L’ omessa o incompleta indicazione della commissione tributaria provinciale competente non comporta la nullità del ricorso. CASSAZIONE CIVILE, Sezione V, Sentenza n. 12070 del 01/07/2004
Nonostante
l’articolo 19 del decreto legislativo 546/1992 preveda che il ricorrente debba
indicare la commissione tributaria provinciale competente per territorio, a
giudizio della Cassazione siffatto errore od omissione configura una semplice
irregolarità che non inficia la validità del ricorso
Occorre fare
riferimento, secondo la Cassazione, ad un contesto normativo processuale
(generale, e speciale tributario) che, nel suo complesso, pone l’onere di
individuare l’organo giurisdizionale esclusivamente su chi presenta un ricorso,
onere che è autonomo e che prescinde dall’osservanza di eventuali obblighi di
specificazione posti a carico di altri soggetti. Una conferma per questa
impostazione deriva dal fatto che la legge n. 212/200 (meglio conosciuta come lo
Statuto del contribuente), dopo avere ribadito all’articolo 7, comma secondo,
lettera d) la necessità che nell’atto venga indicato l’organo giurisdizionale
cui potere ricorrere, non ha poi previsto alcuna sanzione nel caso di omessa o
incompleta indicazione. L’art. 6 D.Lgs. n. 32/2001, che ha dato attuazione allo
Statuto, allorchè ha modificato l’art. 10 D.Lgs. n. 507/1993 in tema di imposta
di pubblicità, ha privilegiato il profilo della necessità della motivazione
dell’atto in tutte le sue implicazioni, ma non ha preso in alcuna considerazione
il profilo della omessa o incompleta indicazione dell’organo giurisdizionale cui
ricorrere. Da tutto cio’ si deve dedurre la volontà del legislatore, espressa
sia pure implicitamente anche nella importante sede dello Statuto, di non
assegnare a questo vizio la capacità di produrre la nullità dell’atto.
CASSAZIONE
CIVILE, Sezione V, Sentenza n. 12070 del 01/07/2004
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
LA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE
TRIBUTARIA
Composta
dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FAVARA
Ugo – Presidente –
Dott. PAPA
Enrico – Consigliere –
Dott. ODDO
Massimo – Consigliere –
Dott. FALCONE
Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. DEL
CORE Sergio – Consigliere –
ha
pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso
proposto da:
GFP GRAFICA
FOTO PUBBLICITA’ S.P.A., in persona del legale rappresentante Lucillo Azzano,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. B. TIEPOLO 21, presso lo studio
dell’avvocato GIORGIO ALABRESE, difeso dall’avvocato LUCIANO FALOMO, giusta
procura a margine;
– ricorrente
–
contro
ICA IMPOSTE
COM AFFINI S.R.L., in persona dell’Amministratore Unico Giannoni Oscar,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA TIZIANO 108, presso lo studio
dell’avvocato SIMONE TARLO’, difeso dall’avvocato SERGIO COLEZZI, giusta procura
a margine;
–
controricorrente –
avverso la
sentenza n. 138/99 della Commissione tributaria regionale di TRIESTE, depositata
il 15/11/99;
udita la
relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/09/03 dal Consigliere
Dott. Giuseppe FALCONE;
udito per il
resistente, l’Avvocato LA PORTA Claudio (delega) che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M.
in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Umberto DE AUGUSTINIS che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento
del processo
La Grafica
Foto Pubblicità s.p.a. ha impugnato l’avviso di accertamento relativo alla
imposta sulla pubblicità per l’anno 1997 emesso dalla Ica s.r.l.,
Concessionaria del Comune di Azzano Decimo per la gestione del servizio di tale
tributo.
La società
ha dedotto la nullità dell’atto perchè emanato in violazione dell’articolo 19,
comma 2^ del D.Lgs. n. 546/1992, in quanto non contenente l’indicazione del
Giudice competente per territorio cui ricorrere, e delle modalità di
impugnazione. Nel merito,poi ha sostenuto che l’acronimo GFP, utilizzato sulle
pareti esterne dello stabilimento, non poteva costituire un presupposto per
l’applicazione della imposta sulla pubblicità.
La
Commissione di primo grado ha respinto il ricorso e la sentenza è stata
confermata dalla Commissione Regionale che:
a) ha
ritenuto valido il provvedimento impugnato sul presupposto che nello stesso
risultava indicata con un timbro la sua possibilità di impugnazione entro 60
giorni, con ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, con le
modalità previste dal D.Lgs. n. 546/92;
aa) ha
ritenuto che sussistevano i presupposti per tassare le scritte apposte sulla
parete esterna dello stabilimento in quanto costituenti un veicolo
pubblicitario.
Ha proposto
ricorso la società grafica. Ha resistito la Ica s.r.l..
Motivi della
decisione
Con il primo
motivo la ricorrente ha dedotto violazione degli articoli 19 e 20 D.Lgs. n.
