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Autorizzazione paesistica. Solo la data del protocollo rileva ai fini della decorrenza dei termini – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3341/2011

Ai fini sia di costituire un termine iniziale incontestabile per l’esplicazione dei poteri che a tale ricezione si connettono, solo la data attestata dal protocollo va assunta a prova dell’avvenuta conoscenza e considerata quale termine iniziale per la decorrenza del termine, irrilevanti essendo i diversi, eventuali elementi dai quali possa desumersi la ricezione da parte dell’amministrazione, la cui considerazione renderebbe invece incerta ed eventuale l’individuazione di un momento che, viceversa, per la rilevanza che l’ordinamento gli connette, deve emergere come formalmente incontestabile.

(© Litis.it, 7 Giugno 2011 – Riproduzione riservata)

Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 3341 del 06/06/2011

FATTO e DIRITTO

Il Ministro per i beni e le attività culturali chiede la riforma della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale della Sardegna ha accolto il ricorso proposto dal comune di Golfo Aranci per l’annullamento del provvedimento con il quale, in data 13 ottobre 2004, il Soprintendente per i beni architettonici, il paesaggio e il patrimonio storico, artistico e demoantropologico delle province di Sassari e Nuoro ha annullato il provvedimento della regione Sardegna n. 744 del 26 aprile 2004 recante autorizzazione paesistica all’amministrazione municipale per l’ampliamento dell’area di riempimento del lungomare, oggetto del secondo lotto dei lavori in prosecuzione di quelli già assentiti e realizzati nel 2002.

I) Non costituisce motivo di improcedibilità dell’appello, né sotto il profilo della cessazione della materia del contendere, né sotto il profilo della sopravvenuta carenza di interesse, il parere favorevole espresso in data 29 marzo 2011 dalla Soprintendenza e l’autorizzazione rilasciata in pari data dalla regione Sardegna per lavori denominati di mitigazione e compensazione degli impatti generali della scogliera, da realizzare sul lungomare per entrambi i lotti, in considerazione della diversità delle opere che ne hanno costituito oggetto e del fatto che la legittimità dell’intervento recentemente assentito sconta la definitività della sentenza oggetto del presente giudizio, invece sottoposta e condizionata dall’esito dell’impugnazione.

II) Dall’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso proposto dal Comune, sollevata in primo grado dall’Amministrazione sul presupposto che l’entrata in vigore della nuova normativa nazionale e regionale in materia di tutela di beni ambientali (o meglio, paesaggistici) imporrebbe comunque all’amministrazione comunale la richiesta di un’altra autorizzazione, e riproposta in questo secondo grado, il Collegio ritiene di poter prescindere, poiché l’appello è fondato nel merito.

III) Il Tribunale amministrativo ha ritenuto sussistente la violazione, dedotta con il secondo motivo del ricorso, dell’art. 159 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, applicabile ratione temporis alla fase dell’annullamento dell’autorizzazione regionale, poiché il termine di sessanta giorni ivi previsto per l’esercizio dei poteri statali deve computarsi dalla data (12 agosto 2004) in cui il plico contenente la documentazione integrativa richiesta è pervenuta alla Soprintendenza, e non da quella (16 agosto 2004) nella quale la documentazione stessa è stata assunta al protocollo della Soprintendenza stessa.

La sentenza, sul punto, merita la riforma chiesta con l’appello.

Come il Ministero appellante rileva, in via generale l’assunzione di una pratica al protocollo dell’amministrazione ha la funzione di certificare la certezza legale dell’avvenuta ricezione, ai fini sia di costituire un termine iniziale incontestabile per l’esplicazione dei poteri che a tale ricezione si connettono, sia di garantire la conoscenza effettiva da parte dell’organo procedente.

