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Concorsi in itinere ed applicazione delle norme sopravvenute. Tutela dell’affidamento – Consiglio di Stato Adunanza Plenaria, Sentenza 9/2011

La norma dell’art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007 si qualifica come interpretativa, e quindi retroattiva, in quanto assegna “alla disposizione interpretata un significato riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario” (Corte Costituzionale, 28 marzo 2008, n. 74); un significato, invero, la cui coerenza con il testo della disposizione interpretata è stata anche riconosciuta in taluni giudizi. Il citato comma 91 ha quindi l’effetto di incidere sul procedimento concorsuale in atto, poiché questo ne è il solo oggetto, e di regolarlo retroattivamente secondo il significato normativo del comma 519 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 con esso chiarito, in quanto norma di interpretazione autentica. Se così non fosse la disposizione introdotta con l’art. 3, comma 91, della legge n. 296 del 2006 risulterebbe inutile e dunque tamquam non esset, poiché, pur se emanata per definire il requisito soggettivo di partecipazione alla sola procedura selettiva in atto, con la limitazione al quinquennio del periodo di servizio pregresso, non avrebbe al riguardo alcun effetto se il requisito dei 120 giorni di servizio restasse comunque esteso oltre il quinquennio.

Neanche si può ammettere rilievo, peraltro, in forza del principio comunitario di tutela del legittimo affidamento, la ammissione con riserva di alcuni candidati siano stati ammessi con riserva per effetto di pronunce cautelari ed abbiano quindi conseguito l’immissione nei ruoli, essendo la meritevolezza di tale affidamento di per sé esclusa dalla efficacia interinale e precaria delle misure cautelari, per loro natura inidonee a determinare l’insorgenza dell’aspettativa in merito alla stabilità ed irretrattabilità di una attribuzione intervenuta in contrasto con il quadro normativo risultante da un intervento di interpretazione autentica costituzionalmente corretto.

(© Litis.it, 28 Maggio 2011 – Riproduzione riservata)

Consiglio di Stato Adunanza Plenaria, Sentenza n. 9 del 24/05/2011

FATTO

1. L’art. 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha stabilito che “Per l’anno 2007 una quota pari al 20 per cento del fondo di cui al comma 513 è destinata alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, che ne faccia istanza, purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive. .… Nei limiti del presente comma, la stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è consentita al personale che risulti iscritto negli appositi elenchi, di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, da almeno tre anni ed abbia effettuato non meno di centoventi giorni di servizio. Con decreto del Ministro dell’interno, fermo restando il possesso dei requisiti ordinari per l’accesso alla qualifica di vigile del fuoco previsti dalle vigenti disposizioni, sono stabiliti i criteri, il sistema di selezione, nonché modalità abbreviate per il corso di formazione”.

2. Con bando del Ministero dell’interno del 27 agosto 2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 settembre 2007, è stato dato seguito a quanto previsto nell’ultimo periodo del comma citato relativo alla stabilizzazione del personale volontario.

In particolare:

-con l’art. 1 è stata indetta “una procedura selettiva, per titoli ed accertamento dell’idoneità motoria, per la copertura di posti, nei limiti previsti dall’art. 1, comma 519, della legge n.296/2006 nella qualifica di vigile del fuoco nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, riservata al personale volontario del C.N.VV.F. che, alla data del 1° gennaio 2007, risulti iscritto negli appositi elenchi di cui all’art. 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, da almeno tre anni e, alla medesima data, abbia effettuato non meno di 120 giorni di servizio”;

-con l’art. 2 è stato previsto che “per l’ammissione alla procedura selettiva sono richiesti i seguenti requisiti: a) iscrizione negli elenchi di cui all’art. 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, da almeno tre anni alla data del 1° gennaio 2007; b) aver prestato servizio, alla data del 1° gennaio 2007, per non meno di 120 (centoventi) giorni in qualità di volontario del C.N.VV.F.”.

Entro il termine fissato dal bando (12 ottobre 2007) gli attuali appellanti hanno presentato le domande di partecipazione alla selezione. In punto di fatto, è incontroverso che essi risultano iscritti negli appositi elenchi da almeno tre anni ed hanno prestato servizio – quali volontari del corpo – per non meno di centoventi giorni alla data del 1° gennaio 2007, ma in un periodo risalente nel tempo, oltre il quinquennio previsto nel primo periodo dell’art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006.

