Tributaria

IRAP non dovuta per l’attività di Medico di Medicina generale convenzionato con il SSN

CTP Reggio Calabria, sent. n. 254/08/2013

irapIl Ricorrente, di professione Medico di Base, titolare dello “Studio Medico XXXXXX” riceveva la cartella di pagamento contraddistinta con il n. XXXXXX, dell’importo di €=XXXXXX=, emessa da Equitalia Sud S.p.A, Agente della Riscossione per la Provincia di Reggio Calabria su richiesta dell’Ente impositore Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Reggio Calabria – Ufficio Territoriale di Reggio Calabria, per : “CONTROLLO MODELLO IRAP ”. Dichiarazione modello IRAP/2009 presentata per il periodo d’imposta 2008.
Somme dovute a seguito del controllo automatizzato effettuato ai sensi dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e/o dell’art. 54 bis del D.P.R. n. 603 del 1972. Comunicazione predisposta in data XXXXX con codice atto numero 0XXXXXX. Descrizione ruolo n. XXXXX, reso esecutivo in data XXXXXX.


I soggetti appartenenti alla categoria dei medici di medicina generale, esattamente come il ricorrente, ritraggono il loro reddito di lavoro autonomo principalmente dall’attività esercitata in regime convenzionale in base all’accordo collettivo nazionale, previsto dall’art.8 D.Lgs n.502/1992 e marginalmente dalla propria attività specialistica esercitata privatamente. Nella dichiarazione modello unico tali redditi sono dichiarati nel quadro E.
I proventi convenzionali percepiti dalla ASL sono certificati dal rilascio di un cedolino, nonché dalla ritenuta alla fonte a titolo d’acconto 20% e dalle ritenute previdenziali a favore dell’Enpam. I compensi percepiti per l’attività professionale privata sono certificati dall’emissione della fattura secondo l’ordinaria disciplina prevista per i lavoratori autonomi, senza applicazione dell’iva ai sensi dell’articolo 10 del dpr n.633/72.

