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Intelligenza artificiale: è necessario aggiornare la Carta Costituzionale italiana?

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L’incessante sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale, ha sollevato un importante dibattito che riguarda gli effetti dell’automazione sul mercato del lavoro e l’impatto che questa nuova tecnologia potrà avere sui nostri diritti fondamentali. Volendo prendere in esame esclusivamente i diritti legati alla libertà individuale, è chiaro che i sistemi per la raccolta di dati biometrici, così come i software di tracciamento o i bot utilizzati per la “content moderation” sui social network, non sembrano aderire perfettamente ai principî fondamentali espressi all’interno della nostra Costituzione.

Alla base di queste considerazioni, sono molti i cittadini italiani che invocano un aggiornamento delle normative, ritenendo che anche la Carta Costituzionale della nostra Repubblica dovrebbe adeguarsi ai nuovi scenari che si vanno man mano prefigurando con lo sviluppo delle AI. In realtà, la Costituzione è abbastanza elastica da proteggere le persone umane e la loro dignità anche nella nuova era digitale. Avrebbe davvero senso, dunque, stravolgere i dettami costituzionali per fronteggiare i rischi derivanti dall’avvento dell’automazione?

La Costituzione va interpretata, non modificata

Similmente a quanto accadde con l’avvento di internet nei primi anni 2000, l’intelligenza artificiale ha creato un tangibile spartiacque nell’ambito dell’evoluzione umana. Non a caso questa tecnologia ha immediatamente trovato un perfetto impiego nella maggior parte delle infrastrutture digitali, contribuendo persino all’ottimizzazione dei portali di intrattenimento online come le pay tv on demand o delle piattaforme che offrono giochi da casinò. E proprio in occasione dello “scoppio” di internet, nel 2015 la Commissione Parlamentare italiana pensò di elaborare una moderna “Dichiarazione dei diritti in Internet”, composta da 14 articoli e redatta sul modello dei principi fondamentali costituzionali.

Questa iniziativa, per quanto lodevole negli intenti, si dimostrò tuttavia poco utile, specialmente considerando che le Costituzioni del secondo Dopoguerra rappresentano già uno strumento eccezionale per tutelare le libertà e i diritti dell’uomo. Se interpretati in modo evolutivo e orientati nel modo corretto, insomma, i dettami costituzionali possono ugualmente creare una barriera protettiva dai rischi e dagli ostacoli che la nuova tecnologia digitale ci pone davanti.

Quando l’inflazione di diritti può diventare un rischio

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Se si scegliesse di codificare la neonata intelligenza artificiale con leggi ad hoc, inoltre, ci sarebbe il rischio di pietrificarne l’evoluzione, creando una netta collisione con l’articolo 9 dei principi fondamentali, il quale sancisce la promozione della cultura, della ricerca e dello sviluppo tecnologico. Qualora i sistemi di automazione dovessero raggiungere nuovi sviluppi e nuovi ambiti d’impiego, il legislatore sarebbe costretto a revisionare inevitabilmente la Carta Costituzionale innescando un circolo senza fine.

Incrementare il numero di norme per questo particolare ambito, non solo non darebbe i risultati sperati, ma aumenterebbe il rischio di collisioni costituzionali. Senza contare il fatto che una simile procedura creerebbe delle nuove rigidità burocratiche di cui obiettivamente l’Italia non ha bisogno. Al fine di tutelare l’uomo, la sua dignità e i suoi diritti, si può senz’altro ammettere che le norme giuridiche di cui disponiamo attualmente sono più che sufficienti, anche nella moderna era digitale.

Norme flessibili e “aperte” allo sviluppo

Qualora si decidesse di codificare i moderni sistemi di intelligenza artificiale, insomma, l’auspicio è che le norme che si verranno a creare potranno essere quanto più flessibili, aperte e tecnologicamente orientate. In questo modo, infatti, sarà possibile tutelare gli individui senza imporre al mercato requisiti tecnici difficili da rispettare.

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