AmministrativaGiurisprudenza

Mancato inquadramento nei ruoli del Ministero ai sensi dell’art. 15 L.349/1986 – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3540/2011

Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 3540 del 13/06/2011

FATTO

1. Il signor [OMISSIS], dipendente del Ministero del tesoro in possesso della IX qualifica funzionale, aveva presentato domanda di inquadramento nel ruolo del Ministero dell’ambiente ai sensi dell’art.15 della legge istitutiva (legge 8 luglio 1986, n. 649), venendo comandato presso il detto Ministero per esigenze di immediata funzionalità ed iniziando il servizio presso il Gabinetto del Ministero il 1° dicembre 1987. In data 24 settembre 1990 il Ministero dell’ambiente aveva poi disposto il rientro del ricorrente presso il Ministero del tesoro, con provvedimento in seguito annullato dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con la sentenza n. 649 del 1993, per difetto di motivazione.

Nel frattempo il Ministero dell’ambiente aveva respinto la domanda di inquadramento del ricorrente, con provvedimento altresì impugnato presso il T.a.r. citato e da questo annullato, con sentenza n. 1501 del 1996, per difetto di motivazione, e, successivamente, in esecuzione del giudicato, il medesimo Ministero nuovamente provvedeva, con la nota n. 21856/PR4.17 del 7 novembre 1996, rigettando la domanda di inquadramento del ricorrente.

Contro tale decisione il ricorrente proponeva ricorso gerarchico e, quindi, ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, n. 5104 del 1997, avverso il silenzio serbato dall’Amministrazione; nelle more della causa l’Amministrazione respingeva il ricorso gerarchico con decreto ministeriale n. 699 del 7 aprile 1997, impugnato davanti al medesimo T.a.r., con ricorso n. 8375 del 1997 e motivi aggiunti.

In particolare il ricorrente ha chiesto l’annullamento: a) con il ricorso n. 5104 del 1997, della decisione implicita di rigetto del ricorso gerarchico avverso la nota n. 21856/PR4.17 del 7 novembre 1996 del Direttore generale del Servizio Affari generali e Personale del Ministero dell’ambiente, con cui era stato negato al ricorrente l’inquadramento nell’organico del Ministero dell’ambiente e nella qualifica di primo dirigente, formatosi a seguito della mancata pronuncia nel termine di 90 giorni di cui all’art. 6 del d.P.R. n. 24 novembre 1971, n. 1199; della stessa nota del 7 novembre 2006, di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, ivi compresa la dichiarazione del 23.1.1989 del Ministero del Tesoro; b) con il ricorso n. 8375 del 1997, e motivi aggiunti, del decreto ministeriale n. 699 del 7 aprile 1997, trasmesso con nota 8914/PRG.16 del 12 maggio successivo, successivamente pervenuta, di rigetto del ricorso gerarchico avverso il provvedimento del Direttore generale del Servizio Affari Generali e del Personale del Ministero dell’ambiente sopra indicato; di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, ivi compresi lo stesso provvedimento del Direttore Generale del Servizio Affari generali e Personale sopra menzionato; della dichiarazione del Ministero del Tesoro, del 23 gennaio 1989; della nota del predetto Ministero n. 631221 del 20 novembre 1991; nonché delle relazioni del Direttore generale del Servizio indicato n. 10914 P.R.G.1 dell’1 ottobre 1990 e n. 11899 PRG.1 del successivo 22 ottobre, se e per quanto di ragione.

2. Il Tribunale amministrativo, con la sentenza n. 6789 del 2005, ha dichiarato improcedibile il ricorso n. 5104 del 1997 e ha respinto il ricorso n. 8375 del 1997, e relativi motivi aggiunti, compensando tra le parti le spese del giudizio.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado.

4. All’udienza del 24 maggio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Nella sentenza di primo grado si dichiara anzitutto l’improcedibilità del primo ricorso, n. 5104 del 1997, essendo sopravvenuto il provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico a sua volta oggetto del secondo ricorso n. 8375 del 1997.

Con riguardo quindi a tale secondo ricorso si afferma:

-è erroneo il riferimento fatto nel ricorso alle precedenti pronunce intervenute tra le parti poiché la citata sentenza n. 649 del 1993 concerne la differente circostanza, di fatto e di diritto, determinata dal provvedimento recante la cessazione del comando del ricorrente presso il Ministero dell’ambiente;

-la controversia in esame riguarda invece il mancato inquadramento del ricorrente nei ruoli del Ministero ai sensi dell’art. 15 della legge n. 349 del 1986, motivato parzialmente in relazione al rendimento del ricorrente ma, in via determinante, per il mancato svolgimento da parte dello stesso di mansioni proprie del Ministero presso l’Amministrazione di provenienza;

-al riguardo, visto il comma 6, lett. b), dell’articolo 15 citato, per il quale, in prima applicazione della legge, alla copertura dei posti in organico del nuovo Ministero dell’ambiente si può provvedere con personale esercitante presso altre amministrazioni dello Stato funzioni relative alle competenze del detto Ministero e considerato che lo stesso ricorrente ha dichiarato che non esercitava all’atto funzioni siffatte, si deve concludere che il provvedimento di diniego ed il rigetto del ricorso gerarchico risultano correttamente motivati; né, si soggiunge, sussiste l’asserita contraddittorietà con il precedente provvedimento di comando, avendo questo funzione diversa da quella dell’inquadramento definitivo.

2. Nell’appello si censura la sentenza di primo grado, in quanto;

-si deve tenere conto della precedente sentenza n. 649 del 1993, incidendo tale decisione sulle conseguenze della revoca del comando, tra le quali vi è quella del mancato inquadramento, alla luce dell’acclarato difetto di motivazione del provvedimento di revoca; così come si deve considerare la successiva sentenza del medesimo Tribunale amministrativo n. 1501 del 1996, ignorata invece dal primo giudice, poiché con essa il provvedimento di diniego dell’inquadramento era stato annullato per difetto di motivazione, dovendosi concludere che il successivo provvedimento n. 699 del 1997 non può costituire valida giustificazione di un precedente provvedimento invalido;

-la motivazione del provvedimento impugnato è, in ogni caso, del tutto carente, non essendo stato dimostrato che nel tempo siano venute a mancare le condizioni che avevano motivato all’origine l’impiego del ricorrente nel nuovo Ministero, dove era stato addetto per lungo periodo a compiti peraltro di particolare responsabilità, individuati nella reggenza della I divisione del Servizio affari generali e del personale, con giudizi positivi, ed essendo di conseguenza interesse dell’Amministrazione il suo inquadramento nei ruoli pur se si ritenga la non automaticità di tale inquadramento ai sensi dell’art. 15 della legge n. 349 del 1986.

Nella memoria depositata in giudizio il 21 gennaio 2011, ribadite le argomentazioni sopra esposte, si richiama anche la sentenza del T.a.r. per il Lazio 21 giugno 2007, n. 8090, con la quale è stato annullato il provvedimento del Direttore generale del Ministero del tesoro, n. 2080121 del 1993, e atti connessi, recante destituzione del ricorrente dal servizio, a supporto della scarsa credibilità, si asserisce, dei provvedimenti con cui il ricorrente stesso era stato allontanato dal Ministero dell’ambiente.

3. Le censure così riassunte sono infondate per i motivi che seguono.

3.1. E’ corretta, anzitutto, l’affermazione fatta nella sentenza impugnata sulla non rilevanza per il presente giudizio della sentenza di primo grado n. 649 del 1993, non avendo la vicenda amministrativa relativa al provvedimento n. 10663 del 1990, di cessazione del comando del ricorrente e suo rientro nell’amministrazione di appartenenza, oggetto della detta sentenza n. 649 del 1993, alcuna connessione con quella in esame, che è distinta e autonoma; quest’ultima riguarda infatti le determinazioni sulla diversa questione originata dalla domanda di inquadramento nei ruoli del Ministero dell’ambiente presentata dal ricorrente il 12 marzo 1987, che, dapprima, è stata respinta con atto annullato per difetto di motivazione, successivamente è stata rigettata con atto, n. 21856/PR4.17 del 7 novembre 1996, che, a sua volta, è stato oggetto di ricorso gerarchico respinto con il decreto ministeriale n. 699 del 7 aprile 1997; quest’ultimo decreto, infine, è stato impugnato dal ricorrente con il ricorso di primo grado, n. 8375 del 1997, deciso con la sentenza qui gravata.

3.2. Il thema decidendum è quindi quello della legittimità del provvedimento di rigetto del suddetto ricorso gerarchico, il cui esame comporta la ricognizione di quanto prescritto dalla normativa in materia di inquadramenti nel nuovo Ministero dell’ambiente ed il riscontro della correttezza dell’applicazione di tale normativa da parte dell’Amministrazione.

3.3. La normativa è dettata dall’art. 15, comma 6, della legge n. 349 del 1986, istitutiva del Ministero dell’ambiente, nel quale è previsto che, in sede di prima applicazione della legge, alla copertura dei posti in organico del nuovo Ministero il Ministro dell’ambiente “potrà provvedere” mediante inquadramento, a domanda, del personale in comando o fuori ruolo in servizio presso l’ufficio del Ministro per l’ecologia presso la Presidenza del Consiglio (lettere a) e c) o “del personale di ruolo in servizio presso altre amministrazioni dello Stato o enti pubblici che, alla data di entrata in vigore della presente legge, esercita funzioni relative alle competenze attribuite al Ministero dell’ambiente” (lettera b), provvedendo con decreto da adottare “sentito, per il personale di cui al precedente comma 6, lettera b), il Ministro preposto all’amministrazione di provenienza” (comma 7).

Dalla normativa risulta perciò che l’inquadramento del personale citato è stato previsto come atto del Ministro di natura discrezionale, cui non corrisponde quindi una posizione di diritto degli interessati, considerato che il Ministro “potrà” provvedervi, essendo comunque necessario il consenso dell’amministrazione di provenienza, e che per il personale di cui alla lettera b) del comma 6 è in particolare richiesto, ai fini dell’inquadramento, l’esercizio nell’amministrazione di provenienza di funzioni non genericamente amministrative ma attinenti a quelle specifiche del nuovo Ministero, come è dimostrato, per converso, dal fatto che tali competenze non sono richieste per il restante personale, sul presupposto del loro possesso in ragione dell’impiego presso l’ufficio del preesistente Ministro per l’ecologia.

3.4. Ai fini della verifica della corretto esercizio del potere da parte del Ministro si deve perciò accertare se la decisione di non inquadramento del ricorrente sia adeguatamente motivata con la mancanza nell’interessato di competenze attinenti a quelle specifiche del Ministero dell’ambiente, dovendo essere tale mancanza il presupposto determinante per la eventuale decisione negativa, come giustamente osservato nella sentenza impugnata.

Nella specie tale motivazione si riscontra poiché: a) lo stesso ricorrente nella sua domanda di inquadramento indica di esercitare nell’amministrazione di provenienza funzioni relative alla “trattazione di bilanci e consuntivi”, perciò potenzialmente utili per il servizio in ogni amministrazione ma non attinenti a quelle proprie del Ministero dell’ambiente; b) ciò è confermato dai documenti in atti del Ministero del tesoro (prot. n. 13804 del 3 settembre 1997 e n. 631221 del 21 ottobre 1991) nei quali si precisa che il ricorrente, alla data del 30 luglio 1986 (di entrata in vigore della legge n. 349 del 1986) esercitava le funzioni di “cassiere” presso la Tesoreria centrale; c) nel provvedimento impugnato in primo grado, di rigetto del ricorso gerarchico, questo elemento è puntualmente assunto nella motivazione, richiamando al riguardo la previsione normativa sulla necessità del possesso di competenze specifiche in capo al personale, di cui alla lettera b) del comma 6 dell’art. 15 della legge n. 349 del 1986, e l’insussistenza di un diritto all’inquadramento ai sensi della medesima normativa.

La motivazione del provvedimento risulta perciò adeguata poiché fondata sulla constatazione della mancanza nel ricorrente delle specifiche competenze richieste dalla legge per l’inquadramento nel nuovo Ministero, essendo rispetto a ciò aggiuntivo ma non determinante il richiamo, pure fatto, al rendimento in servizio del ricorrente.

Né vale in contrario il richiamo all’incarico di reggenza conferito al ricorrente, poiché attribuito dopo un anno dal comando, il 12 dicembre 1988, e perciò in una fase in cui, evidentemente, era ancora in atto la situazione di carenza strutturale di personale nel Ministero di recente istituito, dovendosi al riguardo osservare che il comando disposto “per esigenze di immediata funzionalità” non è di per sé premessa, né titolo, proprio perché tale, all’inquadramento in organico, che è provvedimento di carattere strutturale correlato alle esigenze permanenti dell’apparato.

Né rileva per il presente giudizio, infine, la pronuncia del T.a.r. per il Lazio, n. 8090 del 2007, poiché attinente ad un diverso procedimento amministrativo la cui connessione con quello in controversia è asserita nell’appello in modo generico.

4. Per quanto considerato l’appello è infondato e deve essere perciò respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello in epigrafe, n. 2585 del 2006.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2011, con l’intervento dei magistrati:

Giancarlo Coraggio, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore
Roberto Garofoli, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 13/06/2011

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