Servizio novita giurisprudenziali del 28/05/2001
Corte di cassazione (Sez. lav.), sentenza
10 marzo 2001, n. 3551
L’art. 1676 del codice civile – secondo cui i
lavoratori che, alle dipendenze di un appaltatore, abbiano prestato la loro
attività per la realizzazione dell’opera appaltata o per l’esecuzione di un
servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire
quanto sia loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente
medesimo ha verso l’appaltatore, nel momento in cui tale azione sia proposta –
trova applicazione anche negli appalti di opere o servizi per conto della
pubblica amministrazione.
Corte di cassazione (Sez. II civ.),
sentenza 1 marzo 2001, n. 3002
A norma dell’art. 1668, comma 1, del codice
civile, nell’ipotesi di inadempimento dell’appaltatore, che si concretizzi in
vizi o in difformità dell’opera, il committente può chiedere che gli uni e le
altre siano eliminati a spese dell’appaltatore oppure che il prezzo sia
proporzionalmente diminuito, salvo – in aggiunta o in alternativa al primo o al
secondo di tali rimedi e senza identificarsi con questi ultimi – il risarcimento
del danno nel caso di colpa dell’appaltatore medesimo.
La riduzione del prezzo può essere determinata mediante il raffronto tra il
valore e il rendimento dell’opera pattuita con quelli dell’opera difettosamente
eseguita.
Le responsabilità dell’appaltatore per le difformità e i vizi dell’opera
appaltata, specificamente regolata dallo stesso articolo 1668, senza escludere
l’applicazione dei princípi generali in tema di inadempimento contrattuale,
deve estendersi anche alla mancanza di qualità (essenziali o pattuite) non
essendo ipotizzabile una diversità di disciplina tra queste ipotesi, che in
egual modo concretano forme di inadempimento contrattuale dell’appaltatore. La
disciplina speciale in tema di inadempimento del contratto di appalto infatti
integra e non esclude i princípi generali in tema di inadempimento
contrattuale.
Corte di cassazione (Sez. lav.), sentenza
3 marzo 2001, n. 3115
In tema di classificazione di un’impresa ai
fini dei contributi previdenziali e assistenziali, ove l’attività esercitata
abbia carattere promiscuo, occorre tener conto, in relazione agli scopi
economici perseguiti, dell’attività primaria, rispetto alla quale le altre
risultino secondarie, ponendosi in un rapporto di mera complementarietà .
Legittimamente quindi sono inquadrati nel settore del commercio i lavoratori
dipendenti di un’officina funzionale e complementare a una concessionaria di
autoveicoli e, dunque, all’attività di vendita prevalentemente esercitata
dall’impresa.
Corte di cassazione (Sez. III civ.),
sentenza 21 marzo 2001, n. 4012
La cessione del contratto di locazione di un
immobile adibito ad attività commerciale, convenuta insieme con la cessione
dell’azienda, valida ed efficace nei rapporti tra conduttore cedente e terzo
cessionario, diventa efficace nei confronti del locatore ceduto solo dal momento
in cui gli sia stata comunicata oppure dal momento in cui si possa affermare che
lo stesso, sebbene la cessione non gli sia stata comunicata, avendola tuttavia
conosciuta, l’abbia accettata, secondo la regola posta dall’art. 1407 del codice
civile.
Corte di cassazione (Sez. II civ.),
sentenza 22 marzo 2001, n. 4124
In tema di prestazioni professionali l’azione
di arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione richiede il fatto
materiale dell’eseguita prestazione commessa dall’ente pubblico nonchè il
riconoscimento da parte dello stesso della sua "utilità ".
Riconoscimento, questo, che può avvenire con un atto formale oppure, in modo
implicito, con la consapevole utilizzazione, coerente alla sua peculiare entità ,
della prestazione medesima da parte degli organi rappresentativi dell’ente.
Dev’essere quindi esclusa l’"utilità " della progettazione di un
collegamento viario, commessa da un’amministrazione pubblica a un ingegnere,
nell’ipotesi in cui al relativo contratto sia stata apposta la condizione
sospensiva, non avveratasi, con la quale il credito del compenso professionale
sia stato subordinato alla preventiva erogazione, poi non avvenuta, di un
finanziamento pubblico.
Corte di cassazione (Sez. I civ.),
sentenza 22 marzo 2001, n. 4095
Al trasgressore di una norma del codice
stradale, cosà come stabilisce l’art. 201 del medesimo codice, va notificato
non il processo verbale di constatazione vero e proprio o una copia dello
stesso, ma una sintesi, contenente i soli estremi necessari a individuare
l’imputazione e il p.v.c.
Conseguentemente l’assenza nello stampato notificato delle ragioni di
impossibilità della mancata contestazione immediata dell’infrazione non è
causa di nullità del p.v.c.