ora, per quello che è anche il suo 1° gol in 119 partite giocate in Serie A. Al 35’ Lulic, dopo una grande galoppata palla al piede, concede il bis con un destro terrificante, che tocca anche la traversa e finisce alle spalle dell’affranto Pelizzoli. Il bombardamento in corso, legittimato da una prestazione aggressiva e disciplinata, fa calare il sipario su un Pescara brutto e fin troppo abbottonato (con la mastodontica difesa a 5) per poter replicare. Il centrocampo di Bergodi non trova mai la giocata, Abbruscato e Celik, sostituiti anzitempo, sono spettatori non paganti. E la partita è già in cassaforte. Floccari, sopravvissuto alla fama di vice-Klose (e con discreto successo) non arrotonda il punteggio per la più completa assenza di lucidità sotto porta. Ma un turno di riposo è più che giustificabile. La Lazio, alla vigilia di un match che vale tutto in termini di classifica, rinasce dalle ceneri di un campionato che a Siena, di fronte alle giocate di Emeghara, sembrava aver preso una brutta piega. Concreta, spietata, con la testa giusta: la Lazio è tornata anche in campionato. Dopo un mese disastroso, con tre sconfitte nelle ultime quattro gare e due punti nelle ultime cinque, i biancocelesti riprendono la loro corsa al terzo posto, ora occupato in solitudine, e si preparano al meglio al big match di sabato sera a Milano.

Inizialmente non era un posticipo, ma la neve lo ha fatto diventare tale. C’è un’ultima gara in programma, è quella che vede in campo, al “Dall’Ara”, Bologna e Fiorentina, martedì alle ore 20. Montella conferma la formazione che ha disintegrato l’Inter domenica scorsa, con Cuadrado nel tridente offensivo e Tomovic preferito ancora a Roncaglia. Parte meglio, però, la squadra padrone di casa, che al 3’ colpisce il palo con il sinistro da fuori di Gabbiadini. La risposta della Fiorentina è affidata alla vivacità di Ljajic sulla sinistra e all’imprecisione clamorosa di Cuadrado, che a porta vuota si divora il gol del vantaggio. Ljajic è l’uomo più in forma dei viola e si vede; quest’impressione è confermata al minuto 26, quando Aquilani riceve palla da Migliaccio, apre con il piatto per il giovane serbo che insacca alle spalle di Curci. Gilardino, qualche minuto più tardi, arriva con un secondo di ritardo all’appuntamento con il gol. A riposo si va sullo 0-1, ma il Bologna della ripresa ha tanta voglia di rimettersi in corsa. Diamanti, anima di questa squadra, non segna, sì, ma fa segnare: dal suo piede fatato, infatti, nasce la rete del pareggio. 13’ del secondo tempo, calcio di punizione del capitano rossoblù, stacco di Motta (lasciato colpevolmente libero dalla difesa viola) e gara nuovamente in parità. Pioli opera qualche cambio, inserisce Taider, Christodoulopoulos e Garics per Perez, Gabbiadini e Motta. E sarà proprio il greco l’uomo della provvidenza, quello che non t’aspetti: a sei minuti dal triplice fischio, approfitta di uno svarione di Savic e Sissoko per battere Viviano per la seconda volta. Impatto incredibile di questo giocatore (Lazaros per gli amici, e non solo), al suo primo gol nel nostro campionato. E chissenefrega se per via del suo nome complicato non sarà mai protagonista dei cori dei suoi tifosi. Il colpo di testa di Toni alto sopra la traversa al 93’ grida vendetta: la partita termina 2-1 in favore dei felsinei, la Viola continua a dimostrare scarsa maturità, più che necessaria a questi livelli, e rischia seriamente di aver perso l’ennesimo treno per la Champions League, ora sempre più distante.

In virtù di questi risultati, Juventus sempre in vetta con 58 punti, seguita dal Napoli a 52. Cavani (seppur momentaneamente a digiuno) resta il capocannoniere con 18 reti; El Shaarawy, intanto, ha ridotto a 2 i gol di distacco.

I TOP

Samir Handanovic (INTER): È sempre lui il migliore di questa Inter molto distratta. I suoi compagni sono sulle nuvole, lui tra le nuvole ci è perché vola su ogni pallone. Stravince il duello personale con Balotelli: Stramaccioni dovrebbe fargli un monumento. E pensare che gli dissero che doveva ricevere pochi tiri… COLOSSO.

Daniele Conti (CAGLIARI): L’immagine dell’abbraccio al figlio è probabilmente la più bella della domenica. Tralasciando tutto ciò, gioca una partita coi fiocchi impreziosita dai due gol decisivi. CUORE DI CAPITANO.

Marko Livaja (ATALANTA): Qualcuno all’Inter lo rimpiangerà di sicuro. Primi gol con la nuova maglia per l’attaccante croato, che fa tanto lavoro anche in fase di non possesso. SBOCCIATO.

I FLOP

Salvatore Aronica (PALERMO): La difesa del Palermo ultimo in classifica non la poteva di certo mettere a posto lui, ma un approccio migliore ce lo aspettavamo tutti. Questa espulsione è la seconda fesseria in campionato, dopo il regalo a Sansone dello scorso 4 novembre. SCONSIDERATO.

Angelo Ogbonna (TORINO): Commette due falli da rigore e lascia anzitempo il campo per il suo primo rosso in Serie A. DISTRATTO.

Edinson Cavani (NAPOLI): È probabilmente l’immagine del momento un po’ così del Napoli. Corre, si sbatte, ma non segna dal 27 gennaio e sbaglia un gol facile al 3° minuto. Non è il Cavani che conosciamo. BLOCCATO.

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