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INDENNITA’ DI SERVIZIO – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3518/2011

Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 3518 del 10/06/2011

FATTO e DIRITTO

Con sentenza n. 68 del 2006 il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto il ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto dal dott. [OMISSIS], maggiore della Guardia di Finanza che ha prestato servizio all’estero in qualità di esperto antidroga, per il riconoscimento del diritto a percepire, in relazione a periodo di servizio in La Paz (Bolivia) le maggiorazioni sulle indennità di servizio all’estero (ISE) per la moglie e i figli, ai sensi degli artt. 173 e 174 del d.P.R. n. 18/67.

Il T.A.R. ha ritenuto legittimo il recupero attuato dal Ministero, a seguito di riscontro a consuntivo dei periodi di convivenza della famiglia col dipendente all’estero, delle somme erogate in assenza dei presupposti legittimanti (residenza stabile dei familiari per almeno sette mesi l’anno), ritenendo che la situazione rappresentata dal ricorrente, per quanto delicata e peculiare, non integrasse l’ipotesi di eccezione prevista dall’art. 7 del d.P.R. n. 306/91.

Nel proposto appello l’ora ten. col. [OMISSIS] riepiloga i fatti salienti, riferendo di aver prestato servizio presso l’Ambasciata d’Italia a La Paz dall’1.07.1996 al 28.05.2001 e che il terzo mandato biennale (2000/2002) presso quella sede è stato interrotto anzitempo, con suo trasferimento presso l’Ambasciata di Buenos Aires dal 29.05.2001, perché le indagini da lui svolte nel campo del narcotraffico l’avevano posto in situazione di pericolo tale da determinare, da parte delle autorità preposte, la sua immediata assegnazione ad altra sede; proprio tale situazione di rischio per l’incolumità personale aveva indotto l’appellante ad allontanare, in precedenza, a far data dal 15.06.99, la moglie e i due figli piccoli dalla città di La Paz, dandone comunicazione agli uffici amministrativi del Ministero degli Affari Esteri, nonché conto attraverso i prospetti periodici riepilogativi della permanenza in sede dei componenti il nucleo familiare.

Egli contesta la sentenza lamentando che il T.A.R. abbia respinto le sue ragioni, qui riproposte, facendo proprie in modo acritico le difese dell’amministrazione e ritenendo, erroneamente, che non sussista nella specie l’esimente dall’obbligo della residenza dei familiari a carico di cui all’art. 7 d.P.R. n. 306/91 sia perché La Paz non rientrava tra le sedi che fruivano del citato beneficio, sia perché la singola posizione personale dell’odierno appellante, seppur particolarmente grave in riferimento al rischio di attentati e/o sequestri dei propri familiari, non avrebbe potuto portare all’attivazione di una procedura quale quella contemplata dalla norma citata; errata sarebbe anche la valutazione di irrilevanza della circostanza che il MAE avesse corrisposto l’indennità poi recuperata; corresponsione, questa, che valutata in considerazione del fatto che egli aveva comunicato la cessazione della presenza dei familiari alla relativa partenza in data 15.6.99 e non aveva mai comunicato il loro ritorno a La Paz e considerato, altresì, che il pagamento è avvenuto a distanza di molto tempo, con mandato n. 812 del 12.3.2001, e dopo nota n. 2598 del 23.11.2000 dell’Ambasciatore d’Italia in Bolivia che confermava l’allontanamento della famiglia del [OMISSIS] per eccezionali motivi di pericolosità, non potrebbe intendersi altrimenti che come riconoscimento dell’esimente di cui al citato art. 7, con la conseguenza che il recupero conterrebbe un implicito annullamento in via di autotutela del pregresso provvedimento favorevole e ciò in mancanza di esauriente motivazione, di comunicazione di avvio del procedimento, di valutazione dell’affidamento ingenerato dall’avvenuta corresponsione, tenuto conto anche della particolarità che l’indennità di servizio all’estero ha una prevalente natura risarcitoria dei maggiori disagi cui è sottoposto chi svolge servizio all’estero.

Resiste il Ministero intimato, rilevando che la sede di servizio non era stata considerata tra le sedi di eccezionale pericolosità, che l’amministrazione non aveva mai autorizzato espressamente l’assenza dei familiari in applicazione del beneficio di cui all’art. 7 d.P.R. 306/91, né sussisterebbe alcun provvedimento implicito, implicante una tacita valutazione di pericolosità.

Il ricorso in appello è stato posto in decisione all’udienza dell’1.03.2011.

Il contesto fattuale di pericolo descritto dall’appellante non è contestato dall’amministrazione appellata, così come non è stato ignorato, malgrado egli se ne dolga, dai primi giudici, che ad esso si riferiscono, per quanto con espressioni sintetiche.

