Arte & CulturaTopnews

Le Marce Noviolente di Gandhi, King, Capitini e Lambrakis

di Pancrazio Caponetto – «Deve essere chiaro che una marcia nonviolenta non risolve direttamente alcun problema sociale o politico, né può far conoscere compiutamente i principi e le finalità che spingono i gruppi partecipanti a effettuarle, e chiunque vi prenda parte deve considerarle come un prolungamento pubblico e visibile della MARCIA CONTINUA che sta compiendo personalmente e coerentemente da quando ha abbracciato tali principi. Ciò malgrado, una marcia nonviolenta, fisicamente svolta da un punto X a un punto Y, può essere un segno, in un breve o meno lasso di tempo, del proprio impegno a conseguire certi cambiamenti nel modo di essere della propria o di altre comunità: deve rappresentare una cassa di risonanza».

Così Davide Melodia, uno degli esponenti più significativi del movimento nonviolento italiano, ricordava il senso del marciare come strumento di disobbedienza civile o momento di lotta per il raggiungimento di obiettivi di pace e giustizia.
Il primo a vivere questa esperienza fu Mohandas Gandhi, il maestro della nonviolenza, il Mahatma ( grande anima ). Recatosi da giovane avvocato in Sudafrica ( 1893 ), per un’esperienza lavorativa, vi rimarrà per più di vent’anni lottando per i diritti della comunità indiana con le armi della nonviolenza. Il primo banco di prova della sua lotta nonviolenta fu la marcia del Transvaal, iniziata il 6 novembre 1913 per denunciare la discriminazione razziale di cui era oggetto la comunità indiana. Gandhi partì dalla provincia sudafricana del Natal, alla testa di 1700 persone con l’obiettivo di raggiungere la regione del Transvaal, che impediva l’ingresso ai lavoratori indiani. I marciatori giunsero il 10 novembre nella città di Balfour dove l’esercito intervenne con la forza per rimandarli nel Natal. Vi furono morti e feriti e Gandhi fu arrestato e condannato a vari mesi di lavori forzati.Tuttavia in seguito al clamore suscitato dalla marcia nell’opinione pubblica internazionale, il governo sudafricano avviò delle trattative con Gandhi che portarono agli accordi del 27 maggio 1914, che stabilirono la convalida in Sudafrica dei matrimoni celebrati in India,; l’abolizione della tassa di tre sterline che i lavoratori indiani pagavano per mantenere il posto di lavoro; la concessione agli indiani del Natal di entrare liberamente in Sudafrica.

Tornato in India nel 1915, Gandhi divenne il leader del movimento che si batteva per ottenere l’indipendenza dell’India dal dominio britannico. Nel primo dopoguerra egli diede vita a due campagne di disobbedienza civile ( 1919 e 1921 ) e nel 1930, tornò incammino, per dir così, con una nuova marcia nonviolenta, la marcia del sale. In India gli inglesi avevano il monopolio della vendita del sale sui mercati internazionali e Gandhi mise in piedi una nuova campagna nonviolenta per protestare contro questa situazione. La marcia del sale, alla quale parteciparono migliaia di persone, ebbe inizio il 12 marzo 1930 con partenza dalla località di Sabarmati. Il 6 aprile i marciatori giunsero nella città costiera di Dandi dove il Mahatma e insieme a lui tanti altri, raccolsero un pugno di sale marino in segno di protesta. Anche questa volta, come anni prima in Sudafrica, la marcia nonviolenta ebbe un grande impatto sull’opinione pubblica al punto che un anno dopo venne firmato un patto fra Gandhi e il Vicerè britannico Lord Irwin in base al quale il primo si impegnava a sospendere la campagna di disobbedienza civile in cambio della liberazione di molti detenuti politici e della modifica della legislazione sul monopolio del sale.

Le lotte nonviolente di Gandhi influenzarono profondamente Martin Luther King ( 1929 – 1968 ), pastore della chiesa battista di Montgomery ( Alabama ), leader del movimento che negli USA, si batteva in difesa dei diritti civili della comunità afroamericana. Fin dal 1959,durante un viaggio in india, egli aveva definito la nonviolenza “ l’arma più potente a disposizione degli oppressi per la giustizia e la dignità umana. “

Tra il 1963 e il 1965 egli animò diverse marce nonviolente. La prima partì da Birmingham in Alabama, Stato fortemente razzista. La marcia non era autorizzata, pertanto King e il suo collaboratore Ralph Abernathy vennero arrestati. Durante la prigionia King scrisse un testo, Letter from Birmingham, in cui sosteneva il diritto del cittadino di non rispettare leggi ingiuste, mostrandosi disposto ad affrontare anche il carcere per manifestare il proprio dissenso.