3. Dopo la scadenza del termine di presentazione delle domande, è entrato in vigore l’art. 3, comma 91, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (la cui rubrica è intitolata ‘Requisiti per la stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco’), per il quale “il limite massimo del quinquennio previsto dal comma 519 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, al fine della possibilità di accesso alle forme di stabilizzazione di personale precario, costituisce principio generale e produce effetti anche nella stabilizzazione del personale volontario del corpo nazionale dei vigili del fuoco nelle forme disciplinate dalla medesima legge. Conseguentemente la disposizione che prevede il requisito dell’effettuazione di non meno di centoventi giorni di servizio, richiesto ai fini delle procedure di stabilizzazione, si interpreta nel senso che tale requisito deve sussistere nel predetto quinquennio”, cioè nel periodo 2 gennaio 2002 – 1° gennaio 2007.

Il Ministero dell’interno quindi, con i provvedimenti impugnati in primo grado adottati in applicazione della disposizione di legge ora citata, ha escluso gli appellanti dal procedimento concorsuale, avendo essi svolto l’attività lavorativa di centoventi giorni prima del 2 gennaio 2002.

4. Con i ricorsi di primo grado, proposti al TAR per il Lazio, gli interessati hanno impugnato gli atti di esclusione, proponendo censure con cui è stata lamentata la violazione delle specifiche previsioni del bando, dell’art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006 e dell’art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007, la presenza di vari profili di eccesso di potere, per lesione del principio dell’affidamento, nonché l’incostituzionalità delle medesime disposizioni di legge, ove interpretate nel senso ostativo alla partecipazione al concorso.

5. Con le sentenze indicate in epigrafe, tutte rese in forma semplificata, il TAR ha respinto i ricorsi, rilevando che: a) l’art. 1, comma 519, della n. 296 del 2006 ha destinato il 20 per cento del fondo di cui all’art.1, comma 96, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, alla stabilizzazione del personale precario; b) già sulla base del medesimo comma 519 la procedura di stabilizzazione di cui si tratta doveva aver luogo “nei limiti” individuati per le altre categorie di personale indicate nello stesso comma, ivi compreso, dunque, il limite della effettuazione del periodo minimo lavorativo richiesto nel quinquennio anteriore alla sua entrata in vigore; c) il bando del concorso va interpretato sulla base delle disposizioni dell’art. 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n. 296; d) l’art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007 è come norma interpretativa, da applicare con effetto retroattivo; e) è ragionevole la limitazione temporale riferita al quinquennio, poiché la ratio della regolarizzazione è stata quella di tenere conto della posizione dei lavoratori assunti a tempo determinato presso le pubbliche amministrazioni che, ai sensi dell’art. 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per il triennio 2005-2007, non hanno potuto disporre assunzioni a tempo indeterminato; f) legittimamente l’Amministrazione ha disposto gli atti di esclusione in applicazione del principio tempus regit actum, essendo nel frattempo entrata in vigore la citata disposizione interpretativa di cui all’art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007); g) sono manifestamente infondate le dedotte questioni di legittimità Costituzionale, anche con riferimento al profilo della tutela dell’affidamento dei partecipanti.

6. Con gli appelli in epigrafe sono state impugnate le sentenze del TAR, chiedendo che, in loro riforma, i ricorsi di primo grado siano accolti.

Ad avviso degli appellanti il TAR: a) non ha rilevato come l’Amministrazione avrebbe dovuto unicamente applicare il bando di gara, non recante il requisito dello svolgimento della attività lavorativa entro il quinquennio, pur essendo espressamente indicati i requisiti di partecipazione al concorso; b) ha errato nella interpretazione dell’art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006; c) avrebbe dovuto dare una soluzione coerente con il principio di tutela del legittimo affidamento dei partecipanti alle selezioni concorsuali e con quello di irretroattività delle disposizioni legislative restrittive in materia di requisiti di partecipazione alle dette selezioni, anche tenuto conto delle posizione consolidate sorte dalle specifiche previsioni del bando del concorso; f) avrebbe dovuto sollevare distinte questioni di legittimità Costituzionale, sia dell’art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006 (in quanto illogico e discriminatorio), che dell’art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007 (in quanto la disposizione ‘interpretativa’ avrebbe violato i principi costituzionali sui limiti entro i quali il legislatore può emanare una norma retroattiva).