MOTIVIAZIONE IN DIRITTO E NEL MERITO

1) Si ritiene che la categoria dei medici di medicina generale, nell’ambito dell’esercizio della propria attività convenzionale con il Servizio Sanitario Nazionale, non possedendo una struttura “autonomamente organizzata” così come ampiamente definita dalla Corte di Cassazione, sia esclusa dall’ambito di applicazione dell’Irap, mancando il presupposto impositivo di cui all’articolo 2 del D.L.vo n.446/1997, così come interpretato dalla Corte costituzionale.
A sostegno di tale affermazione valgano le seguenti argomentazioni:
A) La Corte costituzionale con la nota sentenza n.156 del 2001 ha stabilito l’assoggettabilità dei lavoratori autonomi all’Irap solo a condizione che siano dotati di una “autonoma organizzazione” per l’esercizio della loro attività. Pur avendo espresso un monito al legislatore al fine di intervenire su tale aspetto, da fonte legislativa non è stato ancora definita una sufficiente specificazione del presupposto impositivo. Per questo motivo solo con il supporto della giurisprudenza è possibile individuare il requisito di un’attività autonomamente organizzata.
B) Come la stessa Corte di cassazione ha riconosciuto (Sent. N.3678 /2007) “Il tributo colpisce una capacità produttiva impersonale ed aggiuntiva rispetto a quella propria del professionista perché, se è innegabile che l’esercente una professione intellettuale concepisce il proprio lavoro con il contributo determinante della propria cultura e preparazione professionale, producendo in tal modo la maggior parte del reddito di lavoro autonomo, è altresì vero che quel reddito complessivo spesso scaturisce anche dalla parte aggiuntiva di profitto che deriva dal lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto e indiretto…”. A parere dei giudici della suprema Corte, è la presenza di questo “differenziale” di arricchimento prodotto dalla struttura organizzativa, rispetto a quanto riconducibile all’impiego di risorse individuali, a determinare l’assoggettabilità all’Irap.
Tale conclusione ha trovato conferma più recentemente, inter alias, anche nella sentenza della Cass. n. 13570 del 2007, nonchè nell’Ordinanza della Cass. n.2715 del 2008, nella sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Torino del 24.01.2008 n. 19/32/08.
In altri termini, la giurisprudenza ha ritenuto di attribuire alla struttura autonomamente organizzata utilizzata per l’esercizio dell’attività del libero professionista, non un valore in sé e dovuto esclusivamente alla mera esistenza, bensì una importanza legata alla attitudine di questa ad imprimere all’attività del lavoratore autonomo un “quid pluris” economicamente rilevante in termini di maggiore capacità di arricchimento che altrimenti il soggetto passivo, confidando solo sulle proprie risorse intellettuali, non otterrebbe. Soltanto al verificarsi dell’esistenza di questa peculiare forza e capacità, il fattore organizzazione si qualifica di quella “autonomia” che sancisce la capacità di integrare il presupposto del tributo. Al contrario, un’organizzazione, per quanto ampia e articolata nella sua struttura e che possegga esclusivamente la capacità di incidere in termini qualitativi sulle modalità di erogazione del servizio, senza per questo sviluppare alcun potenziale economicamente rilevante, non soddisfa i requisiti definitivamente indicati dalla giurisprudenza della Suprema Corte e non si qualifica quindi come presupposto d’imposta.
C) Stabiliti i criteri in base ai quali individuare in astratto un’organizzazione configurabile come presupposto impositivo per l’Irap, si rende evidente l’inesistenza delle caratteristiche e dei requisiti fiscalmente rilevanti, così come definiti dalla giurisprudenza, della tipica struttura organizzativa con cui il medico di medicina generale esercita la propria attività. Infatti, questo esercita la propria attività in un regime che la Cassazione (sent. n. 10310/2002) ha definito di “parasubordinazione”, non ricorrendo interamente quindi le caratteristiche tipiche né del lavoro dipendente né del lavoro autonomo, almeno limitatamente all’attività svolta nell’ambito della convenzione con il Servizio Sanitario Confedercontribuenti Direzione Nazionalenale. Fiscalmente i redditi ritratti da questa categoria soggettiva sono trattati secondo la disciplina ordinaria prevista per i redditi di lavoro autonomo. Tuttavia a ben vedere, la struttura organizzativa con cui il medico di medicina generale esercita la propria attività possiede caratteristiche peculiari che la distinguono da quella tipicamente utilizzata dai lavoratori autonomi. Basti pensare a tale proposito, a tutti i vincoli convenzionalmente previsti per il medico nell’esercizio della propria attività:
-obbligatorietà di presenza settimanale e numero di ore minime giornaliere nel proprio studio medico; -prescrizione e controlli circa i requisiti dei locali in cui si esercita l’attività e della strumentazione di dotazione; -limiti di anzianità per l’esercizio dell’attività; -monitoraggio e verifiche continue dell’attività convenzionata; -controlli, anche prescrittivi, con l’obbligo di adesione alle delibere regionali e aziendali circa l’indirizzo dell’attività.
Secondo la previsione convenzionale come noto i medici di medicina generale per l’esercizio della loro attività sono remunerati in base ad un compenso prestabilito attribuito in base al criterio capitario per ogni assistito. Inoltre, sempre secondo le prescrizioni della convenzione, è previsto un numero minimo e massimo di assistiti, cosicchè la retribuzione complessiva del medico di medicina generale oltre ad essere predeterminata è anche prevedibile nella sua quantificazione. In questo contesto è agevole dedurre quanto diversa sia la struttura organizzativa del medico di medicina generale da quella del tipico libero professionista. Infatti, nell’esercizio della propria attività il medico è sottoposto a vincoli che ne limitano la libertà di impiego delle proprie risorse fisiche, intellettuali e patrimoniali. Ciò comporta necessariamente una funzionalità dell’organizzazione di mezzi, personale e risorse economiche molto peculiare. In altri termini, è arduo rintracciare l’attitudine di un’organizzazione così strutturata a “potenziare la produzione di ricchezza….” (Ord. Cass. n. 2715/08) a vantaggio del professionista, ovvero l’esistenza di “un quid pluris…. in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista” (Cass.3676/07), quanto piuttosto è inevitabile concludere che “non si possa affermare la sussistenza di un organizzazione autonoma foriera di determinare un valore aggiunto tassabile” (CTR Piemonte n. 19/32/08)
D) Le conclusioni di quanto sostenuto convincono definitivamente della non configurabilità del presupposto di applicazione del tributo in capo al medico di medicina generale in quanto l’organizzazione di cui dispone per l’esercizio della sua attività convenzionata non possiede in nessuna circostanza l’indefettibile requisito della “autonomia”. Ciò in quanto, essa non può mai incidere in termini economicamente rilevanti sul processo di arricchimento del soggetto. Invece, la consistenza e l’ampiezza dei mezzi e delle risorse impiegate dal medico incidono solo ed esclusivamente sugli aspetti qualitativi del servizio sanitario erogato a beneficio dei pazienti, nonché nell’ambito della responsabilità di una prestazione coscienziosa di rilevanza sociale.
Ciò che di economicamente rileva è piuttosto la sensibile decurtazione di una retribuzione già predeterminata. Né valga a tale proposito l’obiezione secondo la quale una migliore e più efficiente organizzazione nello studio medico attragga una più larga “clientela”, aumentando così il volume dei compensi per il medico, in quanto ciò non ha alcuna verosimiglianza con la realtà. Infatti, è noto quanto decisivi a determinare la scelta del proprio medico curante siano fattori come l’affidamento personale, l’esistenza di vincoli di amicizia e parentali, la praticità della vicinanza geografica, piuttosto che il personale impiegato nello studio, i confort di questo, ovvero la sofisticazione dei mezzi impiegati.
– E) Ed ancora, secondo la Commissione Tributaria Provinciale (sezione 48) e Regionale (sezione 35) di Roma, rispettivamente con le sentenze 102 del 28 gennaio e 13 del 25 gennaio 2010 i medici che non svolgono un’attività autonomamente organizzata, quindi i medici di famiglia convenzionati con le aziende sanitarie locali, non sono soggetti all’Irap poiché è evidente la mancanza di organizzazione nell’attività particolare che svolge il medico di base.
Il medico di famiglia esercita, infatti, l’incarico sotto il potere di sorveglianza delle Asl, in seguito ad un concorso per titoli e l’iscrizione in speciali elenchi e per l’esercizio dell’attività deve aprire un ambulatorio nella località che gli viene assegnata; non può superare un numero massimo di assistiti; è tenuto a osservare un orario settimanale di apertura dell’ambulatorio e di esecuzione di visite domiciliari; ha, anche, un obbligo di preventiva comunicazione del periodo di ferie ed il trattamento economico è già prestabilito e tutto questo esclude la presenza di un’organizzazione autonoma con la conseguenza che non si può parlare di base imponibile ai fini Irap.

(A cura di Maria Luisa Votano)

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