Amministrativa

Annullamento del diniego regionale di conferire i rifiuti comunali fuori dal sub ambito di appartenenza per contrasto con il piano regionale rifiuti – Consiglio di Stato Sentenza n. 5966/2012

sul ricorso numero di registro generale 6196 del 2009, proposto da:
Regione Autonoma della Sardegna – Assessorato Regionale della Difesa dell’Ambiente, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Graziano Campus e Alessandra Camba, con domicilio eletto presso l’Ufficio di rappresentanza della Regione Sardegna, in Roma, via Lucullo, n. 24;
contro
Comune di Fonni, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanna Angius, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Arcangelo Guzzo in Roma, via Antonio Gramsci, n. 9;
nei confronti di
Tossilo Tecnoservice s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Sardegna n. 453/2009, di accoglimento del ricorso proposto dal Comune di Fonni per l’annullamento del diniego regionale di conferire i rifiuti comunali fuori dal sub ambito di appartenenza per contrasto con il piano regionale rifiuti

Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Sentenza n. 5966/2012 del 27.11.2012

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Fonni ;
Vista la memoria prodotta dalla parte appellante a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 giugno 2012 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati Camba e Guzzo, per delega dell’Avv. Angius;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO
Il Comune di Fonni, che da anni conferiva i propri rifiuti solidi urbani, per lo smaltimento, presso l’impianto gestito dalla società Tossilo Tecnoservice S.p.A. di Macomer, in prossimità della scadenza della convenzione stipulata con tale società, ha individuato nel C.I.N.E.S. di Olbia l’impianto che avrebbe consentito risparmi ed ha chiesto al Servizio atmosferico e del suolo, gestione rifiuti e bonifiche presso l’Assessorato regionale della difesa dell’Ambiente di essere autorizzato al trattamento dei rifiuti presso detto Consorzio.
Con nota n. 9466 del 22 marzo 2006, il Direttore di detto Servizio ha comunicato l’impossibilità di assumere un provvedimento amministrativo utile a consentire al Comune di Fonni il conferimento dei propri rifiuti urbani fuori dal sub ambito di appartenenza (B1 – Nuoro), non consentito dal Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti approvato dalla Giunta Regionale con delibera n. 57/2 del 17 febbraio 1998.
Detto Comune, per ottenere l’annullamento di detta nota n. 9466 del 2006 e della deliberazione n. 57/2 del 1998, ha allora proposto ricorso giurisdizionale al T.A.R. Sardegna, che ha accolto il gravame con la sentenza in epigrafe indicata, ritenendo fondato il primo motivo di ricorso con il quale il Comune contestava che con detta delibera della G.R. n. 57/2 del 1998 fosse stato approvato il piano regionale rifiuti, mentre essa era da considerare solo un documento preliminare dell’iter procedurale per addivenire alla approvazione del piano (mai intervenuta) dal valore non vincolante.
Con il ricorso in appello in esame la Regione Autonoma della Sardegna – Assessorato Regionale della Difesa dell’Ambiente, ha chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza, deducendo, a sostegno del gravame, i seguenti motivi:
1.- Eccesso di potere, travisamento dei fatti, irragionevolezza ed illogicità della motivazione.
Ad integrazione della delibera di G.R. n. 57/2 del 1998, che costituiva la prima tappa dell’elaborato che avrebbe formato il Piano regionale della gestione dei rifiuti, sono state poi approvate dalla G.R altre sezioni, su cui si è formato il silenzio assenso, l’insieme delle quali ha costituito il Piano regionale della gestione dei rifiuti.
Nella motivazione della impugnata sentenza non è stato tenuto conto della diversità tra il piano rifiuti nella sua interezza e l’approvazione della sezione relativa ai rifiuti urbani e ciò smentisce l’assunto ivi contenuto che non fossero intervenuti gli adempimenti relativi al contraddittorio con le Amministrazioni interessate e alla richiesta di parere alla competente Commissione consiliare.
