Schwa al bando: la censura del liceo di Padova accende il dibattito sull’inclusività linguistica

Il caso: un articolo censurato e una protesta studentesca
L’articolo incriminato, pubblicato sul giornalino del liceo Selvatico, utilizzava lo schwa per riferirsi in modo neutro alla comunità scolastica, una pratica sempre più diffusa tra i giovani, specialmente nei contesti universitari e sui social, come forma di attivismo linguistico a sostegno dei diritti LGBTQIA+. La preside, però, ha ritenuto il simbolo “non opportuno” e ha chiesto la modifica del testo prima della pubblicazione, sostituendo lo schwa con forme tradizionali di maschile e femminile. “Il linguaggio della scuola deve parlare a tutti, non solo alla comunità queer”, ha dichiarato la dirigente, aggiungendo che “esasperare la diversità rischia di escludere la maggioranza ed essere controproducente”.
La redazione del giornalino non ha accettato la decisione in silenzio. In una lettera pubblica, gli studenti hanno definito la richiesta un “atto di censura”, sottolineando che Wild Times è nato per dare voce a tutti, non per omologare il pensiero. “Scriviamo per le nostre idee, non per omologarci a quelle degli altri”, hanno dichiarato, citando l’articolo 21 della Costituzione, che garantisce il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. Il clima al Selvatico, già teso per precedenti scontri con la dirigenza, è diventato ancora più incandescente: sono apparsi volantini con la scritta “No alla censura al Selvatico!” e gli studenti hanno indetto un’assemblea per discutere della questione
Il contesto: un dibattito linguistico e politico
La vicenda di Padova non è un caso isolato, ma si inserisce in un dibattito più ampio che coinvolge linguisti, accademici, politici e attivisti. Lo schwa, un simbolo fonetico rappresentato dalla “e rovesciata” (ə), è stato adottato negli ultimi anni come alternativa al maschile sovraesteso e all’asterisco (ad esempio, “tutt*”) per indicare un genere neutro, in particolare nelle comunicazioni inclusive rivolte a persone non binarie o genderqueer. La sua diffusione, però, ha incontrato resistenze. L’Accademia della Crusca, massima autorità linguistica italiana, ha più volte ribadito che lo schwa non è grammaticalmente corretto e che il suo uso compromette la leggibilità e l’accessibilità dei testi, soprattutto per chi ha difficoltà di lettura o non conosce il simbolo.
A livello politico, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha preso una posizione netta contro l’uso dello schwa e dell’asterisco nelle scuole. Con la nota n. 1784 del 21 marzo 2025, ha invitato gli istituti a “attenersi alle regole della lingua italiana” nelle comunicazioni ufficiali, vietando simboli non convenzionali negli atti scolastici. La decisione della preside del Selvatico si allinea a questa linea, ma solleva una domanda: un giornalino studentesco, che per sua natura dovrebbe essere un laboratorio di idee e sperimentazione, deve sottostare alle stesse regole di un documento amministrativo?
Inclusività o imposizione?
Il caso di Padova mette in luce una tensione profonda tra due visioni opposte dell’inclusività linguistica. Da un lato, gli studenti e gli attivisti vedono nello schwa un simbolo di emancipazione, un modo per rendere la lingua più rappresentativa di una società che evolve e riconosce identità di genere diverse. “L’uso dello schwa si è ormai diffuso nei contesti social e universitari”, hanno sottolineato gli studenti del Selvatico, evidenziando come per molti giovani sia una pratica naturale, un segno di rispetto e apertura. Dall’altro lato, la preside e chi condivide la sua posizione sostengono che la lingua italiana sia già inclusiva di per sé e che l’introduzione di simboli estranei possa creare più divisioni che ponti. “Perché non usare maschile e femminile, lasciando che ognuno si identifichi dove meglio crede, senza entrare nel merito?”, si è chiesta la dirigente [].
Questa posizione, però, non tiene conto di un aspetto cruciale: per le persone non binarie, né il maschile né il femminile possono rappresentare un’identità che non si riconosce in queste categorie. Lo schwa, pur con i suoi limiti pratici – come la difficoltà di pronuncia o la sua incompatibilità con alcuni software di lettura per dislessici – risponde a un’esigenza reale, quella di sentirsi visti e rappresentati. La censura dell’articolo, in questo senso, non è solo una questione linguistica, ma un segnale culturale: scegliere di eliminare lo schwa significa, per molti, negare visibilità a una comunità che già lotta per essere accettata.
Tuttavia, è innegabile che l’introduzione di un simbolo come lo schwa ponga sfide concrete. La lingua italiana, con la sua struttura binaria, non è facilmente adattabile a un genere neutro, e forzare un cambiamento può generare resistenze, soprattutto in contesti istituzionali come la scuola, dove l’accessibilità e la chiarezza sono fondamentali. La soluzione proposta dalla Crusca, che suggerisce di privilegiare costruzioni neutre già esistenti (come “la persona” o “il corpo studentesco”), potrebbe essere un compromesso, ma rischia di non soddisfare chi vede nello schwa un simbolo politico oltre che linguistico.
Un’occasione persa per il dialogo
La vicenda del liceo Selvatico rappresenta un’occasione persa per trasformare un conflitto in un dialogo. La scuola, più di ogni altro luogo, dovrebbe essere uno spazio di sperimentazione e confronto, dove gli studenti possono esplorare nuove idee – linguistiche, culturali, politiche – senza paura di essere censurati. La decisione della preside, pur motivata da ragioni comprensibili, appare come un’imposizione che soffoca il dibattito anziché alimentarlo. Avrebbe potuto, ad esempio, organizzare un incontro tra studenti, insegnanti e linguisti per discutere dell’uso dello schwa, trasformando il giornalino in un laboratorio di riflessione collettiva.
Il caso di Padova ci ricorda che la lingua non è mai neutra: è un terreno di scontro, un riflesso delle trasformazioni sociali e culturali. In un’Italia che nel 2025 si trova a fare i conti con temi come i diritti LGBTQIA+, la violenza di genere – come dimostrano i tragici casi di femminicidio riportati da Sky TG24 – e l’inclusività, il dibattito sullo schwa non è solo una questione di grammatica, ma di identità e riconoscimento. La sfida, per le scuole e per la società, è trovare un equilibrio tra il rispetto della tradizione linguistica e l’apertura al cambiamento, senza che l’una escluda l’altro.