7. Nelle camere di consiglio fissate presso la Sesta Sezione di questo Consiglio per l’esame delle istanze cautelari degli appellanti (volte alla sospensione della esecutività delle sentenze appellate e alla loro ammissione con riserva al concorso), la Sezione ha emanato ordinanze dal diverso contenuto ma in prevalenza di accoglimento rilevando, in particolare, che “la sopravvenienza di norma, sia pure interpretativa, in assenza di modifica da parte dell’amministrazione, non vale a modificare le norme del bando precedentemente approvato, che costituisce lex specialis della procedura; considerato che per effetto della esclusione dalle prove concorsuali i ricorrenti patirebbero danni gravi e irreparabili” (ordinanza n. 2856 del 2009) ovvero che “la efficacia conformativa di un bando di concorso non possa essere modificata, quanto a requisiti partecipativi, da successiva disposizione normativa, sia pur di natura interpretativa, quante volte la selezione si sia già svolta – come nella specie, in cui era già stata stilata la graduatoria provvisoria – secondo le regole procedimentali cristallizzate nel bando medesimo” (ordinanza n. 6130 del 2009).

8. La medesima Sezione, peraltro, con la sentenza 3 maggio 2010, n. 2519, ha respinto un distinto ricorso in appello osservando, in sintesi, che: a) dall’art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006, emerge che l’estensione delle procedure di stabilizzazione al personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è prevista “nei limiti” già individuati per le altre categorie di personale indicate nello stesso comma, compreso dunque il limite dell’espletamento del periodo minimo lavorativo richiesto nel quinquennio anteriore la stessa disposizione; b) la suddetta norma, nella parte in cui estende la procedura in parola anche al personale volontario, ove ha voluto introdurre espressamente limiti diversi ai detti fini, lo ha fatto (riferendo il triennio al periodo minimo di iscrizione nelle liste del personale volontario e prescrivendo, a differenza dalle altre categorie di personale, una più limitata prestazione di lavoro di almeno 120 giorni), dovendosi perciò ritenere il limite del quinquennio fissato in via generale per tutti; c) l’art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007, ha quindi un mero effetto di esplicitazione del significato già immanente del comma 519, dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, così indubbiamente assumendo natura di norma d’interpretazione autentica priva di portata innovativa. Sulla medesima questione la Sezione si è anche pronunciata con la sentenza 21 luglio 2010, n. 4791, nella quale, nel respingere un ulteriore ricorso in appello, si afferma che la regola della non applicazione delle norme sopravvenienti alle procedure di concorso “non può valere ove la norma sopravvenuta, come nella specie, abbia natura interpretativa, come si desume dal suo tenore letterale, che richiama un principio generale previgente, ed è volto ad attribuire un significato preciso ad una disposizione preesistente”.

9. Nel corso di uno dei giudizi d’appello (il n. 6301 del 2008), che ha condotto all’accoglimento della domanda cautelare degli interessati, la Sesta Sezione, con l’ordinanza n. 6532 del 23 dicembre 2008: a) ha interpretato l’art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006 nel senso che esso ha consentito l’ammissione al procedimento di stabilizzazione solo dei volontari che avessero svolto l’attività lavorativa di centoventi giorni unicamente “nel quinquennio” anteriore all’entrata in vigore della medesima legge; b) ha ritenuto rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di costituzionalità dedotte dagli interessati, con riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione rimettendone l’esame alla Corte costituzionale.