L’impugnato provvedimento ha quindi legittimamente negato la possibilità di conferimento dei rifiuti in ambito diverso da quello di appartenenza del Comune di Fonni sulla base del compiuto iter procedimentale del Piano suddetto
2.- Eccesso di potere, difetto di motivazione, mancata dichiarazione di irricevibilità del ricorso per tardività.
La sentenza non ha adeguatamente considerato che tra la deliberazione n. 57/2 del 1998, di approvazione del Piano regionale gestione rifiuti, Sezione rifiuti urbani, (che pure individuava nella Provincia l’ambito ottimale per lo smaltimento dei rifiuti), atto presupposto della deliberazione impugnata, e la data di proposizione del ricorso è intercorso un lungo lasso di tempo, con conseguente tardività del ricorso di primo grado, erroneamente non rilevata dal TAR.
3.- Eccesso di potere, travisamento dei fatti.
Erroneamente la sentenza fa riferimento a deliberazione n. 57/2 del 17.2.1998 mentre il provvedimento in effetti è datato 17.12.1998.
La circostanza e di particolare rilievo perché in data 2.12.1998 era entrata in vigore la l.r. 31/1998, in base alla quale non era più previsto alcun passaggio obbligatorio normativo in Consiglio regionale e solo a causa del mancato coordinamento con detta l.r., entrata in vigore da pochi giorni, è stato fatto richiamo al coinvolgimento dell’organo legislativo contenuto in detta deliberazione, ai sensi dell’art. 4, lettera c), della l.r. 1/1977.
4.- Violazione di legge, eccesso di potere, erroneità ed illogicità della motivazione, contrasto con principi derivanti da norma di riferimento.
Il T.A.R., nell’affermare che l’iter regionale di approvazione del Piano regionale di gestione rifiuti, Sezione rifiuti urbani, non si fosse concluso, ha erroneamente ritenuto che la deliberazione n. 57/2 del 1998 non avesse valore vincolante.
Correttamente con il provvedimento impugnato è stata negata la possibilità di trasferire i rifiuti urbani in diversa Provincia, ex art. 23, comma 1, del d. lgs. n. 22/1997 e del regime di privativa pubblica, a prescindere dalle tariffe applicate negli impianti di destinazione.
Con atto depositato il 16.10.2009 si è costituito in giudizio il Comune di Fonni, che ha dedotto la infondatezza di tutti i motivi di appello, concludendo per la reiezione.
Con memoria depositata il 22.5.2012 la parte appellante, premesso che il Comune di Fonni ha continuato a conferire i rifiuti presso l’impianto di Macomer e che il Piano regionale gestione rifiuti urbani è in vigore, ha replicato alle avverse deduzioni ribadendo tesi e richieste.
Alla pubblica udienza del 12.6.2012 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.
DIRITTO
1.- Il giudizio in esame verte sulla richiesta, formulata dalla Regione Sardegna, di annullamento della sentenza del T.A.R. in epigrafe specificata, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dal Comune di Fonni per l’annullamento del diniego regionale di conferire i rifiuti comunali fuori dal sub ambito di appartenenza per contrasto con il piano regionale rifiuti.
2.- La Sezione deve innanzi tutto valutare, per ragioni di logica processuale, la fondatezza del secondo motivo di appello, con il quale è stato dedotto che la sentenza non ha adeguatamente considerato che tra la approvazione del Piano regionale gestione rifiuti, Sezione rifiuti urbani, con deliberazione n. 57/2 del 1998 costituente atto presupposto della deliberazione n. 9466 del 2006 (che pure contiene una assorbente e chiara statuizione di indirizzo in materia di gestione dei rifiuti, che individua nella Provincia l’ambito ottimale per lo smaltimento dei rifiuti), pubblicata nel BURAS del 30.7.1999, e la data di proposizione del ricorso è intercorso un lungo lasso di tempo, durante il quale nessun Comune, compreso quello di Fonni, ha espresso rimostranze al riguardo.
Detto Piano ha anche costituito atto presupposto di numerose delibere riguardanti la materia e le sue disposizioni sono state recepite in altri atti pianificatori adottati con il coinvolgimento delle Amministrazioni comunali, compresa quella de qua.
