Cattivo sangue di Elena Di Cioccio: un’autobiografia cruda e liberatoria sull’HIV e la rinascita

La trama: una vita al confine tra distruzione e rinascita
Elena Di Cioccio, allora 28enne, è una giovane donna in ascesa: dopo anni di gavetta come VJ su All Music, speaker per Radio Deejay e RDS, e inviata per Le Iene, il successo sembra finalmente a portata di mano. Ma un referto medico cambia tutto: scopre di essere sieropositiva. Quella diagnosi, ricevuta nel 2002, diventa un macigno che la spinge in una spirale di autodistruzione. Alcol, cocaina, relazioni tossiche e violenze fisiche segnano anni di sofferenza, in cui Elena – o Velena, come si autodefinisce nei momenti più bui – si nasconde dietro una maschera di spavalderia per sopravvivere al peso del segreto.
Il libro non si limita a raccontare la malattia. Scava nelle ferite più profonde dell’autrice: un’infanzia segnata dall’assenza del padre, Franz Di Cioccio, batterista della PFM, e da un rapporto complesso con la madre, Anita Ferrari, una “leonessa-bambina ferita” che si toglierà la vita. Ci sono anche il lutto per il fratello, morto a tre anni soffocato, e le difficoltà di crescere in una famiglia disfunzionale, tra liti e solitudine. Elena narra tutto con una sincerità disarmante: gli abusi, le botte, il senso di vergogna per il suo “cattivo sangue”, inteso sia come malattia sia come eredità emotiva. Ma il cuore del libro è la rinascita: dopo anni di paura e rabbia, Elena decide di liberarsi dal segreto, accettando la propria vulnerabilità e trasformando la condanna in un messaggio di speranza.
Un racconto che sfida i tabù
Secondo un’analisi pubblicata su MOW (2023), Cattivo sangue si distingue nell’autofiction contemporanea per la sua assenza di retorica e autocommiserazione. Elena Di Cioccio non si presenta come vittima, né cerca di educare il lettore con una “favoletta morale”. La sua scrittura, frammentata e rapsodica, riflette il caos della vita: è un flusso emotivo che alterna ironia e dolore, come evidenziato su maremosso.lafeltrinelli.it. Questo stile, diretto e privo di filtri, permette al lettore di entrare in empatia con l’autrice, che non si pone su un piedistallo, ma si racconta come “una povera stronza uguale a noi altre”, per usare le parole di MOW.
Il tema centrale del libro è lo stigma legato all’HIV. Elena sottolinea quanto sia ancora difficile, nel 2023, rivelare la propria sieropositività in Italia, dove il rischio di perdere lavoro, affetti e socialità è concreto. La sua decisione di parlarne apertamente, prima in un monologo a Le Iene e poi nel libro, è un atto di coraggio che sfida pregiudizi e disinformazione. La comunicazione sull’HIV, come lei stessa dichiara al Corriere della Sera, si è fermata al 1989, lasciando spazio a paure irrazionali. Eppure, grazie ai progressi medici, Elena non è più infettiva, un “sospiro di sollievo” che le ha permesso di smettere di vivere in allerta.
Mirabile, poi, la capacità di Di Cioccio di intrecciare il racconto della malattia con altri aspetti della sua vita, come il rapporto con i genitori e le dipendenze. La narrazione è potente ed ha una struttura non lineare che però non disorienta chi cerca una storia più tradizionale. E’ proprio questa autenticità a rendere Cattivo sangue un’opera unica: non vuole compiacere, ma scuotere.
Cattivo sangue ha visto la luce in un momento in cui l’Italia stava iniziando a riaprire il dibattito sull’HIV. Nel 2023, come riportato su www.trevisotoday.it, circa 2.000 persone ricevevano annualmente una diagnosi di HIV, spesso per via sessuale, e lo stigma rimaneva una barriera significativa. Iniziative come quelle di ANLAIDS Treviso e della rete Fast Track Cities, citate in vari articoli, mostrano un crescente impegno per la sensibilizzazione, ma il lavoro da fare è ancora tanto. Elena Di Cioccio, con il suo libro, contribuisce a questo dialogo, non solo raccontando la sua storia, ma anche partecipando a eventi pubblici, come quello del 2 luglio 2024 al Villaggio Barona di Milano, organizzato dalla Cooperativa Lotta Contro l’Emarginazione.
La biografia di Di Cioccio, ricca e poliedrica, aggiunge spessore al libro. Nata nel 1974, figlia d’arte, ha vissuto una carriera che l’ha portata dalla radio al cinema, da Le Iene a fiction come Squadra mobile e serie internazionali come Signora Volpe (2024). Ma dietro il successo pubblico c’era un dolore privato che solo ora, con Cattivo sangue, ha trovato voce. Questo contrasto tra la facciata pubblica e la lotta interiore è un tema ricorrente nel libro, che invita a guardare oltre le apparenze.
Cattivo sangue è un’autobiografia che non lascia indifferenti. Elena Di Cioccio, con una scrittura che Il Libraio descrive come un “inno alla libertà”, offre un ritratto crudo ma luminoso di una donna che ha trasformato il dolore in forza. È un libro che parla di HIV, ma anche di resilienza, di famiglia, di amore e di accettazione. In un’Italia che ancora fatica a superare i pregiudizi sull’HIV, il messaggio di Elena rimane più che mai attuale: non si può fingere che il problema non esista solo perché fa paura. Cattivo sangue è un invito a conoscere, a confrontarsi e a non giudicare – un atto di coraggio che, come sottolinea La Civiltà Cattolica, ci ricorda che il buio può smettere di far paura quando si ha il coraggio di accendere una luce.