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CONDONO FISCALE – Non applicabile se l’atto riguarda la valutazione automatica di immobili – Cassazione Civile, Sezione Tributaria, sentenza n. 12147 del 02/07/2004


Occupandosi di tale problematica, la Corte di cassazione ha precisato che,
nonostante in vari scritti difensivi i contribuenti abbiano menzionato,
incidentalmente, l’irrogazione, con gli avvisi di liquidazione impugnati, di
"sanzioni e soprattasse", non risultano liquidati importi a tale titolo, perchè
non è sufficiente la generica indicazione a stampa negli avvisi suddetti di una
liquidazione in quanto il dettaglio esclude le sanzioni

 

 

La
Cassazione, con la sentenza n. 12147 del 2 luglio 2004, ha stabilito che,
con riferimento al condono fiscale di cui all’articolo 16 della legge n.
289/2002 ("definizione delle liti pendenti"), la sospensione del giudizio va
esclusa nel caso in cui la controversia tributaria riguardi la richiesta di
valutazione automatica di alcuni cespiti da parte del contribuente e non
rilevi alcun atto impositivo, per essere le imposte liquidate senza
l’esercizio di alcun potere discrezionale dell’Amministrazione finanziaria,
in base all’applicazione di parametri predeterminati e non siano irrogate
sanzioni.

Il caso affrontato dalla Corte
La fattispecie su cui si è pronunciata la Cassazione riguarda una
controversia nata da una compravendita di un complesso immobiliare.
Infatti, nell’atto di vendita le parti avevano chiesto di avvalersi, ai
sensi dell’articolo 12 del decreto legge n. 70/1988, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 154/1988, previa attribuzione di rendita
catastale alle unità non ancora accatastate, dei criteri automatici di
valutazione di cui all’articolo 52 del Dpr n. 131/1986 che disciplina
l’imposta di registro.
Pertanto, l’Ute procedeva al classamento delle suddette unità immobiliari
(nella specie, un cinema all’aperto, un supermercato e un negozio),
notificando alle parti il relativo avviso.
In base a tale attribuzione di rendita, l’Ufficio del registro notificava
alle stesse parti un avviso di liquidazione richiedendo, al venditore, il
pagamento dell’Invim e a entrambe le parti, in solido, il pagamento di
imposte erariali e interessi.
Nulla, nell’avviso di liquidazione, era indicato a titolo di sanzioni.
Ciascuna delle parti contraenti, dopo aver invano chiesto una revisione
della rendita catastale all’Ute, ha impugnato davanti alla commissione
tributaria di primo grado, per quanto di proprio interesse, sia l’avviso di
classamento che l’avviso di liquidazione, lamentando l’eccessività delle
rendite attribuite ai predetti immobili.
La Commissione ha rigettato il ricorso che, anche in secondo grado, su
appello proposto dalle parti, è stato ugualmente respinto.
La controversia, pertanto, è giunta in cassazione.

La posizione della Cassazione
La Cassazione, nell’occuparsi del caso, si sofferma in via preliminare su un
aspetto che, pur non costituendo il fulcro della controversia, è di
rilevante attualità, in quanto riguarda l’applicazione delle disposizioni
sulla definizione agevolata delle liti fiscali di cui all’articolo 16 della
legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Tale norma, prevedeva la possibilità di definire le liti fiscali pendenti
dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado del
giudizio, anche a seguito di rinvio, pagando una somma variabile a seconda
del valore della lite e della soccombenza delle parti.

In seguito all’introduzione della norma agevolativa, è stata disposta anche
una sospensione delle liti fiscali che potevano essere definite con il
condono, sino a una determinata data che, in seguito alle varie proroghe che
si sono succedute, è stata più volte spostata (ai fini del ricorso in
oggetto i giudici, comunque, hanno tenuto conto del termine del 30 aprile
2004).
Se la trattazione della controversia era stata già fissata nel suddetto
periodo, i giudizi venivano sospesi solo su richiesta del contribuente che
dichiarava di volersi avvalere del condono.

Occupandosi di tale problematica, la Corte di cassazione ha precisato che,
nonostante in vari scritti difensivi i contribuenti hanno menzionato,
incidentalmente, l’irrogazione, con gli avvisi di liquidazione impugnati, di
"sanzioni e soprattasse", non risultano liquidati importi a tale titolo.
Non è infatti sufficiente la generica indicazione a stampa negli avvisi
suddetti di una liquidazione (anche) di sanzioni e sopratasse, poichè il
dettaglio della liquidazione impugnata si riferisce solo all’Invim,
trascrizione, catasto, interessi, cassa notariato e tassa archivio,
escludendo, percio’, sanzioni.

Secondo la Cassazione, la mancanza dell’irrogazione di sanzioni, oltre
all’inesistenza di un atto impositivo (le menzionate imposte sono tutte
conseguenza della richiesta di valutazione automatica e conseguono, senza
alcuna discrezionalità dell’ufficio tributario, all’applicazione di
parametri predeterminati) impedisce di ritenere che la causa sia passibile
di definizione agevolata ai sensi del predetto articolo 16 della legge n.
289/2002 e successive modificazioni.

Pertanto, non è possibile applicare la sospensione del giudizio, nei casi
in cui la controversia tributaria riguardi la richiesta di valutazione
automatica di alcuni cespiti da parte del contribuente e non rilevi alcun
atto impositivo, per essere le imposte liquidate senza l’esercizio di alcun
potere discrezionale dell’Amministrazione finanziaria, in base
all’applicazione di parametri predeterminati senza che siano irrogate anche
le sanzioni.
 




Saverio Cineri 
(www.fiscooggi.it)

 

https://www.litis.it

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