Amministrativa

RICONOSCIMENTO INQUADRAMENTO FUNZIONALE – CORRESPONSIONE SOMME – Consiglio di Stato Sentenza n. 5881/2012

sul ricorso numero di registro generale 6844 del 2002, proposto da:
Carpi Luciano, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Dolcini, con domicilio eletto presso Emanuele Coglitore in Roma, via F. Confalonieri n. 5;
contro
Comune di Forlì;
Azienda U.S.L. di Forli’, rappresentata e difesa dall’avv. Carlo Bellini, con domicilio eletto presso Pierluigi Lucattoni in Roma, viale Mazzini n. 140;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA – BOLOGNA: SEZIONE I n. 00472/2002, resa tra le parti, concernente RICONOSCIMENTO INQUADRAMENTO FUNZIONALE – CORRESPONSIONE SOMME

Consiglio di Stato, Sezione Terza, Sentenza n. 5881/2012 del 20.11.2012

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’A.U.S.L. di Forlì;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 novembre 2012 il Cons. Angelica Dell’Utri e uditi per le parti gli avvocati Reggio D’Aci su delega di Dolcini e Carpani su delega di Bellini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Con atto notificato i giorni 12 e 18 luglio 2002 e depositato l’8 agosto seguente, il signor Luciano Carpi, operatore tecnico (IV liv. retributivo) con mansioni di accalappiacani prima presso il Comune di Forlì, poi presso l’USL n. 38 di Forlì ed in seguito nuovamente transitato al predetto Comune, ha appellato la sentenza 21 marzo 2002 n. 1075 del TAR per l’Emilia Romagna, sede di Bologna, sezione prima, con la quale è stato dichiarato inammissibile il suo ricorso volto ad ottenere l’accertamento del suo diritto al mantenimento presso il Comune della posizione economica goduta prima del passaggio a tale Amministrazione, segnatamente dell’indennità di reperibilità (nella superiore misura percepita presso l’USL) e dell’indennità di turno (eliminata a seguito di nuova organizzazione del servizio in ambito comunale), nonché all’esatto inquadramento funzionale (V liv. retributivo, stante la titolarità della qualifica di agente di polizia giudiziaria attribuitagli dall’USL con deliberazione 6 aprile 1988 n. 8226 del Comitato di gestione), con conseguente pagamento delle relative differenze retributive.
In particolare, il primo giudice ha ritenuto inammissibile sia la domanda di accertamento del diritto ad una qualifica diversa da quella attribuita al dipendente con provvedimento nel frattempo divenuto inoppugnabile, incidente su posizioni di interesse legittimo e non di diritto soggettivo; sia quella relativa alle due indennità, stante la riconduzione delle stesse indennità esclusivamente all’applicazione del trattamento economico previsto dal contratto collettivo all’epoca vigente per i dipendenti degli enti locali e, rispettivamente, alle modalità di organizzazione del settore presso l’Ente, in mancanza di tempestivo gravame avverso l’attribuzione di tale trattamento economico ed i correlati provvedimenti organizzativi del servizio.
A sostegno dell’appello, il signor Carpi ha criticato la ricostruzione tradizionalista della pronuncia, sostenendo la configurabilità in materia di veri e propri diritti soggettivi, sostenendo la fondatezza, nel merito, delle richieste avanzate.
Si è costituita in giudizio l’ASL di Forlì ed ha prodotto tardiva memoria in data 30 ottobre 2012. Il Comune di Forlì non si è invece costituito.
L’appello è stato dichiarato perento con decreto presidenziale n. 267/12, il quale però, a seguito di rituale dichiarazione di interesse, è stato revocato con decreto presidenziale n. 1292/12.
Con memoria dell’8 ottobre 2012 il signor Carpi ha ulteriormente illustrato ed insistito nelle proprie tesi e pretese.
Ciò posto, vanno in primo luogo confermate le conclusioni del primo giudice in ordine all’inammissibilità del capo di domanda relativo al preteso inquadramento nella V qualifica funzionale, in luogo della IV rivestita, in virtù dell’affermato svolgimento di mansioni superiori.
Anche recentemente questa Sezione ha ribadito il principio, peraltro del tutto pacifico nella giurisprudenza amministrativa e dal quale il Collegio non ha motivo di dissentire, secondo cui i provvedimenti di inquadramento sono atti autoritativi di inserimento del personale nell’organizzazione dei pubblici uffici e regolano lo status del dipendente pubblico, ossia il coacervo di diritti e doveri inscindibilmente connessi a quella posizione cristallizzata appunto dall’inquadramento; pertanto, tali provvedimenti devono essere impugnati nel termine di decadenza, stanti gli effetti lesivi che da essi derivano direttamente sia sul piano giuridico che su quello economico (cfr. 15 dicembre 2011 n. 6576, nonché Cons. St., sez. VI, 19 ottobre 2009 n. 6371, ivi richiamata; e, tra le più recenti, Cons. St., sez. V, 31 gennaio 2012 n. 2012).
Nella specie, dunque, al fine di porre rimedio a detti effetti lesivi il signor Carpi avrebbe dovuto impugnare tempestivamente il provvedimento con cui il Comune di Forlì lo ha reimmesso nella propria organizzazione con il IV livello retributivo. Non avendo provveduto in tal senso, è evidentemente inammissibile il capo di domanda in parola.
Il collegio non condivide gli altri capi della medesima domanda, dal momento che, come bene precisato dal primo giudice, per un verso l’indennità di turno non può che correlarsi all’organizzazione in atto dei uffici pubblici, onde la soppressione dei turni per effetto di una diversa organizzazione preclude il mantenimento dell’emolumento accessorio, legato all’effettivo assoggettamento ai turni stessi, con conseguente necessità che la sua rivendicazione sia preceduta dall’impugnazione, parimenti tempestiva, dei provvedimenti organizzativi che i turni abbiano soppresso; e, per altro verso, l’indennità di reperibilità ordinaria nella misura fissata dalla normativa contrattuale relativa ai dipendenti degli enti locali si correla appunto allo status del signor Carpi di dipendente di ente locale, sicché non è possibile al medesimo rivendicarne la misura vigente per il diverso comparto sanitario.
