CivileDiritto Bancario

La dichiarazione di operatore qualificato – Nota a Sentenza Trib. Milano 25/01/2012 – di Avv. Francesco Cocchi

Una recente decisione del Tribunale di Milano torna ad affrontare il dibattuto tema della dichiarazione di operatore qualificato.
La società attrice agiva in giudizio al fine di contestare la validità della dichiarazione resa in quanto non corrispondente alla effettiva esperienza e qualità della stessa.
Tale dichiarazione veniva resa in occasione della sottoscrizione di un investimento appartenente alla categoria “SWAP”.

La società si determinava a porre in essere tale tipologia di investimento dato il timore di un possibile rialzo del tasso di interesse riguardo ad un importante posizione debitoria assunta.

La stessa, infatti, poneva in essere un importante piano di sviluppo con relativo business plan che sarebbe stato finanziato con un leasing a tasso variabile.
Il Collegio giudicante, nel valutare la dichiarazione resa dalla società ai sensi del Regolamento Consob 11522/98 Art. 31 (Ante Mifid), osservava come la stessa sia sufficiente a qualificare l’operatore “in assenza di altri elementi conosciuti o comunque conoscibili con l’ordinaria diligenza della Banca che facciano escludere l’effettività di tale dichiarazione”.

A sua difesa parte attrice richiamava i titoli di studio dei soci sottoscrittori del documento, nonché le caratteristiche dimensionali della società che per fatturato e patrimonio non appariva in linea con quanto affermato nella delibera Consob 13710 del 06.08.2002.

Il Tribunale milanese nel merito precisava come la qualifica di operatore qualificato esuli da parametri dimensionali ma sia invece conseguente alla dichiarazione resa.

Concludeva il giudicante che in ogni caso il business plan consegnato all’Istututo di credito fosse idoneo a confermare l’affidamento della Banca nella dichiarazione resa, poiché idoneo a far ritenere che quest’ultima si rapportasse con un soggetto esperto sul mercato.
Respingeva quindi la domanda attrice.

Il collegio giudicante ricalcando un orientamento già espresso sul tema impostato sul formalismo della dichiarazione, ritiene che non ricorrono obblighi per l’intermediario di accertarsi della effettività della stessa (1)
Quest’ultimo, peraltro, non rilevava elementi conoscibili da parte dell’istituto , come precisato dalla Suprema Corte (2),che potessero far ritenere la non professionalità del sottoscrittore.
Nel far questo, chiaramente, il Tribunale richiama l’insegnamento della Suprema Corte la quale riteneva esonerato l’intermediario dal verificare l’effettività della qualificazione laddove non emergano elementi in suo possesso contrari ad esse.

Ciò che è da chiedersi è forse se il documento indagato sia idoneo a far ritenere esistente la qualifica in oggetto.
Un programma di investimento certo non è un indice di esperienza in un settore quale quello della intermediazione immobiliare.
Sempre nella Sentenza 12138 del 2009 la Cassazione qualificava la dichiarazione di operatore qualificato “argomento di prova” permettendo al soggetto che asserisce una discordanza tra la dichiarazione la situazione reale di provare circostanze specifiche da cui desumere l’assenza dei predetti requisiti di professionalità.

Se l’onere della prova può essere assolto con l’allegazione di circostanze tali da non provare la professionalità assunta, occorre cercare di individuare possibili indici di “non professionalità” dell’operatore.
Alcune Corti di Merito hanno dichiarato come sia possibile rilevare in elementi come gli studi effettuati dal dichiarante, le operazioni intraprese in precedenza, la presenza o meno di personale qualificato in ambito finanziario. la attività prevalente della società elementi idonei a provare la “non professionalità”. (3)

Il problema, quindi, è capire se si è in presenza di una effettiva professionalità del cliente .
Benché si possa ritenere l’intermediario esonerato dalla verifica dell’effettivo possesso del requisito di professionalità dichiarato dall’investitore, resta per quest’ultimo la possibilità di provare il contrario.
L’aspetto indagato è quindi da un lato l’individuazione di quegli elementi in grado di assolvere tale onere probatorio e dall’altro quale sia il reale dato da cui muovere.

Il punto di partenza è sicuramente l’effettiva esperienza.
Una esperienza che però deve essersi formata nella materia della intermediazione mobiliare.
Ciò premesso, il dichiarante che intende provare la sua non professionalità, sempre secondo la Suprema Corte, dovrà indicare la circostanza da cui ciò è desumibile e ulteriormente provare che le stesse erano conosciute/conoscibili dall’intermediario.
Ma se l’esperienza richiesta è quella specifica nell’ambito dell’intermediazione, ogni altro elemento appare ultroneo ai fini dell’assolvimento del suddetto onere probatorio.
Da tale concetto sembra però allontanarsi la sentenza in esame.
Il Collegio milanese, infatti, valuta un business plan inerente un piano di espansione societaria quale elemento atto a provare la esperienza nel settore finanziario.

La dimensione societaria come le stesse progettualità di espansione, non possono ingenerare nell’intermediario l’affidamento nella dichiarazione resa, proprio perché nulla dicono dell’effettiva esperienza in ambito di intermediazione mobiliare del dichiarante.
In vero, anche il titolo di studio dei soggetti che rendono la dichiarazione poteva essere elemento idoneo a far comprendere il reale stato di cose.

Sembra quindi potersi affermare che non si debba tanto provare la non professionalità quanto la non esperienza.

Seguendo la ricognizione dei giudici di legittimità gli elementi della professionalità sono due: effettiva esperienza e dichiarazione di essa.
Difettando il primo, il secondo appare essere mera auto proclamazione.
È questo il punto da cui forse è opportuno muovere.
Il Tribunale di Milano ha quindi posto in essere un ulteriore elemento di riflessione che però non risolve la questione.
Il cliente deve poter provare la sua non professionalità attraverso l’affermazione della sua “inesperienza” in ambito finanziario.
La via da percorrere non è il dato dimensionale o gli investimenti che sono alla base dei motivi di accesso della finanza derivata.

Il dato che rileva è la professionalità, basata su esperienza specifica in ambito di intermediazione finanziaria a cui può fare da corollario ogni ulteriore argomento di prova atto a dimostrare l’assenza di professionalità.
Non potrà quindi ritenersi assolto tale complesso onere probatorio con semplici elementi indiziari di assenza di requisiti professionali, ma si dovrà optare invece per una ricostruzione della effettiva competenza o meno in ambito della intermediazione mobiliare.

Avv.to Francesco COCCHI

NOTE

(1) Sentenza di Milano.

(2) Vedi Cassazione Civile, Sez.I, sentenza 26.05.2009 n. 12138 in ww.almaiura.it

(3) Tribunale di Rovigo 03.01.2008 in www.ilcaso.it; Tribunale di Reggio Emilia 1281/2009 www.ilcaso.it.

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