546/92 perchè la Commissione Regionale:
b) avrebbe
errato a rigettare l’eccezione di nullità dell’atto di accertamento derivante
dalla mancata indicazione in esso delle modalità di impugnazione; bb) avrebbe
anche omesso di motivare la sua decisione. In particolare, ha rilevato come
l’avviso non contenesse l’indicazione di quale Commissione Tributaria
Provinciale fosse competente per territorio, nè l’indicazione delle forme da
osservare nella proposizione del ricorso.
La resistente
ha sostenuto l’infondatezza del motivo sul presupposto che nell’avviso è
sufficiente indicare che il ricorso deve essere proposto "alla Commissione
Tributaria Provinciale Competente", senza la individuazione, volta per volta,
del Giudice territorialmente competente, e che una contraria conclusione sarebbe
gravosa per il riscossore che spesso (come nel caso di specie) riscuote tributi
sparsi su tutto il territorio dello Stato. Ha poi aggiunto che l’indicazione che
il ricorso va fatto secondo le modalità del D.Lgs. n. 546/1992 è sufficiente
per ritenere assolto l’obbligo previsto dalla norma.
Ritiene la
Corte che la doglianza è infondata dal momento che:
c) l’obbligo
previsto dal secondo comma dell’articolo 19 citato, relativo alla indicazione
delle modalità di impugnazione, puo’ ritenersi assolto quando nell’atto e
contenuto il riferimento alla fonte normativa che disciplina la materia, e cioè
al D.Lgs. n. 546/1992. Il destinatario di un provvedimento avente natura
tributaria, per la complessità del sistema, deve essere messo nelle condizioni
di individuare con facilità le nonne processuali nella specie applicabili,
proprio perchè il processo tributario presenta sicuri profili di specialità
rispetto al processo civile o amministrativo. La norma in esame fa riferimento
espresso alle "forme" da osservare ai sensi del successivo articolo 20 (che è
quello che disciplina la proposizione del ricorso), per cui un richiamo alla
intera normativa sul contenzioso tributario è senz’altro idoneo e sufficiente
ad orientare il destinatario dell’atto anche per la fase della introduzione del
giudizio;
cc) l’obbligo
di indicare la Commissione Tributaria competente per territorio comporta che
l’autore dell’atto deve individuare in concreto la specifica Commissione
tributaria competente per territorio, non essendo sufficiente una indicazione
generica e ripetitiva della formula usata dal legislatore. Nella specie cio’ non
è stato fatto, poichè l’autore del provvedimento non ha individuato la
Commissione specificamente competente per territorio ma si è limitato ad
indicare la Commissione Tributaria Provinciale. C’è, pero’ da rilevare che
l’omessa o l’incompleta indicazione non comporta una nullità dell’atto sia
perchè una tale conseguenza non è prevista dal legislatore, e sia perchè si
tratta di una semplice irregolarità del tutto irrilevante. Scopo della norma,
infatti, è soltanto quello di agevolare il compito del contribuente che voglia
impugnare l’atto, senza che una eventuale inosservanza della previsione assuma
lo spessore della massima sanzione conosciuta dall’ordinamento, che e costituita
dalla nullità dell’atto medesimo.
Occorre a
questo proposito fare riferimento ad un contesto normativo processuale
(generale, e speciale tributario) che, nel suo complesso, pone l’onere di
individuare l’organo giurisdizionale esclusivamente su chi presenta un ricorso,
onere che è autonomo e che prescinde dall’osservanza di eventuali obblighi di
specificazione posti a carico di altri soggetti. Una conferma per questa
impostazione deriva dal fatto che la legge n. 212/200 (meglio conosciuta come lo
Statuto del contribuente), dopo avere ribadito all’articolo 7, comma secondo,
lettera d) la necessità che nell’atto venga indicato l’organo giurisdizionale
cui potere ricorrere, non ha poi previsto alcuna sanzione nel caso di omessa o
incompleta indicazione. L’art. 6 D.Lgs. n. 32/2001, che ha dato attuazione allo
Statuto, allorchè ha modificato l’art. 10 D.Lgs. n. 507/1993 in tema di imposta
di pubblicità, ha privilegiato il profilo della necessità della motivazione
dell’atto in tutte le sue implicazioni, ma non ha preso in alcuna considerazione
il profilo della omessa o incompleta indicazione dell’organo giurisdizionale cui
ricorrere. Da tutto cio’ si deve dedurre la volontà del legislatore, espressa
sia pure implicitamente anche nella importante sede dello Statuto, di non
assegnare a questo vizio la capacità di produrre la nullità dell’atto.
Con il
secondo motivo la società ha dedotto violazione e falsa applicazione degli
articoli 5 e 8 l. n. 507/93, nonchè travisamento dei fatti ed errore di
giudizio di fatti, e vizi della motivazione in quanto la Commissione Regionale
avrebbe dato rilievo unicamente alla dimensione delle scritte apposte sulle
pareti esterne dello stabilimento senza prendere in considerazione altri
parametri. In particolare, ha evidenziato come nessuna idoneità pubblicitaria
puo’ avere l’acronimo GFP, che è un marchio/insegna e che non individua nè una
attività, nè un servizio, nè un prodotto, e che è inidoneo a promuove