GiurisprudenzaPenale

Reato di evasione Iva all’importazione. Ne risponde anche chi detiene la merce dopo l’importazione – Cassazione Penale, Sentenza 42161/2010

Con la decisione in esame la Corte, disattendendo un proprio precedente, ha affermato che il reato di evasione dell’Iva all’importazione, previsto dagli artt. 67 e 70 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, è configurabile non soltanto a carico dei soggetti che hanno importato la merce assoggettata al tributo, ma anche a carico di chi semplicemente la detiene dopo l’importazione.

Il precedente da cui la Terza Sezione prende le distanze è la sentenza, sempre della medesima sezione, n. 19514/2010.
In sostanza – motiva la Cassazione per giustificare il diverso orientamento di cui alla decisione in rassegna – l’art.34 del D.P.R. n.43/1973 ( Diritti doganali e diritti di confine) dispone che” si considerano diritti doganali tutti quei diritti che la dogana è tenuta a riscuotere in forza di una legge, in relazione alle operazioni doganali. Fra i diritti doganali costituiscono diritti di confine i dazi d’importazione e quelli di esportazione, i prelievi e le altre imposizioni all’importazione o all’esportazione previsti dai regolamenti comunitari e dalle relative norme di applicazione e inoltre, per quanto concerne le merci in importazione, i diritti di monopolio, le sovrimposte di confine e ogni altra iposta di consumo a favore dello Stato).

L’IVA dovuta all’importazione è, quindi, uno dei diritti di confine, avendo natura d’imposta di consumo a favore dello Stato, la cui imposizione e riscossione spetta alla dogana in occasione della relativa operazione d’importazione.

Il reato di evasione dell’Iva all’importazione non è limitato all’ipotesi dell’introduzione della merce nel territorio doganale comunitario, sussistendo in tutte le ipotesi in cui vi è sottrazione all’obbligo di pagamento dei diritti di confine o al compimento delle formalità doganali.

Secondo l’art. 70 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, costituente un vero e proprio Testo Unico sull’imposta sul valore aggiunto (c.d VAT Package) , in materia di Iva all’importazione ” il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata l’importazione di beni” e, secondo il paragrafo 2 dell’articolo successivo, ” quando i beni importati sono assoggettati a dazi doganali, prelievi agricoli o imposte di effetto equivalente istituiti nell’ambito di una politica comune, il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui scattano il fatto generatore e l’esigibilità dei predetti dazi e prelievi”.

Orbene, la disciplina doganale non prevede come fatto generatore dell’obbligazione doganale la sola introduzione della merce nel territorio comunitario( art.202 del Regolamento CEE 12 ottobre 1992 n. 2913, Codice Doganale Comunitario, CDC).

L’art.203 del CDC prevede, infatti che l’obbligazione doganale sorga anche in seguito ” alla sottrazione al controllo doganale di una merce soggetta a dazi d’importazione”

Nel caso di specie, non essendosi dimostrato che gli imputati abbiano in qualche modo partecipato alla materiale, e irregolare, introduzione di merci nel territorio comunitario, occorreva verificare se la conservazione dei tabacchi lavorati nei locali in cui erano stati rinvenuti costituisse un’ipotesi di sottrazione al controllo doganale, fatto da cui derivava l’obbligo di pagamento dell’IVA all’importazione.

Occorre in proposito ricordare che l’articolo 203 CDC prevede che l’obbligazione doganale all’importazione sorge “all’atto della sottrazione al controllo doganale” e, al successivo paragrafo che sono debitori:

“- la persona che ha sottratto la merce al controllo doganale
– le persone che hanno partecipato a tale sottrazione sapendo o dovendo, secondo ragione, sapere che si trattava di una sottrazione di merce al controllo doganale
– le persone che hanno acquistato o detenuto la merce e sapevano o avrebbero dovuto, secondo ragione, sapere allorquando l’hanno acquisita o ricevuta che si trattava di merce sotratta al controllo doganale e, – se del caso, la persona che deve adempiere agli obblighi che comporta la permanenza della merce in custodia temporanea o l’utilizzazione del regime doganale al quale la merce è stata vincolata”.

In conclusione, il debito dell’Iva all’importazione può sorgere anche successivamente all’introduzione della merce nel territorio comunitario a carico dei soggetti indicati nell’art. 203 CDC, inerendo l’iva all’importazione non alla persona dell’importatore, ma al bene importato donde la configurabilità del reato a carico di chi lo detiene dopo l’importazione a seguito della sua irregolare sottrazione al suddetto controllo.

Nelle sentenze 1 febbraio 2001, in causa C-66/99 e 11 luglio 2002, in causa C-37199 la Corte di Giustizia, le cui pronunce sono vincolanti per il giudice nazionale, ha affermato il principio che una irregolarità che debba essere qualificata come sottrazione alla sorveglianza doganale comporta sempre lo svincolo delle merci dei regimi di libera pratica o di sospensione d’imposta e, quindi, l’immediata insorgenza dell’obbligazione doganale e che la nozione di sottrazione alla sorveglianza doganale deve essere intesa nel senso che essa comprende qualsiasi azione o omissione che ha come risultato di impedire, anche momentaneamente e anche dopo l’inroduzione, clandestina o non, della merce sul territorio nazionale, all’autorità doganale competente di accedere a una merce sotto sorveglianza doganale e di effettuare i controlli previsti dalla normativa doganale.

(Litis,it, 12 Dicembre 2010. Cassiodoro Vicinetti)

Sentenza n. 40161 del 7 ottobre 2010 – depositata il 29 novembre 2010
(Sezione Terza Penale, Presidente E. Altieri, Relatore A. Teresi)

 

 

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