Di conseguenza, solo la data attestata dal protocollo va assunta a prova dell’avvenuta conoscenza e considerata quale termine iniziale per la decorrenza del termine, irrilevanti essendo i diversi, eventuali elementi dai quali possa desumersi la ricezione da parte dell’amministrazione, la cui considerazione renderebbe invece incerta ed eventuale l’individuazione di un momento che, viceversa, per la rilevanza che l’ordinamento gli connette, deve emergere come formalmente incontestabile. Nel caso di specie, pertanto, la decorrenza del termine previsto dall’art. 159 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 deve computarsi dal 16 agosto 2004, data in cui la documentazione rilevante è stata assunta al protocollo della soprintendenza, e non dal 12 agosto precedente, come ha ritenuto il primo giudice: il provvedimento impugnato in primo grado, del 13 ottobre 2004, deve, quindi essere riconosciuto tempestivo sotto il profilo considerato.

IV) Vanno ora esaminati i motivi che il Comune di Golfo Aranci ripropone, in quanto dichiarati assorbiti dal Tribunale amministrativo. Essi denunciano:

– violazione della comunicazione di avvio del procedimento di annullamento dell’autorizzazione paesistica;

– irrilevanza della richiesta di integrazione documentale ai fini del computo del termine previsto dall’art. 159 cit.;

– inammissibile riesame del merito circa l’autorizzabilità dell’intervento da parte della soprintendenza;

– difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento impugnato, travisamento dei fatti da parte della soprintendenza; insussistenza della carenza di motivazione dell’assenso regionale, viceversa rilevata dalla soprintendenza;

– contraddittorietà dell’annullamento rispetto a precedente nulla osta, con il quale erano stati assentiti lavori di riqualificazione del lungomare e al silenzio-consenso per gli interventi relativi al primo lotto dell’intervento.

V) Tutti i motivi assorbiti in primo grado sono infondati.

Giova ricordare che la zona litoranea nella quale si inserisce l’intervento in oggetto è stata dichiarata di notevole interesse pubblico, ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, con decreti ministeriali 30 novembre 1965 e 10 gennaio 1968 “perché è fra le più belle zone della costa orientale della Sardegna, per l’eccezionale susseguirsi di quadri naturali offerti da innumerevoli promontori granitici…per l’allungarsi di dolci spiagge bianche…per il luccichio dei larghi stagni e per le isole di fantastico aspetto…; il tutto in una mirabile fusione tra le acque, le rocce, le spiagge, le colline e la vegetazione…”.

Giova ancora ricordare che, a fronte di tale riconoscimento, la Regione Sardegna, alla quale ne compete la tutela, con determinazione n. 744 del 2004 ha ritenuto di autorizzare i lavori di riempimento di cui è causa “rilevato che l’opera in questione non incide direttamente con gli elementi di pregio paesistico descritti negli allegati del decreto succitato in quanto è coerente con i valori tutelati” ed essendo risultato dall’attività istruttoria che “l’intervento proposto è coerente con le valenze paesistiche generali dell’aerea vincolata in quanto i lavori previsti non alterano in maniera negativa il contesto paesistico e razionalizzano l’intervento in continuazione del primo lotto”.

Da quanto sopra emerge che l’assenso regionale alla realizzazione dell’intervento si risolve in una tautologia: l’opera non incide direttamente con gli elementi di pregio paesistico tutelati perché è coerente con i valori tutelati. Difetta ogni reale valutazione circa l’incidenza dell’intervento con il contesto protetto e sulla relativa compatibilità. Legittimamente, pertanto, l’Amministrazione statale ne ha rilevato l’assoluta assenza di motivazione, tanto più necessaria dato il notevole impatto determinato sull’area vincolata dai lavori progettati.

Come si legge nel provvedimento impugnato in primo grado, infatti, l’autorizzazione regionale comporta la realizzazione di opere a notevole incidenza paesaggistica, quali la sistemazione di materiale di cava e di sterro proveniente da scavi di sbancamento del nuovo impianto di depurazione per uno spessore di riempimento di oltre cinque metri dal punto di battigia, sullo specchio acqueo, e per una lunghezza consistente lungo la linea di costa interessata in più tratti da tali opere. Si tratta quindi di un intervento che, finalizzato alla rettificazione per 5 metri di ampiezza e un totale di 1.118 mq del profilo sinuoso della costa (come risulta dalla relazione depositata in atti dalla amministrazione statale, i cui contenuti non sono contetstati), incide notevolmente e irreversibilmente sull’area protetta, e precisamente sugli elementi (promontori, spiagge, vegetazione, morfologia, consistenza e colori dei materiali naturali) a tutela del quale è stato posto il vincolo, rispetto al quale l’autorizzazione, come giustamente asserisce la Soprintendenza, deve costituire mezzo applicativo sottordinato. Ne consegue che l’atto che era stato domandato per legittimarle avrebbe dovuto indagare, e non solo formalmente, sulla loro compatibilità con il contesto protetto e spigare le ragioni del conseguente giudizio. Ma così non è avvenuto.