Detto Comune ha quindi conosciuto e tollerato la divisione per ambiti ben prima dell’anno 2006, in cui ha presentato ricorso giurisdizionale, e con essa la lesione dell’interesse economico ad ottenere una tariffa minore, senza far pervenire osservazioni o impugnare il Piano, facendo così acquiescenza al criterio di conferimento dei rifiuti nell’ambito di appartenenza, con conseguente tardività della impugnazione della deliberazione n. 57/2 del 1998, atto presupposto di quello impugnato ed immediatamente lesivo, erroneamente non rilevata dal TAR.
2.1.- Osserva la Sezione che la acquiescenza ad un provvedimento amministrativo esige un’esplicita e inequivoca manifestazione di piena accettazione, mediante il compimento di atti o comportamenti univocamente rivelatori della volontà di accettarne gli effetti, posta in essere in un momento successivo a quello in cui si sia verificata la lesione dell’interesse legittimo azionato, nessuna acquiescenza o rinuncia preventiva alla tutela giurisdizionale dell’interesse legittimo apparendo configurabile, quando lo strumento di tutela non è ancora azionabile per mancanza dell’attualità della lesione.
Nel caso che occupa deve ritenersi che non si fosse verificato alcuno dei citati presupposti comportanti acquiescenza alla deliberazione n. 57/2 del 1998 (anche se già individuava nella Provincia l’ambito ottimale per lo smaltimento dei rifiuti), perché la convenzione che il Comune di Fonni aveva stipulato per il conferimento dei propri rifiuti solidi urbani ai fini dello smaltimento nell’impianto gestito dalla Tossilo Tecnoservice s.p.a. di Macomer, sito nella Provincia di appartenenza del Comune, scadeva in data 31.12.2005 e solo nel periodo immediatamente precedente il Comune aveva avviato le ricerche per individuare gestori di impianti di smaltimento operanti nel territorio regionale disponibili ad applicare tariffe più favorevoli.
Pertanto, fino a quando detto Comune non ha individuato nella C.I.N.E.S. di Olbia l’impianto disposto ad applicare tariffe ritenute adeguate e più favorevoli rispetto alle precedenti e sino a che non è stato adottato il provvedimento impugnato che ha negato la possibilità di conferire in esso impianto i rifiuti urbani del Comune (perché era situato fuori del sub ambito di appartenenza (B1/Nuoro) per contrasto con quanto previsto nel Piano regionale di gestione rifiuti approvato con detta deliberazione n. 57/2 del 1998), il Comune non poteva aver posto in essere alcuna acquiescenza, neppure tacita, alla statuizione ivi contenuta che i rifiuti dovevano essere conferiti nell’ambito di appartenenza, sia per mancata adozione di atti o comportamenti univocamente rivelatori della volontà di accettarne gli effetti e sia perché la deliberazione non era ancora idonea a comportare attuale e diretta lesione dell’interesse legittimo del Comune.
Detta deliberazione è stata quindi validamente impugnata unitamente al provvedimento di diniego n. 9466 del 22.3.2006, quale atto ad esso presupposto, essendo sorto l’interesse ad agire solo per effetto di detto diniego, con attualizzazione soltanto in quel momento della possibilità d’impugnare anche la presupposta deliberazione.
La censura in esame non è quindi suscettibile di positiva valutazione.
3.- Con il primo motivo di gravame è stato dedotto che nella delibera della G.R. n. 57/2 del 1998, in attuazione del d. lgs. n. 22/1997 “c.d. Ronchi” (il cui art. 22 prevede che le Regioni, sentiti i Comuni e le Province predispongono i piani regionali di gestione dei rifiuti), è affermato che l’allegato documento preliminare, relativo alla pianificazione della gestione dei rifiuti urbani, voleva costituire la prima tappa dell’elaborato che avrebbe formato il Piano regionale della gestione dei rifiuti, che avrebbe dovuto essere costituito, oltre che dalla sezione rifiuti urbani, anche dalla sezione rifiuti speciali e dalla sezione per la bonifica dei siti inquinati.