Controversa è la spettanza al dott. [OMISSIS] della maggiorazione per situazione di famiglia per il periodo dal 1.7.99 al 28.5.2001 nel quale i suoi familiari non erano presenti a La Paz.

Detta maggiorazione è contemplata dagli artt. 173 e 174 del D.P.R. 5.01.1967 n. 18 (ordinamento dell’amministrazione degli affari esteri) e dal D.P.R. 3.07.1991 n. 306, recante il regolamento concernente la residenza in sede dei familiari di dipendenti in servizio all’estero.

La normativa riconnette l’erogazione della maggiorazione in questione a un dato di fatto, ossia la residenza stabile dei familiari nella sede estera di servizio del dipendente, definendosi per tale la permanenza in loco per un periodo di tempo minino variabile da nove a sette mesi, questi ultimi in caso di sede particolarmente disagiata, come nella specie.

Eccezioni alla regola, come tali da interpretarsi rigorosamente, sono previste dagli artt. 5, 6 e 7 del D.P.R. 306/91, disposizioni che prevedono il pagamento delle maggiorazioni pur in mancanza del presupposto di fatto che ne costituisce la ragion d’essere.

Le prime due disposizioni riguardano casi singoli di esigenze di studio (art. 5) o di ricovero per cure mediche (art. 6), prevedono, sul piano procedurale, la presentazione da parte del dipendente di idonea certificazione attestate il periodo esatto di frequenza ovvero di ricovero, e stabiliscono che il periodo in questione venga computato come periodo di soggiorno del familiare nella sede di servizio del dipendente ai fini del calcolo del periodo necessario per l’integrazione del requisito della residenza stabile.

Diversamente configurata è l’ipotesi di cui all’art. 7, sul quale l’odierno appellante fonda la propria pretesa. Dispone l’articolo che “1.Qualora in una sede estera si verifichino eccezionali situazioni di pericolosità. Quali eventi bellici, crisi dell’ordine pubblico o calamità naturali, il Ministro degli affari esteri, con decreto da emanarsi di concerto con il Ministero del tesoro, riconosce la sussistenza di tali situazioni e stabilisce che, per il periodo corrispondente, l’effettiva residenza dei familiari nella sede non è richiesta ai fini del pagamento degli aumenti dell’indennità previsti dall’art. 173, commi primo, secondo, terzo, quarto e quinto del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18. 2.Il periodo di autorizzata assenza dei familiari dalla sede, determinato in base alla disposizione del comma 1, viene computato come periodo di soggiorno nella sede estera, ai fini del calcolo del periodo necessario a determinare la residenza stabile in tale sede a norma dell’art. 2.”.

Si comprende dalle indicazioni esemplificative (eventi bellici, crisi dell’ordine pubblico, calamità naturali) e dal tipo di procedura delineato (decreto del Ministro degli affari esteri di concerto col Ministro del tesoro) che trattasi di situazioni (eccezionali di pericolosità) di carattere generale.

Anche ad ipotizzare, secondo l’ottica dell’appellante, che una valutazione del ricorso di una eccezionale situazione di pericolosità possa compiersi relativamente a casi di situazioni individuali – senza, peraltro, che possa configurarsi un obbligo di provvedere, stante il carattere ampiamente discrezionale della valutazione rimessa al Ministro – è, comunque, indimostrato che nella specie sia intervenuto, riguardo al caso di specie, alcun decreto ministeriale, previo concerto; solo tale decreto, ai sensi dell’art. 7 cit., integra l’autorizzazione all’assenza che rende il relativo periodo computabile.

Né è configurabile una autorizzazione implicita nella materiale corresponsione delle maggiorazioni, poi recuperate, stante il chiaro tenore dell’art. 7 cit., secondo il quale è mediante decreto, con la procedura del concerto, che il Ministro “stabilisce” che l’effettiva residenza non è richiesta ai fini del pagamento degli aumenti di indennità; atto evidentemente non surrogabile, tantomeno con un mero mandato di pagamento.

Il recupero dell’indebito, quindi, non integra il supposto atto di autotutela rispetto ad una (insussistente) pregressa autorizzazione, onde non si richiedeva particolare motivazione, ulteriore al rilievo delle assenze, riferita all’aspetto della pericolosità della situazione della famiglia [OMISSIS] a La Paz, né comunicazione di avvio di procedimento.

Si concorda, pertanto, con le conclusioni cui è giunto il giudice di primo grado.

Ne consegue che l’appello deve essere respinto, potendosi disporre la compensazione delle spese in ragione del carattere interpretativo della controversia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2011 con l’intervento dei magistrati:

Anna Leoni, Presidente FF
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Silvia La Guardia, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 10/06/2011

 

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