VI) In base alle considerazioni di cui sopra, il provvedimento regionale esaminato dalla Soprintendenza risulta, quindi, afflitto dai vizi da quella stessa rilevati. Viceversa, l’annullamento oggetto del giudizio di primo grado si manifesta congruamente motivato anche in ordine all’apprezzamento del fatto.

Circa le altre censure non esaminate dal primo giudice, va poi rilevato che:

– non sussiste la dedotta violazione degli obblighi partecipativi a carico dell’amministrazione procedente: con nota del 26 aprile 2004 la Regione ha trasmesso al Comune la determinazione n. 744 del 2004, contestualmente inviata alla Soprintendenza per l’ulteriore fase prevista dall’art. 151, comma 4, d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, applicabile. A prescindere da ogni altra considerazione, il Comune stesso aveva, perciò, piena contezza dell’ulteriore fase del procedimento;

– gli elementi chiesti dalla Soprintendenza in data 2 luglio 2004 ad integrazione della pratica relativa all’autorizzazione regionale (elementi che, consistendo nella “relazione di progetto illustrativa da cui si possa desumere la natura dei lavori e il riempimento in oggetto” erano, all’evidenza, indispensabili per la valutazione) risultano, come detto, pervenuti in data 16 agosto 2004. Solo da tale data deve, quindi, essere computato il termine assegnato per l’esercizio del potere previsto dall’art. 159 d.lgs. n. 42 del 2004 (nel frattempo entrato in vigore), essendone la decorrenza interrotta per effetto della richiesta di integrazione documentale;

– l’annullamento oggetto del giudizio procede dalla riscontrata illegittimità dell’autorizzazione regionale, e non dal riesame del merito della stessa da parte della Soprintendenza, come sopra si è detto: in particolare, il provvedimento esaminato si palesa totalmente carente in ordine alla valutazione dei fatti rilevanti e alla motivazione dell’assenso, in relazione alla doverosa tutela del vincolo;

– neppure sussiste la dedotta contraddittorietà del provvedimento impugnato in primo grado con precedenti atti favorevoli rilasciati dalla Soprintendenza, in relazione anche ad interventi inerenti il primo lotto dei lavori di adeguamento del lungomare. A prescindere dalla diversità tra opere di adeguamento e opere di riempimento e da ulteriori considerazioni, anche inerenti alla necessità di evitare che da eventuali illegittimità pregresse derivino procedimenti e provvedimenti illegittimi, va osservato, avendo riguardo ai beni protetti, che l’effetto dell’intervento posto in essere in violazione del vincolo paesaggistico appare tanto più consistente quanto più risulta già incisa (e perciò abbisognevole di tutela) l’area protetta nella quale si inserisce. Infatti, per costante giurisprudenza, la situazione di compromissione ad opera di preesistenti realizzazioni, anziché impedire, maggiormente richiede per la legittimità dell’azione amministrativa che nuove costruzioni non deturpino l’ambito protetto (cfr. Cons. Stato, VI, 13 febbraio 1976, n. 8; 11 giugno 1990, n. 600; 28 agosto 1995, n. 820; II, 4 febbraio 1998, n. 3018/97 ; 17 giugno 1998, n. 853; VI, 20 ottobre 2000, n. 5651; IV, 30 giugno 2005, n. 3547; II, 13 dicembre 2006, n. 10387/04).

VII) In conclusione, l’appello è fondato e deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata e reiezione del ricorso di primo grado.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Condanna il Comune appellato a rifondere all’amministrazione appellante le spese del doppio grado del giudizio, nella misura di 2.000,00 (duemila/00) euro.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 06/06/2011

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