10. La Corte Costituzionale, con la sentenza 20 ottobre 2010, n. 303, ha dichiarato non fondate le medesime questioni di costituzionalità, rilevando che la discrezionalità del legislatore nell’individuare il personale precario – già destinatario di un precedente divieto di assunzione – da ammettere alle procedure di stabilizzazione, è stata correttamente esercitata premiando “le professionalità più aggiornate”, quale “indice di capacità operative nuovamente esercitate e collaudate, sì da rendere plausibilmente più affidabili e meritevoli i vigili del fuoco concretamente impegnati in un passato piuttosto recente” e presumibilmente rimasti disoccupati, e in considerazione delle ‘insuperabili esigenze economiche sottese alle dimensioni contenute del fondo da cui attingere i mezzi necessari alla stabilizzazione’, ciò che “preclude –non irragionevolmente –l’adozione di requisiti talmente ampi da determinare un’eccessiva crescita degli aspiranti, con oneri insostenibili per la finanza pubblica”. Né, si conclude “può essere considerata di per sé sola arbitraria, come più volte affermato da questa Corte… l’opzione legislativa di valorizzare la collocazione temporale del servizio prestato ai fini del riconoscimento di un dato beneficio ai pubblici dipendenti”.

11. Con distinte memorie, gli appellanti hanno osservato che la sentenza della Corte Costituzionale non ha esaurito le questioni rilevanti nei giudizi, poiché – pur interpretato l’art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006 nel senso a loro sfavorevole e pur rilevata la sua conformità ai principi costituzionali – resta il fatto incontrovertibile che il bando – mai modificato, neppure dopo la disposizione di interpretazione autentica di cui alla legge n. 244 del 2007 – non ha annoverato tra i prescritti requisiti lo svolgimento dell’attività nel quinquennio; conserverebbero perciò rilevanza le deduzioni contenute negli atti di appello riguardanti la necessaria tutela dell’affidamento, sorto con l’indizione del bando e la proposizione delle domande di partecipazione. Gli appellanti hanno anche richiamato i principi enunciati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo sui limiti entro i quali il legislatore nazionale può emanare norme aventi efficacia retroattiva.

12. Dopo la pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale l’udienza pubblica di trattazione degli appelli presso la Sesta Sezione è stata fissata alla data del 14 dicembre 2010; nell’udienza il Collegio, disposta la riunione degli appelli, ha adottato ordinanza di rimessione del loro esame all’Adunanza Plenaria in ragione della delicatezza delle questioni controverse.

DIRITTO

1. Nella suddetta ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria si rileva quanto segue.

1.1. La sentenza della Corte Costituzionale n. 303 del 2010 ha prodotto un “vincolo” soltanto nel giudizio d’appello n. 6301 del 2008 e per le questioni specificamente decise dalla Corte, rimanendo impregiudicate le ulteriori questioni sollevate dagli appellanti e, negli altri giudizi riuniti, ogni questione, anche quella sull’effettivo ambito di applicazione del richiamato art. 1, comma 519, non incidendo la sentenza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale sul potere-dovere del giudice della controversia di interpretare la legge in autonomia ai sensi dell’art. 101, secondo comma, della Costituzione.

1.2. Rispetto all’interpretazione per cui il riferimento nel primo periodo del comma 519 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 allo svolgimento del servizio nel “quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge” sarebbe disposizione di carattere generale, si può sostenere che: a) l’ultimo periodo del comma ha indicato tassativamente i requisiti prescritti per la partecipazione alla procedura; b) il richiamo ai “limiti del presente comma” deve ritenersi riferito al limite della quota del fondo di cui al precedente comma 513; c) nell’art. 2 del bando del 27 agosto 2007 non è stato prescritto tra i requisiti per l’ammissione lo svolgimento del periodo di servizio nel quinquennio 2 gennaio 2002 – 1° gennaio 2007; d) secondo giurisprudenza i bandi di un procedimento selettivo che indicano i requisiti di partecipazione devono essere applicati anche se in contrasto con disposizioni di legge, fin quando non sospesi o annullati, e se una previsione del bando risulti oscura od ambigua, l’Amministrazione deve interpretarla secondo i principi dell’affidamento e del favor della partecipazione.

1.3. Né su ciò inciderebbe la normativa sopravvenuta dell’art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007, poiché, considerato anche che il Ministero dell’interno non ha modificato il bando ma ha disposto l’esclusione in diretta applicazione della detta normativa, può ritenersi formato un legittimo affidamento degli appellanti fondato: a) sulla obiettiva ambiguità dell’art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006; b) sul fatto che il Ministero dell’interno nell’art. 2 del bando ha interpretato il comma 519 nel senso della esclusione del requisito del “quinquennio”; c) sul richiamo nelle ordinanze della Sesta Sezione al rilievo decisivo del contenuto del bando, con l’ammissione alle prove di alcuni interessati che hanno anche assunto servizio (pur se i rapporti di lavoro sarebbero caducati nel caso di reiezione degli appelli in esame).

1.4. Se però si ritenesse che l’Amministrazione debba applicare – con prevalenza sul bando – una legge successiva retroattiva, diventa rilevante l’esame della natura dell’art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007, dovendosi verificare se tale norma abbia realmente natura interpretativa.

Al riguardo: a) rilevano i principi affermati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, per i quali la legge interpretativa generale e astratta (comunque irrilevante a fronte di un giudicato) è conforme all’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo solo se supportata da “motivi imperativi di interesse generale”, configurabili quando la norma interpretativa corrisponda all’originario contenuto di quella interpretata risolvendo oscillazioni giurisprudenziali (sentenza sul caso Zielinsky contro Francia del 28 ottobre 1999); b) rispetto alla formazione di un affidamento rileva anche l’ulteriore orientamento della Corte Europea dei diritti dell’uomo, per cui la legge retroattiva può avere un carattere generale e astratto nel rispetto dei limiti indicati nella sentenza Zielinsky, ma non può mai retroattivamente incidere su un “numero limitato di soggetti” (§ 55), “contra personam” (§58) ed estinguere “diritti intangibili” (§ 55 ss.), cioè posizioni consolidate, anche se non prese in considerazione da decisioni irrevocabili (sentenza sul caso Lizarraga c. Spagna, Sez. IV, 10 novembre 2004).

Nella specie, l’art. 3, comma 91, presenta la fisionomia della legge provvedimento retroattiva vietata dall’art. 6 della CEDU, e non di “norma di interpretazione autentica” generale e astratta, recando la lettura di una precedente “legge provvedimento” e ponendosi, di conseguenza, la questione della sua conformità con l’articolo 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

1.5. Se comunque si ritenga che gli appelli non possano essere accolti per la preclusione derivante dall’art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007, rileva nel giudizio l’ulteriore questione se, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il possibile contrasto di una legge provvedimento retroattiva con l’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo possa essere senz’altro constatato dal giudice competente sulla controversia o comportare l’emanazione di una ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, per la valutazione di una questione di incostituzionalità per violazione dell’art. 117 Cost. e del “parametro interposto” costituito dall’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

2. L’ordinanza conclude rimettendo all’Adunanza Plenaria la valutazione: a) se per l’accoglimento di tutti gli appelli (anche di quello n. 6301 del 2008) sia sufficiente constatare il contrasto dei provvedimenti di esclusione con l’art. 2 del bando; b) nel caso di soluzione negativa (e per i giudizi diversi da quello n. 6301 del 2008), se sia corretta l’interpretazione “estensiva” dell’art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006, poiché, se si ritenga che l’art. 2 del bando vi abbia dato legittima applicazione nel non richiedere anche il requisito del “quinquennio”, i provvedimenti di esclusione risulterebbero in contrasto non solo col bando, ma anche con la stessa legge; c) qualora l’accoglimento degli appelli sia ritenuto precluso dall’art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007, se questa norma contrasti con l’art. 6 della CEDU; d) qualora si ritenga sussistere il detto contrasto, se vada applicato il divieto posto dall’art. 6 della CEDU (e dunque l’art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007 non sia applicato), col conseguente accoglimento degli appelli, ovvero gli atti vadano trasmessi alla Corte Costituzionale.

3. L’Adunanza Plenaria ritiene che gli appelli in epigrafe non possano essere accolti per le ragioni che seguono.

3.1. Per la definizione della controversia in esame è necessario esaminare tre questioni e cioè: se la norma posta con l’articolo 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007 sia una norma di interpretazione autentica, e quindi ad efficacia retroattiva; se tale efficacia possa incidere sulla disciplina di un procedimento concorsuale in atto; e se, pur possibile tale incidenza, nella specie sia maturata per i ricorrenti una posizione di affidamento idonea a contrastare il possibile dispiegamento del detto effetto retroattivo.