Ad integrazione di detta sezione rifiuti urbani sono state poi approvate dalla G.R., con deliberazione n. 13/34 del 2002, altre sezioni, l’insieme delle quali ha costituito il Piano regionale della gestione dei rifiuti.
Tutte le delibere di approvazione delle varie sezioni sono state trasmesse all’esame del Consiglio regionale, prima singolarmente, poi unitariamente; non avendo il Consiglio espresso il suo parere si sarebbe formato il silenzio assenso ex l.r. n. 40/1990 e l. n. 241/1990.
Nella motivazione della impugnata sentenza non sarebbe stato tenuto conto della diversità tra il piano rifiuti nella sua interezza e l’approvazione della sezione relativa ai rifiuti urbani.
Tanto smentirebbe l’assunto contenuto in sentenza che non fossero intervenuti gli adempimenti relativi al contraddittorio con le Amministrazioni interessate e alla richiesta di parere alla competente Commissione consiliare.
Peraltro il Piano sarebbe stato avallato dalla Commissione europea ed ammesso a finanziamento.
L’impugnato provvedimento ha quindi legittimamente negato la possibilità di conferimento dei rifiuti in ambito diverso da quello di appartenenza del Comune di Fonni sulla base del compiuto iter procedimentale del Piano suddetto
3.1.- Osserva la Sezione che, come affermato nella impugnata sentenza, il diniego dell’autorizzazione per cui è causa trova il suo esclusivo fondamento nel “…contrasto con le disposizioni del vigente Piano regionale di gestione dei rifiuti – Sezione rifiuti urbani, approvato dalla Giunte regionale con deliberazione n. 57/2 del 17.12.1998”.
Il ricorso di primo grado è stato quindi accolto laddove asseriva che con essa deliberazione non era stato approvato il piano regionale dei rifiuti, essendo solo un documento preliminare non vincolante, primo passaggio dell’iter procedimentale per addivenire ad una successiva approvazione del piano, mai intervenuta.
Non possono essere condivise le tesi della Regione tese a dimostrare che invece detta deliberazione avesse carattere vincolante.
E’ infatti inconferente la circostanza dedotta dalla difesa regionale che in seguito sono state approvate dalla G.R., con deliberazione n. 13/34 del 2002, altre sezioni (l’insieme delle quali avrebbe costituito il Piano regionale della gestione dei rifiuti) e che delibere di approvazione delle varie sezioni sono state trasmesse all’esame del Consiglio regionale, prima singolarmente, poi unitariamente, sicché, non avendo il Consiglio espresso il suo parere, si è formato il silenzio assenso ex l.r. n. 40/1990 e l. n. 241/1990.
Ciò innanzi tutto in quanto il provvedimento impugnato ha richiamato e fatto riferimento, nel respingere la richiesta del Comune, solo a detta deliberazione n. 57/2 del 1998 e non al complesso di atti cui la difesa regionale fa riferimento.
E che essa deliberazione avesse natura di documento preliminare è indubitabile, atteso che, come evidenziato dal Giudice di primo grado, era ivi esplicitamente affermato sia che “…il gruppo di lavoro ha elaborato il documento preliminare allegato alla presente deliberazione relativo alla pianificazione della gestione dei rifiuti urbani. Tale documento vuole costituire la prima tappa dell’elaborato che formerà il Piano regionale di gestione dei rifiuti…”; sia che “…l’Assessore della Difesa dell’Ambiente sottolinea l’esigenza che l’esecutivo regionale proceda all’approvazione del documento allegato alla presente deliberazione, come primo passaggio dell’iter di approvazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani”. Inoltre era ivi asserito che “Il documento verrà quindi portato all’esame della Commissione consiliare, arricchito degli eventuali contributi che le Amministrazioni a cui è stato presentato vorranno apportare. Dopo tale approvazione lo strumento di Piano verrà riportato nella sua forma conclusiva all’attenzione della Giunta regionale per l’approvazione definitiva e quindi si procederà alla pubblicazione del BURAS”, nonché che “…Tutto ciò premesso l’Assessore della Difesa dell’Ambiente propone alla Giunta regionale l’approvazione del documento preliminare del Piano Regionale di gestione dei rifiuti- Sezione rifiuti urbani”.