Dopo la sua liberazione King lanciò una nuova marcia nonviolenta, dispersa dalla polizia anche con l’uso di pompe antincendio. Gli eventi di Birmingham suscitarono l’attenzione della presidenza della Repubblica americana, guidata da John Fitzgerald Kennedy, in precedenza mostratosi molto tiepido verso le lotte per i diritti civili della comunità afroamericana. Per venire incontro alle richieste di King e della comunità afroamericana l’amministrazione Kennedy presentò al congresso, nel giugno del 1963, un apposito provvedimento legislativo, il Civil Rights act. Per sollecitarne l’approvazione King e i leaders delle principali organizzazioni per i diritti civili convocarono, nell’agosto del 1963, la marcia per il lavoro e la libertà di Washington. Alla mobilitazione parteciparono circa 250.000 marciatori. La marcia si svolse a cento anni dall’entrata in vigore del Proclama di emancipazione col quale il Presidente USA ,Abrham Lincoln, decretava la liberazione di tutti gli schiavi neri. A conclusione della marcia, King pronunciò,davanti al Lincoln memorial , il celebre discorso passato alla storia come I have a dream. Ricordando il Proclama di Lincoln, King disse: “Questo è il momento di realizzare le promesse della democrazia; questo è il momento di levarsi dall’oscura e desolata valle della segregazione al sentiero radioso della giustizia.; questo è il momento di elevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale alla solida roccia della fratellanza; questo è il tempo di rendere vera la giustizia per tutti i figli di Dio.” E poi aggiunse: “Io ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza. “

Dopo la marcia King e i leaders delle organizzazioni dei diritti civili furono ricevuti dal presidente Kennedy per discutere del civil rights act. La legge entrerà in vigore nel luglio del 1964, firmata dal successore di Kennedy, Lyndon Johnson. Essa vieterà le discriminazioni razziali sui posti di lavoro, prevederà la desegregazione nelle scuole e nei luoghi pubblici, pianificherà il varo di una commissione per le pari opportunità di impiego.

Altri obiettivi restavano da conquistare per la comunità afroamericana, ad esempio l’estensione del diritto di voto. Fu per questo motivo che King, nel marzo de 1965, lanciò una nuova marcia nonviolenta, la Selma – Montgomery, capitale dell’Alabama. Si trattò in realtà di tre marce. La prima venne bloccata dalla polizia e dagli attacchi di bianchi razzisti. La seconda fu voluta da King che sfidò i divieti di un giudice dello Stato, ponendosi alla testa dei marciatori, ma anche questa volta la polizia ne impedì lo svolgimento. Infine nella terza marcia i manifestanti giunsero a Montgomery. Partirono in 4000 e giunsero in 20000 circa.

La lotta nonviolenta di King e dei suoi seguaci non fu vana, infatti nell’agosto del 1965 il Presidente Lyndon Johnson firmò il “voting rights act “ che poneva fine alle pratiche di voto discriminatorie nei confronti dei neri, messe in atto in molti stati del Sud degli USA.
L’impegno di King in difesa della comunità afroamericana fu bruscamente interrotto dal suo assassinio a Memphis il 3 aprile 1968, ma le sue battaglie restano vive nella memoria degli uomini liberi ( King fu premio Nobel per la pace nel 1964 ).

La teoria e la pratica della nonviolenza si è affermata in Italia grazie all’opera e alle battaglie di Aldo Capitini ( 1899 – 1968 ). Segretario della Scuola Normale superiore di Pisa, dopo esserne stato convittore, Capitini fu costretto a lasciare il posto nel 1933 per essersi rifiutato di prendere la tessera del Partito Fascista.

Egli iniziò a diffondere le sue idee sulla nonviolenza sin dalla pubblicazione della sua prima opera Elementi di un’esperienza religiosa ( 1937 ). Il libro, che sfuggì alla censura fascista, diffondeva principi opposti a quelli esaltati dal regime: nonviolenza; nuova socialità ( sintesi di libertà e giustizia sociale ) ; riforma religiosa.

Fondamentale nell’elaborazione teorica di Capitini, risultava l’apporto della nonviolenza gandhiana: “ “… Ho visto Gandhi – scriveva nel dopoguerra – portare i principi della nonviolenza e della nonmenzogna nella vita politica e questo mi ha attratto…Gandhi mi mostrava con i fatti e con le sue parole limpidissime che la mia tendenza alla politica…non era discorde dall’esperienza intima, religiosa, di servire il meglio, ciò che è buono assolutamente.”