3.2. Rispetto alla prima questione la Corte Costituzionale, richiamato che il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica con l’effetto proprio della vincolatività retroattiva, ha anche chiarito, ad evitare il fenomeno di norme dichiarate come interpretative che dissimulano norme in effetti innovative indebitamente dotate di efficacia retroattiva, che il primo, fondamentale presupposto perché una norma sia qualificabile di interpretazione autentica è che il significato della norma interpretata con essa scelto “rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore” (sentenza 11 giugno 2010, n. 209, e precedenti ivi citati); sul presupposto, evidentemente, che la disposizione interpretata presenti una obiettiva incertezza sul significato normativo che ne può scaturire, con la possibilità di più di un significato non incompatibile con la lettera e la ratio della disposizione stessa, e che tra questi significati rientri ragionevolmente quello ritenuto autentico.

Va osservato al riguardo che in realtà era già plausibile una interpretazione “restrittiva” che limitasse il riconoscimento del servizio al quinquennio precedente; interpretazione avallata anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza citata, in base al solido argomento che solo così si potesse garantire la necessaria attualità dell’esperienza professionale.

Comunque non può negarsi che nella specie sussistono i presupposti di una interpretazione autentica, risultando il significato normativo dell’art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2007, per la parte che qui interessa, quantomeno obiettivamente non chiaro in quanto, come visto più sopra, interpretabile con argomenti sufficienti per sostenere che con l’espressione “Nei limiti del presente comma” si imponga alla procedura di stabilizzazione del personale volontario il solo limite finanziario posto nella prima parte del comma ovvero anche quello dell’osservanza del requisito soggettivo dei 120 giorni di servizio nel quinquennio precedente l’entrata in vigore della legge, altresì ivi posto, e risultando anche obiettivamente che la seconda interpretazione non è rimasta soltanto un’ipotesi astratta ma è stata ritenuta l’unica possibile in pronunce del giudice amministrativo (in primo e in secondo grado) e giudicata non irragionevole nella sentenza della Corte Costituzionale n. 303 del 2010 in quanto accolta nell’ordinanza di rimessione di questo Consiglio n. 6532 del 2008.

Ne consegue che la norma dell’art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007 si qualifica come interpretativa, e quindi retroattiva, in quanto assegna “alla disposizione interpretata un significato riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario” (Corte Costituzionale, 28 marzo 2008, n. 74); un significato, invero, la cui coerenza con il testo della disposizione interpretata è stata anche riconosciuta in taluni giudizi.

3.3. Per l’esame della seconda questione è necessario richiamare i principi definiti da questo Consiglio in tema di ius superveniens in materia di pubblici concorsi, per i quali le disposizioni normative sopravvenute in materia di ammissione dei candidati, di valutazione dei titoli o di svolgimento di esami di concorso e di votazioni non trovano applicazione per le procedure in itinere alla data della loro entrata in vigore, in quanto il principio tempus regit actum attiene alle sequenze procedimentali composte di atti dotati di propria autonomia funzionale, e non anche ad attività (quale è quella di espletamento di un concorso) interamente disciplinate dalle norme vigenti al momento in cui essa ha inizio. Pertanto, mentre le norme legislative o regolamentari vigenti al momento dell’indizione della procedura devono essere applicate anche se non espressamente richiamate nel bando, le norme sopravvenienti per le quali non è configurabile alcun rinvio implicito nella lex specialis, non modificano, di regola, i concorsi già banditi “a meno che diversamente non sia espressamente stabilito dalle norme stesse”(Sez. IV, 24 agosto 2009, n. 5032; 6 luglio 2004 n. 5018; Sez. VI, 12 giugno 2008, n. 2909).

E’ così affermato il principio generale della inefficacia delle norme sopravvenute a modificare le procedure concorsuali in svolgimento ma è altresì prevista la possibilità che, in via speciale e particolare, tali modifiche possano prodursi ad effetto di normative sopravvenute il cui oggetto specifico sia quel medesimo concorso, quando, evidentemente, il legislatore ragionevolmente ravvisi la necessità di un tale intervento.