In secondo luogo l’approvazione poi avvenuta di altre Sezioni è irrilevante in quanto nessuno di detti adempimenti, espressamente previsti nella deliberazione, è stato espletato, non risultando reso alcun parere dalla Commissione consiliare, non essendo state chiamate le Amministrazioni locali a partecipare al procedimento e non essendo essa stata approvata definitivamente dalla Giunta Regionale.
Né può convenirsi con la Regione appellante che tanto sarebbe superato dalla circostanza che, essendo state le deliberazioni di approvazione delle varie sezioni trasmesse all’esame del Consiglio regionale, prima singolarmente, poi unitariamente e non avendo il Consiglio espresso il suo parere, si sarebbe formato su di essa il silenzio assenso ex l.r. n. 40/1990 e l. n. 241/1990.
Se, infatti, è stabilito un preciso iter per il perfezionamento di un procedimento amministrativo, soprattutto se è prevista la acquisizione di pareri e la partecipazione di altri soggetti giuridici, non può ritenersi lo stesso concluso solo perché l’Organo chiamato ad esprimere il parere non si è espresso al riguardo, con formazione del silenzio assenso.
Ciò innanzi tutto perché il silenzio assenso, che riguarda la approvazione di una richiesta formulata alla Amministrazione (comunque non previsto dalla l.r. Sardegna n. 40/1990), è istituto diverso dalla emanazione di un parere endoprocedimentale; è infatti presupposto dell’approvazione del Piano la emanazione di un parere favorevole, e non anche di una determinazione qualsiasi, del Consiglio regionale.
Poiché il silenzio serbato dall’Amministrazione dopo lo spirare del termine a sua disposizione non ha alcun significato, né in termini di assenso né in termini di rigetto, ma comporta solo la conclusione in senso favorevole del procedimento, in assenza dello specifico parere favorevole da acquisire necessariamente la formazione del silenzio assenso, in base al tenore della l. n. 241/1990 all’epoca vigente, doveva ritenersi preclusa.
Né può ritenersi operante l’art. 16 della l. n. 241 del 1990, ovvero l’art. 21 della l.r. Sardegna n. 40/1990, perché il parere non è mai stato chiesto e comunque non sono stati adottati atti da parte dell’Organo competente alla adozione definitiva.
In secondo luogo il procedimento non può ritenersi concluso perché, comunque, era mancata la partecipazione delle Amministrazioni cui avrebbe dovuto essere presentata la deliberazione in questione, nonché l’approvazione da parte della Giunta Regionale.
Deve quindi convenirsi con il T.A.R. che il Piano de quo fosse stato solo avviato, non essendo state seguite le procedure previste dal precitato art. 22, pur non essendo esse meramente formali, perché implicavano l’esigenza di addivenire ad una configurazione condivisa e partecipata del piano, come confermato proprio dall’articolato e complesso procedimento che ha portato alla definitiva approvazione del nuovo piano regionale dei rifiuti.
In effetti il Piano Regionale della gestione dei rifiuti è stato approvato solo con deliberazione della G.R. n. 21/59 dell’8.4.2009, dopo l’adozione del provvedimento di reiezione impugnato.
Le censure in esame non possono quindi essere condivise.
4.- Con il terzo motivo di appello è stato dedotto che erroneamente la sentenza fa riferimento alla deliberazione n. 57/2 del 17.2.1998 mentre il provvedimento in effetti è datato 17.12.1998.
La circostanza sarebbe di particolare rilievo perché in data 2.12.1998 era entrata in vigore la l.r. 31/1998, che ha dettato nuove norme in materia di organizzazione e competenza degli organi regionali, e in particolare, all’art. 8, comma 1, lettera b), ha stabilito che alla Giunta regionale spettano la definizione degli obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive regionali per l’azione amministrativa e la gestione. Quindi, successivamente alla entrata in vigore di detta l.r., il procedimento per l’adozione dei piani regionali non prevedeva più alcun passaggio obbligatorio normativo in Consiglio regionale (poi attuato di fatto perché dall’entrata in vigore di detta legge regionale l’adozione dei piani regionali sono divenuti di competenza della Giunta regionale ed i relativi procedimenti sono da considerare conclusi con la approvazione da parte di tale Organo).
Solo a mancato coordinamento con la l.r. 31/1998, entrata in vigore da pochi giorni, sarebbe stato dovuto il richiamo al coinvolgimento dell’organo legislativo contenuto nella deliberazione n. 57/2, ai sensi dell’art. 4, lettera c), della l.r. 1/1977.
4.1.- La Sezione osserva al riguardo innanzi tutto che non ogni volta che nella impugnata sentenza è indicata la deliberazione n. 57/2 è indicata la data errata del 17.2.1998, essendo in alcuni casi indicata quella esatta del 17.12.1998, sicché la inesatta indicazione temporale deve ritenersi dovuta solo ad errore materiale.
In secondo luogo considera che proprio la circostanza che, nonostante che all’atto della adozione della deliberazione n. 57/2 del 17.12.1998 fosse già entrata in vigore la l.r. 31/1998, in data 2.12.1998 (dettando nuove norme in materia di organizzazione e competenza degli organi regionali), detta deliberazione ha previsto l’acquisizione del parere del Consiglio regionale e la partecipazione delle Amministrazioni locali, dimostra che la G.R. aveva voluto prevedere un iter particolare e più garantista degli interessi collettivi, che comunque doveva essere seguito in assenza di adozione di atti di autotutela o di disposizioni della l. r. n. 31/1998 che prevedessero l’automatico adeguamento alle disposizioni in esso contenute in caso di adozione di provvedimenti difformi.
Aggiungasi che, anche se la previsione dell’acquisizione del parere del Consiglio regionale e della partecipazione delle Amministrazioni locali fosse dovuta a mancato coordinamento con la l.r. 31/1998, comunque esse erano cogenti, in assenza, come già evidenziato, di atti di autotutela e considerato che l’atto impugnato fa espresso riferimento solo alla delibera 57/2 come atto presupposto e non a detta l.r..
Comunque necessitava, per poter considerare il Piano de quo come approvato, la definitiva approvazione da parte della Giunta regionale, intervenuta dopo la adozione del provvedimento di diniego impugnato.
La censura in esame non è quindi valutabile in senso positivo.
5.- Con il quarto motivo di gravame è stato dedotto che il T.A.R., nell’affermare che l’iter regionale di approvazione del Piano regionale di gestione rifiuti, Sezione rifiuti urbani, non si fosse concluso, avrebbe erroneamente ritenuto che la deliberazione n. 57/2 del 1998 non avesse valore vincolante, non considerando che il Piano regionale e quello provinciale avevano tenuto conto del fatto che, all’epoca della adozione della stessa, la normativa nazionale di riferimento prevedeva, all’art. 23, comma 1, del d. lgs. n. 22/1997, che, salvo diversa disposizione effettuata con legge regionale, gli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani sono le Province, che devono assicurare la gestione unitaria dei rifiuti urbani e predisporre piani di gestione dei rifiuti, senza previsione di gestione degli stessi in ambiti extraurbani. Inoltre l’art. 22 dello stesso decreto prevedeva, al comma 3, lettera b), che i piani regionali individuano la tipologia ed il complesso dei piani di smaltimento e recupero dei rifiuti urbani tenendo conto dell’obiettivo di assicurare la gestione di quelli non pericolosi all’interno degli ambiti territoriali ottimali di cui all’art. 23.
Il Piano regionale di gestione dei rifiuti, oggetto di ricorso quale atto presupposto, avrebbe quindi solo confermato una configurazione degli ambiti territoriali ottimali delineata da quella nazionale, coincidente con quelli provinciali.
In base all’art. 21, comma 1, del d. lgs. n. 22/1997 i rifiuti urbani sono raccolti in regime di privativa dai Comuni e permangono in tale regime fino allo smaltimento, che avviene nel luogo individuato dalla Regione, cosicché lo smaltimento sarebbe sottratto al regime del pubblico mercato, perché essa, in base alle esigenze dell’ambito servito, dimensiona gli impianti destinando risorse alla loro realizzazione.
Correttamente con la impugnata nota sarebbe stata negata la possibilità di trasferire i rifiuti urbani in diversa Provincia, in base all’art. 23, comma 1, del d. lgs. n. 22/1997 ed al regime di privativa pubblica, a prescindere dalle tariffe applicate negli impianti di destinazione, che sono di tipologia differente perché nella provincia di Nuoro funziona un vero e proprio inceneritore, mentre in quello di Olbia opera solo un impianto di selezione meccanica.
5.1.- Osserva la Sezione che l’art. 23 della l. n. 22/1997, abrogata dopo la adozione del provvedimento impugnato, stabilisce al primo comma che “Salvo diversa disposizione stabilita con legge regionale, gli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani sono le Province. In tali ambiti territoriali ottimali le Province assicurano una gestione unitaria dei rifiuti urbani e predispongono piani di gestione dei rifiuti, sentiti i Comuni, in applicazione degli indirizzi e delle prescrizioni del presente decreto”; al secondo comma prevede che “Per esigenze tecniche o di efficienza nella gestione dei rifiuti urbani, le Province possono autorizzare gestioni anche a livello sub-provinciale purché, anche in tali ambiti territoriali, sia superata la frammentazione della gestione”.
Le disposizioni sopra riportare dimostrano che sono stati previsti ambiti territoriali ottimali provinciali non solo al fine di disporre una equa ripartizione territoriale dello smaltimento dei rifiuti, ma anche al fine di garantire il perseguimento della efficienza della loro gestione, della quale vuole evitare la frammentazione, per quanto possibile, in ambito sub provinciale.
La norma non vieta tuttavia che la gestione possa essere effettuata anche in ambiti extraprovinciali, che deve quindi ritenersi consentita purché sia tutelata la esigenza di efficienza e concentrazione.
Ovviamente nel concetto di efficienza deve comprendersi anche quello di ottenere stessi servizi a prezzi più favorevoli per il Comune (perché la normativa di riferimento prevede anche l’applicazione del principio che il costo dello smaltimento deve essere commisurato alla qualità, quantità e tutela dell’ambiente e che a parità di quantità e qualità il costo deve essere uguale), sicché ben poteva il Comune de quo effettuare la richiesta illegittimamente negata, anche perché, come ha ben argomentato il Giudice di prime cure, la Regione avrebbe dovuto valorizzare il tentativo dell’amministrazione comunale ricorrente di ottenere tariffe più convenienti, perseguendo una sostanziale omogeneità delle tariffe più basse sull’intero territorio regionale, al fine di coniugare l’esigenza di una equa ripartizione territoriale dello smaltimento dei rifiuti con quella di un’oculata amministrazione delle risorse finanziarie degli enti locali, in vista del loro obiettivo di assicurare ai cittadini in essi residenti un servizio funzionale ed economico.
Aggiungasi che la Regione (con nota prot. n. 3097 del 27.1.2006, come dedotto dalla difesa del resistente Comune e non contestato da controparte) l’Assessorato per la Difesa dell’Ambiente aveva approvato le tariffe che avrebbero dovuto essere applicate per lo smaltimento di rifiuti di Comuni ricadenti in ambiti territoriali diversi da quelli di localizzazione dell’impianto del Consorzio industriale Nord Est Sardegna di Olbia, così ammettendo la possibilità di conferimenti provenienti da fuori ambito.
Il monopolio nell’ambito violerebbe, peraltro, il principio di libera concorrenza, mentre la previsione del decreto Ronchi che gli ambiti territoriali ottimali vanno individuati nelle Province, va interpretata alla luce di detti principi.
Anche la censura in esame non può quindi essere accolta.
6.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.
7.- Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, co. 1, c.p.a e 92, co. 2, c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, respinge l’appello in esame.
Compensa le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2012 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente FF
Manfredo Atzeni, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore
Doris Durante, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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