La militanza antifascista di Capitini prese corpo con la fondazione ( 1940 ), insieme al filosofo Guido Calogero e ad altri intellettuali del movimento liberalsocialista che aveva l’ambizione di coniugare i principi del liberalismo con quelli del socialismo.

L’impegno politico di Capitini non si esaurì con la liberazione dal fascismo. Nel dopoguerra egli diede vita ai Centri di Orientamento Sociale ( 1944 ), periodiche assemblee di cittadini in cui si discutevano argomenti politici e sociali e, più tardi, ( 1952 ) ai COR, Centri di Orientamento Religioso in cui si proponeva una riforma religiosa in direzione antiautoritaria, antidogmatica e antimitologica.
Aldo Capitini rimane nella storia del pacifismo e della nonviolenza anche per l’organizzazione della prima marcia della pace Perugia – Assisi, tenutasi il 24 settembre 1961. L’idea di una manifestazione per la pace venne a Capitini già negli anni ’50 come forma di testimonianza nonviolenta di fronte alla realtà di un mondo prigioniero della guerra fredda, diviso in due blocchi politico – militari contrapposti. Nell’estate del 1960 si costituì un comitato promotore della marcia che iniziò a raccogliere adesioni di partiti, sindacati,parlamentari, intellettuali, amministratori locali. Capitini disegnò il percorso della marcia scegliendo come meta Assisi, la città di San Francesco, il santo della nonviolenza, ispiratore della sua religiosità. La marcia partita da Perugia ( città natale di capitini ) alle otto del mattino giunse ad Assisi nel tardo pomeriggio. Qui Capitini lesse la mozione del popolo per la pace, contente gli obiettivi che il movimento perseguiva. Tra questi: superamento dell”imperialismo e del razzismo, rafforzamento delle Nazioni Unite, disarmo, fine degli esperimenti nucleari.

Da allora fino ad oggi, quasi tutti gli anni, si è rinnovata l’esperienza della marcia per la pace, nel ricordo di Aldo Capitini, maestro di nonviolenza, il “ Gandhi italiano “.
Il 21 aprile 1963 in Grecia, avrebbe dovuto svolgersi una marcia della pace sul percorso di 42 Km da Maratona ad Atene. L’organizzatore era Grigoris Lambrakis un deputato dell’EDA ( Eniaia Democratici Aristera ) Unione Democratica di Sinistra. Lambrakis ( 1912 – 1963 ) era stato attivo nella Resistenza all’occupazione nazista della Grecia. Nel dopoguerra mantenne viva la sua passione per la politica schierandosi dalla parte dei movimenti pacifisti che si battevano contro la guerra nel Vietnam. Fu il promotore della Commissione internazionale per la distensione e la pace. L’idea di tenere una marcia della pace in Grecia, gli venne dopo aver partecipato, nel 1960, alla Londra – Aldermaston una marcia organizzata dalla CND ( Compaign for Nuclear Disarmament ) per protestare contro il proliferare degli armamenti atomici nel mondo. Pertanto nel 1963 si propose di coinvolgere manifestanti, intellettuali, gente comune nella marcia da Maratona ad Atene. Tuttavia la polizia greca ostacolò l’iniziativa ( all’epoca la Grecia era retta dal governo di Destra di Kostas Karamanlis ) arrestando tutti i partecipanti alla marcia con l’eccezione di Lambrakis, protetto dall’immunità parlamentare. Fu così che quest’ultimo si trovò a marciare da solo per i 42 KM da Maratona ad Atene, con in mano una bandiera con il simbolo della pace.

Un mese dopo la sua eroica impresa, Lambrakis venne assassinato da estremisti di Destra. Al suo funerale parteciparono 500.000 persone accusando il Re e il governo di coprire i gruppi di Destra da cui provenivano gli assassini di Lambrakis. Quando la magistratura scoprì gli autori del delitto, le complicità della polizia e le responsabilità del governo, Karamanlis fu costretto alle dimissioni.
Le lotte di Lambrakis e la sua tragica fine ispirarono lo scrittore greco Vassilis Vassilikos che scrisse un romanzo intitolato Z. Z è la lettera iniziale della parola greca “ZEI “ che significa “vive” e questa lettera comparve sui muri di molte città greche dopo la morte di Lambrakis. La vicenda del “marciatore solitario” ispirò anche il regista Costa – Gravas, che alle sue ultime ore di vita dedicò un film “ L’orgia del potere” ( 1969 ), vincitore del premio Oscar come miglior film straniero.


Tutti gli articoli del Prof. Pancrazio Caponetto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *