La commissione giudicatrice di una gara di appalto si esaurisce solo con l’aggiudicazione – Consiglio di Stato, Sentenza n. 2999/2011
La specifica funzione di cui è investita la commissione giudicatrice di una gara di appalto si esaurisce solo allorquando il competente organo della stazione appaltante fa proprio, approvandolo, il lavoro della commissione stessa, procedendo quindi all’aggiudicazione della gara o comunque alla conclusione del procedimento. Di conseguenza, fino alla trasmissione degli atti all’organo competente alla loro approvazione la commissione può, ed anzi deve, correggere gli eventuali errori nei quali sia incorsa, così dando attuazione al principio di legalità.
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Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 2999 del 20/05/2011
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio, sede di Roma, rubricato al n. 3919/04, la s.r.l. Itinera impugnava la nota in data 19 febbraio 2004, con la quale Rete ferroviaria italiana s.p.a.. Direzione legale S.O. di Venezia, le aveva comunicato l’esclusione dalla licitazione privata per l’affidamento di lavori e forniture per manutenzione per gli anni 2004 – 2005 nella circoscrizione territoriale Sud, nella quale era risultata aggiudicataria provvisoria, per anomalia dell’offerta; impugnava inoltre il verbale della commissione di gara in data 19 febbraio 2004, nella parte in cui aveva escluso Cesarato costruzioni s.r.l. e dichiarato aggiudicataria provvisoria Veneta Dal Farra s.r.l., la nota in data 13 febbraio 2004, di convocazione per la predetta seduta della commissione di gara, e l’aggiudicazione definitiva.
La ricorrente deduceva :
1) la commissione di gara aveva esaurito il proprio compito con l’individuazione dell’aggiudicatario provvisorio, per cui non era legittimata a svolgere attività ulteriore;
2) l’errata formulazione dell’offerta della Cesarato costruzioni s.r.l., che ha applicato il ribasso anche agli oneri per la sicurezza, costituisce palesemente un refuso.
La ricorrente chiedeva quindi l’annullamento dei provvedimenti impugnati.
Con la sentenza in epigrafe, n. 1071 in data 14 febbraio 2006, il Tribunale amministrativo del Lazio, sede di Roma, Sezione III ter, respingeva il ricorso.
2. Avverso la predetta sentenza propone l’appello in epigrafe, n. 5553/06, Francesco Comune costruzioni s.r.l., succeduta ad Itinera s.r.l. in virtù di atto di cessione di ramo d’azienda, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado.
Si è costituita in giudizio Rete ferroviaria italiana s.p.a. depositando il relativo atto.
La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 19 aprile 2011.
3. L’appello è infondato.
3a. La prima argomentazione è di dubbia ammissibilità in quanto l’appellante si limita a riproporre la censura dedotta in primo grado, sostanzialmente senza contestare la pronuncia del primo giudice.
La questione può comunque essere superata in quanto la censura originaria è infondata.
Invero, è condivisibile il ragionamento svolto nella sentenza appellata, secondo il quale la specifica funzione di cui è investita la commissione giudicatrice di una gara di appalto si esaurisce solo allorquando il competente organo della stazione appaltante fa proprio, approvandolo, il lavoro della commissione stessa, procedendo quindi all’aggiudicazione della gara o comunque alla conclusione del procedimento.
Di conseguenza, fino alla trasmissione degli atti all’organo competente alla loro approvazione la commissione può, ed anzi deve, correggere gli eventuali errori nei quali sia incorsa, così dando attuazione al principio di legalità.
3b. L’appellante sostiene poi che l’offerta di Cesarato costruzioni s.r.l., la cui esclusione ha comportato anche l’esclusione dalla gara dell’appellante, è stata male interpretata.
A suo avviso, l’offerta deve essere interpretata in senso conforme alla normativa di gara, e quindi il ribasso proposto non applicabile agli oneri di sicurezza.
La tesi non può essere condivisa, in quanto la suddetta s.r.l. ha utilizzato un’espressione assolutamente univoca per affermare che il ribasso da lei proposto si applica anche sulla somma relativa agli oneri di sicurezza.
Un dato di fatto così indiscutibile potrebbe, in ipotesi astratta, essere contestato sulla base di un’argomentazione proposta da parte chi ha reso quella dichiarazione negoziale, che intenda sottrarsi agli obblighi conseguenti, ma non certo da chi non ha partecipato a quella manifestazione di volontà.
La tesi deve quindi essere respinta.
4. L’appello deve, in conclusione, essere respinto.
Le spese del secondo grado, liquidate in dispositivo, seguono, come di regola, la soccombenza.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 5553/06, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore della controparte costituita, di spese ed onorari del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi € 3.000,00 (tremila/00) oltre agli accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2011 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere, Estensore
Gabriella De Michele, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 20/05/2011