Tanto è sufficiente per affermare la reiezione dell’appello, restando ovviamente impedito al Collegio verificare la fondatezza o meno nel merito delle pretese azionate.
Per completezza d’indagine, va aggiunto che, per la stessa ragione già accennata, non è invocabile, ai fini della retribuibilità delle mansioni superiori svolte, l’art. 29 del d.P.R. n. 761 del 1979, appunto relativo allo stesso, diverso comparto sanitario; oltretutto, a tali fini si richiedono, se non altro, l’attribuzione del relativo incarico con atto formale dell’organo competente (eccetto che nell’esclusivo caso di svolgimento delle mansioni primariali da parte dell’aiuto più titolato) e lo svolgimento delle medesime mansioni su posto vacante d’organico, nella specie mancanti.
E neppure è invocabile la normativa privatistica (capo V cod. civ. e leggi in materia) del rapporto di lavoro nell’impresa, poiché, nonostante la progressiva assimilazione della disciplina del rapporto di lavoro presso pubbliche amministrazioni a quella normativa, almeno per il periodo di cui si controverte opera il disposto dell’art. 56 del d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, nel testo anteriore alle modifiche apportate con l’art. 15 del d.lgs. 19 ottobre 1998 n. 387, anche interpretando il quale la giurisprudenza amministrativa è assolutamente concorde nel ritenere l’irrilevanza dello svolgimento di mansioni superiori. Il cit. art. 15 ha infatti espunto le parole “a differenze retributive o” dall’art. 56, co. 6, del d.lgs. n. 29 del 1993 (che, nel testo sostituito dall’art. 25 del d.lgs. n. 80 del 1998, a sua volta negava il diritto appunto “a differenze retributive o” ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale fino all’entrata in vigore dei nuovi contratti collettivi), così rendendo operativa unicamente dalla sua entrata in vigore la disciplina di cui allo stesso art. 56 per la parte economica.
Sul punto, con la nota decisione 24 marzo 2006 n. 3 l’Adunanza plenaria ha statuito che, prima dell’entrata in vigore del detto decreto legislativo e salva diversa disposizione di legge specifica, nel settore del pubblico impiego le mansioni superiori rispetto a quelle proprie della qualifica ricoperta formalmente erano del tutto ininfluenti sul piano giuridico e su quello economico e non consentivano, perciò, il pagamento delle differenze retributive eventualmente pretese dal pubblico dipendente. Solo con la norma di cui al ripetuto art. 15 la retribuibilità di tali mansioni ha assunto carattere di generalità. Tanto anche nella considerazione, in primo luogo, che la stessa norma non può ritenersi interpretativa del combinato disposto dei pregressi artt. 56 e 57 del d.lgs. n. 29 del 1993, poiché la scelta con essa assunta non rientra in nessuna delle varianti di senso compatibili con il tenore letterale delle medesime disposizioni; pertanto, non può che disporre per il futuro; e, in secondo luogo, che il riconoscimento generalizzato del diritto dei pubblici dipendenti alle differenze retributive per lo svolgimento delle mansioni superiori solo a decorrere dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 387/1998 trova la sua ratio nell’introduzione da parte dell’art. 25 del d.lgs. n. 80 del 1998 (che ha sostituito l’art. 56 del d.lgs. n. 19 del 1993 ed abrogato il successivo art. 57) di un’organica disciplina delle mansioni, rispettosa dei principi costituzionali ricavabili dagli artt. 51, 97 e 98 Cost.. L’Adunanza plenaria ha altresì rilevato come la norma non possa essere sospettata di illegittimità costituzionale perché sotto l’aspetto in parola il rapporto di pubblico impiego non è assimilabile al rapporto di lavoro privato, in quanto nell’ambito del primo concorrono col principio di corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla qualità e quantità del lavoro prestato, di cui all’art. 36 Cost., altri principi di pari rilevanza costituzionale, quali quelli previsti dall’art. 98 e dall’art. 97, tenuto conto che l’esercizio delle mansioni di cui trattasi contrasta con i principi di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione, nonché con la rigida determinazione delle sfere di competenza, attribuzioni e responsabilità dei dipendenti. D’altro canto, proprio il detto 25 del d.lgs. n. 80/1998, una volta posta la disciplina in materia, ha consentito di recepire nell’ordinamento del pubblico impiego il valore, pur primario, di cui all’art. 36 Cost.; ma ciò non fa dubitare della costituzionalità della pregressa disciplina che, in assenza di un compiuto quadro di regolamentazione dell’istituto e in vista dell’equo contemperamento dei predetti principi costituzionali, tendeva ad evitare che nel pubblico impiego le attribuzioni delle mansioni e del relativo trattamento economico potessero essere oggetto di libere determinazioni da parte dei funzionari.
Pertanto, conclusivamente, pure sotto i profili da ultimo considerati l’appellata sentenza non può che essere confermata.
Tenuto conto dell’assenza di tempestive difese da parte dell’ASL di Forlì, le spese del grado possono restare compensate nei riguardi della medesima, mentre non v’è luogo a provvedere con riguardo al Comune di Forlì, non costituito in giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate nei riguardi dell’ASL di Forlì. Nulla spese nei riguardi del Comune di Forlì.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Angelica Dell’Utri, Consigliere, Estensore
Roberto Capuzzi, Consigliere
Hadrian Simonetti, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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