Nel caso in esame con il comma 91 dell’art. 3 della legge n. 244 del 2007 si è realizzato tale tipo di intervento, poiché esso reca una norma espressamente diretta ad incidere sul procedimento concorsuale in essere di cui qui si tratta, essendo unico oggetto della norma stessa il comma 519 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 che prevede per il solo anno 2007 uno speciale procedimento di stabilizzazione per il personale volontario, ed essendo stata tale previsione specificamente attuata con il bando del 27 agosto 2007, in quanto recante “una procedura selettiva…per la copertura di posti, nei limiti stabiliti dall’art. 1, comma 519, della legge n. 296/2006, nella qualifica di vigile del fuoco… riservata al personale volontario…”.

Il citato comma 91 ha quindi l’effetto di incidere sul procedimento concorsuale in atto, poiché questo ne è il solo oggetto, e di regolarlo retroattivamente secondo il significato normativo del comma 519 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 con esso chiarito, in quanto norma di interpretazione autentica. Se così non fosse la disposizione introdotta con l’art. 3, comma 91, della legge n. 296 del 2006 risulterebbe inutile e dunque tamquam non esset, poiché, pur se emanata per definire il requisito soggettivo di partecipazione alla sola procedura selettiva in atto, con la limitazione al quinquennio del periodo di servizio pregresso, non avrebbe al riguardo alcun effetto se il requisito dei 120 giorni di servizio restasse comunque esteso oltre il quinquennio.

3.4. In questo quadro deve essere esaminata la questione della formazione per gli appellanti di una posizione di affidamento tutelabile.

Allo scopo va rilevato che, secondo la Corte Costituzionale, una tale posizione può rinvenirsi a fronte di norme pur legittimamente retroattive, come sono quelle interpretative, se esse “incidano irragionevolmente su situazioni regolate da leggi precedenti”, cioè “trasmodino in un regolamento irrazionale di situazioni sostanziali regolate da leggi precedenti” (sentenze n. 525 del 2000 e n. 416 del 1999), risultando con ciò leso il principio di affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica.

Ne consegue che, per converso, un tale affidamento non può dirsi formato se il significato normativo della disposizione interpretata non risultava all’origine siffattamente chiaro da ingenerare affidamento nella sua univoca applicazione, ma era invece obbiettivamente caratterizzato da una riconoscibile ambiguità idonea a produrre incertezza sulle modalità applicative, e se tra i suoi possibili significati vi era quello poi scelto dalla norma interpretativa che, in tale caso, non può dirsi veicolo di un regolamento irrazionale della fattispecie.

Nel caso di specie: a) il significato normativo dell’ultimo periodo dell’art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006 riguardo all’arco temporale di svolgimento del servizio richiesto di 120 giorni non poteva dirsi di chiarezza immediata e tale da far maturare un legittimo affidamento in un suo evidente e univoco significato, in quanto la disposizione poteva risultare, come prima illustrato, quantomeno ambigua e quindi riconoscibile come soggetta ad un possibile intervento interpretativo; b) non possono valere in contrario: b.1) il richiamo fatto negli appelli al contenuto del decreto ministeriale del 30 luglio 2007, recante i criteri per la procedura selettiva, e a quello del bando del 27 agosto successivo, poiché in entrambi i casi si tratta di contenuto meramente ripetitivo, per quanto qui interessa, della previsione del comma 519 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, senza ulteriori specificazioni sul periodo di riferimento; b.2) quello, altresì fatto, alla affissione presso i comandi provinciali dei Vigili del fuoco dell‘“elenco di attestazione dei titoli, relativo alla procedura per la stabilizzazione del personale volontario del C.N.VV.F.”, il cui avviso è comparso sulla Gazzetta Ufficiale del 13 settembre 2007, trattandosi, come previsto nell’art. 5 del bando ed indicato nella intitolazione degli elenchi, della mera attestazione dei titoli presentati al fine di eventuali correzioni su sollecitazione degli interessati, e non della loro validazione al fine della formazione della graduatoria; c) il significato normativo del comma 519 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 precisato con la norma interpretativa di cui all’art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007, rientra infine, come visto, tra quelli ascrivibili alla norma interpretata essendo, invero, l’uno dei due soli significati ragionevolmente ipotizzabili e non recando perciò una regolazione irrazionale delle situazioni disciplinate.

