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Erogazione anticipata del contributo. Va considerata sopravvenienza attiva – Cassazione Civile, Sentenza 17522/2012

prestiti-finanziarieIn tema di agevolazioni a favore delle attività produttive nelle aree depresse d’Italia, ai sensi del Dl n. 415 del 1992, convertito con modificazioni nella legge n. 488 del 1992 e del Dm di attuazione n. 527 del 1995, l’importo dell’agevolazione concessa è impegnato dal Ministero competente già con il decreto di concessione provvisoria ed è reso disponibile, con l’erogazione da parte della banca concessionaria, subordinatamente alla effettiva realizzazione della corrispondente parte degli investimenti. Conseguentemente, l’erogazione anticipata di una parte del contributo, effettuata anteriormente al sorgere del diritto all’attribuzione medesima, è – a norma dell’articolo 55, comma 3, lettera b), del Tuir – considerata sopravvenienza attiva, in quanto provento in danaro conseguito a titolo di contributo, proprio per l’assenza dell’acquisto di beni ammortizzabili.
In tali termini si è espressa la sentenza della Corte di cassazione n.17522/2012.

Come noto, in tema di determinazione del reddito d’impresa, l’articolo 55, comma 3, del Tuir (nella versione ante Ires), alla lettera b) del primo periodo, dispone che sono inoltre considerate sopravvenienze attive i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità, esclusi i contributi per i beni merce e quelli per l’acquisto di beni ammortizzabili e ciò indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato, mentre al secondo periodo prevede che tali proventi concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell’esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi ma non oltre il quarto.

Nel caso di specie, si discuteva sul periodo di imputazione del contributo ricevuto da un’impresa ai sensi del Dl n. 415 del 1992, convertito con modificazioni nella legge n. 488 del 1992, per il quale il Dm di attuazione n. 527 del 1995, all’articolo 6, comma 7, disponeva la “concessione provvisoria” del contributo, erogato con le modalità di cui all’articolo 7, revocabile ai sensi dell’articolo 8 nei casi sanciti da tale norma.
La citata normativa prevedeva che, all’esito della “documentazione definitiva” di spesa, inviata dall’impresa e trasmessa dalle banche concessionarie al ministero competente a erogare i finanziamenti, la stessa amministrazione avrebbe provveduto alla “concessione definitiva”, disciplinata dall’articolo10 del citato Dm, con l’effetto che la pronuncia in commento ha reputato che, “all’esito della graduatoria tra le varie imprese che hanno chiesto il contributo, l’atto di concessione qualificata “provvisoria” dal regolamento già crea un credito dell’impresa al contributo”.

In buona sostanza, si ritiene che la dazione delle somme – ancorché sia stato ben acclarato che sono provvisorie fino al momento della concessione definitiva – risulta essere l’adempimento di un’obbligazione della pubblica amministrazione effettuata senza margini di discrezionalità “sussistendo già, per effetto di tale concessione, un diritto dell’impresa al finanziamento”, come affermato anche dall’ordinanza a sezioni unite del Supremo collegio 10 luglio 2006, n. 15618, richiamata dalla pronuncia in commento.
In tale pronuncia venne statuito che sul diritto dell’impresa al finanziamento, ha cognizione il solo giudice ordinario, ”ancorché possa aversi revoca del finanziamento stesso, entro i limiti fissati dal regolamento, o riduzione (come nella specie), in rapporto a spese non ammissibili, revoca o riduzione che si esprimono, dunque, in atti nei quali la p.a. non esercita discrezionalità alcuna, dovendosi soltanto uniformare ai principi vincolanti della normativa vigente”.

Pertanto, viene ricordato dalla pronuncia in rassegna come l’articolo 7 del citato Dm renda disponibile la somma, con l’erogazione da parte della banca concessionaria, subordinatamente all’effettiva realizzazione della corrispondente parte degli investimenti per cui è stato concesso, mentre per l’ufficio finanziario, mancando una specifica destinazione della somma ricevuta all’acquisto o alla costruzione di beni strumentali, essa è da qualificare come sopravvenienza attiva.
Se sembra accertato in fatto che le somme erano erogabili in quanto vincolate all’acquisto di beni, che esse siano state ricevute, ma non impiegate per il fine richiesto dal legislatore, consegue, per la sentenza della Corte di cassazione in commento, che le somme erogate sono imponibili, ai sensi del citato articolo 55, per cassa, concorrendo al reddito nell’esercizio in cui sono – appunto – incassate o in quote costanti negli esercizi successivi fino al quarto, e non costituiscono contributi in conto impianti, imponibili per competenza.

La conclusione cui perviene la pronuncia della Corte regolatrice del diritto in nota è condivisibile laddove afferma che la richiesta di restituzione da parte della pubblica amministrazione o la rinuncia alla provvista da parte del beneficiario sono condizioni risolutive del finanziamento, in quanto ogni dazione di danaro è già assegnata e inderogabilmente destinata all’acquisto di determinati beni o servizi.
Difatti, se il finanziamento è subordinato a una determinata acquisizione, già la mancata acquisizione in quel periodo d’imposta fa venir meno la natura di tale finanziamento, non potendo in altro modo che configurarlo come debito (per inadempimento al contratto di finanziamento) dell’impresa nei riguardi della pubblica amministrazione.
In ultima sintesi, se in quel periodo d’imposta il danaro non viene impiegato per l’acquisto ammesso dalla norma di sovvenzione, sussiste una sopravvenienza attiva da pareggiare con una voce di debito, ma deve anche osservarsi come – in mancanza di limitazioni temporali all’acquisto – tale provvista ben possa essere accantonata per periodi successivi nei quali l’acquisto verrà effettuato senza che generi alcuna sopravvenienza.

In giurisprudenza, possiamo rilevare come la sentenza della Suprema corte 31 marzo 2008, n. 8250, aveva statuito che gli aiuti comunitari al settore agricolo, erogati sotto forma di contributi dal Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (Feoga), costituiscono sopravvenienze attive e concorrono alla formazione del reddito d’impresa, con l’effetto che, ai sensi dell’articolo 75 del Tuir, essi debbono essere imputati, secondo il suddetto principio, all’esercizio di competenza.
Per completezza di informazione, notiamo come i giudici di legittimità, con sentenza 22 settembre 2006, n. 20543, avevano ritenuto che l’articolo 55, comma 1, del Tuir (ante Ires), nel qualificare sopravvenienza attiva, da iscrivere in bilancio, anche la sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, non concede spazio a interpretazioni restrittive della voluntas legis, quali quelle limitate ai soli eventi gestionali straordinari o, comunque, imprevedibili.

a cura di “Giurisprudenza delle Imposte” edita da Assonime
fonte: nouvofiscooggi.it

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