L’Iva si salda prima di Natale. Altrimenti è “omesso versamento” – Cassazione Penale 28945/2013
Il fatto
La vicenda concerne l’imputazione di una contribuente del reato di omesso versamento dell’Iva previsto dall’articolo 10-ter del Dlgs 74/2000, il quale punisce colui che non versa l’imposta dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo, per un ammontare superiore a 50mila euro per ciascun periodo d’imposta.
Per tale reato, il Gip procedeva con decreto di sequestro preventivo per equivalente, finalizzato alla confisca (ex articolo 322-ter del codice penale), fino alla concorrenza della somma corrispondente al profitto del reato (ossia all’ammontare dell’imposta evasa), sia sui beni della società di cui l’imputata era stata amministratrice, sia sui beni personali della stessa.
La condanna venne confermata dal tribunale del riesame, il quale ha respinto la tesi dell’appellante che aveva contestato la misura ablativa sulla base del fatto che l’imprenditore non aveva mai ricevuto, per tale omissione, l’avviso di accertamento da parte del competente ufficio finanziario.
L’imputata si è, quindi, rivolta al giudice di legittimità, eccependo, tra gli altri motivi di rito e di merito, l’inesistenza della notifica di invito del legittimato passivo a rendere eventuali controdeduzioni, criticando così l’operato del tribunale.
Nel respingere l’eccezione, il giudice ha fatto leva sul rilievo secondo cui, ai fini del perfezionamento del reato ipotizzato, è inconferente la notifica dell’accertamento della violazione, mentre, se ciò fosse avvenuto nei riguardi dell’effettivo rappresentante legale della società, sicuramente l’indagata avrebbe potuto esercitare migliore difesa.
Motivi della decisione
La Corte suprema rigetta il ricorso, confermando il provvedimento di sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, disposto dai giudici del merito.
È importante però sottolineare che il giudice di legittimità ha rilevato al riguardo come il reato di omesso versamento dell’Iva si consuma anche senza notifica dell’accertamento fiscale. La fattispecie si perfeziona quando scade il termine ultimo per saldare il debito con l’Erario.
In particolare, afferma la Cassazione che, ai fini del perfezionamento del modello legale del reato di cui all’articolo 10-ter, Dlgs 74/2000, non è affatto richiesta la notifica dell’’avviso di accertamento dell’infrazione, in quanto il reato di omesso versamento dell’Iva si consuma nel momento in cui scade il termine previsto dalla legge per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo, fissato, dall’articolo 6, comma 2, della legge 405/1990, al 27 dicembre dell’anno successivo al periodo d’imposta di riferimento (cfr Cassazione 39449/2012).
Sull’aspetto fatto valere dall’imputata dell’inesistenza dell’invito al legittimato passivo a rendere eventuali controdeduzioni – la cui reiterazione, sic et simpliciter, della doglianza, ad avviso del giudice di legittimità non muta l’ordine delle decisioni assunte in precedenza – il tribunale del riesame ha già infatti escluso che la notifica dell’accertamento dell’infrazione costituisca presupposto per la contestazione del reato de quo, atteso che tale reato si consuma puramente e semplicemente allo scadere del termine previsto dalla legge per l’adempimento.
Occorre in proposito ricordare che il reato, di cui all’articolo 10-ter, Dlgs 74/2000, è stato introdotto nell’ordinamento positivo con l’articolo 35 del Dl 223/2006 (legge 248/2006), allo scopo di arginare la cosiddetta “frode da riscossione”.
L’illecito è caratterizzato da particolare insidiosità poiché, tra l’altro, permette al contribuente, ancorché dichiari o certifichi correttamente l’imposta dovuta, di non adempiere al successivo obbligo di versamento dell’Iva a debito nei termini stabiliti dalla norma.
Perciò, a tal fine è fondamentale la presentazione della dichiarazione, considerato che il “quantum” d’imposta dovuta, e quindi da versare, è quella risultante esclusivamente dalla stessa.
Data la particolare insidiosità del comportamento dell’autore della fattispecie criminosa, assimilato – sotto il profilo sanzionatorio – a quello del sostituto d’imposta che non versi le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti (articolo 10-bis, Dlgs 74/2000), il reato di omesso versamento Iva non è coperto neppure dal cosiddetto “scudo fiscale” (cfr Cassazione 28724/2011), né le difficoltà finanziare dell’azienda in crisi esentano l’imprenditore dalla responsabilità penale dal non versare l’Iva dovuta. Infatti, la sfavorevole contingenza economica non deve fargli privilegiare prima alcuni creditori (fornitori e dipendenti) a discapito del pagamento dell’imposta (cfr Cassazione 29751/2013).
Ma non è tutto: la sentenza 28945/2013 contiene, inoltre, un altro interessante chiarimento. Infatti, la confisca può colpire beni dell’imprenditore, anche acquistati, come nel caso di specie, molti anni prima, in concorrenza con quelli della società, qualora questi ultimi siano insufficienti.