3.5. Pur dovendo essere considerata la massima rilevanza di quanto prospettato dalla richiamata giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo sui limiti e i possibili vizi delle leggi interpretative, si deve osservare che tale giurisprudenza non riguarda le dette leggi in via generale ma la loro compatibilità con quanto prescritto dall’art. 6 della CEDU, e perciò rispetto al “diritto ad un processo equo” ivi disciplinato, essendo riferita a casi di norme retroattive interferenti con giudizi in corso e quindi ritenute in contrasto con il principio per cui, salvo motivi imperativi di interesse generale, alla luce dell’art. 6 non è consentita “l’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia allo scopo di influire sulla conclusione del procedimento giurisdizionale” (Sez. IV, caso Lizarraga contro Spagna cit., § 64).

Diverso è il caso in esame poiché la norma retroattiva di cui all’art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007 non è stata approvata in relazione a controversie pendenti per l’applicazione della disposizione interpretata, essendo al contrario insorte le controversie di cui qui si tratta (come quelle già decise con le sentenze della VI Sezione n. 2519 e n. 4791 del 2010), a seguito dei provvedimenti di esclusione dei ricorrenti adottati sulla scorta della disposizione suddetta. Né la citata giurisprudenza della Corte di Strasburgo può essere ritenuta adattabile ai casi in controversia per il motivo che, come prospettato in taluni appelli, comunque la disposizione interpretativa di cui qui si discute sarebbe volta ad incidere su giudizi, sia pure con l’obiettivo di prevenirne l’insorgere, essendo questo, invero, fine proprio e normale di ogni normativa.

3.6. Alla luce di quanto sinora esposto l’Adunanza Plenaria non ritiene neppure che sussistano profili di incostituzionalità dell’art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007, in quanto, come visto, norma correttamente configurata come interpretativa retroattiva e recante un significato normativo della disposizione interpretata già giudicato dalla Corte Costituzionale, nella sentenza n. 303 del 2010, non irragionevole né viziato rispetto agli articoli 3 e 97 della Costituzione; né la norma risulta meritevole di rimessione alla Corte per il profilo della lesione del legittimo affidamento, non esaminato nella detta sentenza, non ritenendosi sussistente, come anche visto, la lesione di tale principio per effetto dell’applicazione della norma stessa.

Neanche si può ammettere rilievo, peraltro, in forza del principio comunitario di tutela del legittimo affidamento, alla circostanza che taluni candidati siano stati ammessi con riserva per effetto di pronunce cautelari ed abbiano quindi conseguito l’immissione nei ruoli, essendo la meritevolezza di tale affidamento di per sé esclusa dalla efficacia interinale e precaria delle misure cautelari, per loro natura inidonee a determinare l’insorgenza dell’aspettativa in merito alla stabilità ed irretrattabilità di una attribuzione intervenuta in contrasto con il quadro normativo risultante da un intervento di interpretazione autentica costituzionalmente corretto.

3.7. Da tutto ciò consegue la legittimità dei provvedimenti dell’Amministrazione impugnati in primo grado, in quanto correttamente applicativi della regola della procedura selettiva di cui si tratta come definita dalla normativa di cui al comma 519 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 nel significato esplicitato con efficacia retroattiva dal comma 91 dell’art. 3 della legge n. 244 del 2007.

4. Per quanto considerato i riuniti appelli in epigrafe sono infondati e devono perciò essere respinti.

La complessità delle questioni di diritto affrontate e la delicatezza e la particolarità delle controversie esaminate giustificano tuttavia la compensazione tra le parti delle spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe, riuniti, li respinge.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 2 maggio 2011, con l’intervento dei magistrati:

Pasquale de Lise, Presidente del Consiglio di Stato
Giancarlo Coraggio, Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato
Gaetano Trotta, Presidente di Sezione
Stefano Baccarini, Presidente di Sezione
Pier Luigi Lodi, Presidente di Sezione
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Marco Lipari, Consigliere
Marzio Branca, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Anna Leoni, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore
Sergio De Felice, Consigliere
Angelica Dell’Utri, Consigliere
   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 24/05/2011

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