Per l’inadeguata vigilanza da parte dei docenti paga il Ministero – CASSAZIONE CIVILE, Sezione II, Sentenza n. 9752 del 10/05/2005
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Gli atti
illeciti ascrivibili all’inadeguato espletamento della vigilanza sugli allievi
da parte del personale docente sono ‘direttamente riferibili al Ministero della
Pubblica Istruzione,. L’art. 28 della Costituzione estende la responsabilità
dei funzionari allo Stato in virtù del rapporto di immedesimazione organica.
Suprema Corte
di Cassazione, Sezione Seconda Civile, sentenza n.9752/2005 (Presidente: P.
Vittoria; Relatore: I. Purcaro)
LA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE II
CIVILE
SENTENZA
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di
citazione ritualmente notificato, la Società Piana delle Cinque Vie a.r.l.
convenne innanzi al Giudice di pace di Afragola i professori C., A., A., F., E.,
G. e G, chiedendo la condanna degli stessi alla restituzione della somma di L.
1.087.800.
Premetteva di
avere organizzato, per conto del Liceo Scientifico Statale F. Brunelleschi di
Afragola, una gita scolastica a Parigi nei giorni 14- 19 aprile 1997, con
alloggio nell’albergo Battandis.
Durante la
notte fra il 17 e il 18 gli alunni, eludendo la sorveglianza dei professori,
avevano prodotto schiamazzi tali da indurre la direzione dell’albergo a chiamare
la sorveglianza, e, in seguito all’episodio, a pretendere il pagamento della
somma di 3.700 franchi, pari a L. 1.087.800per il pregiudizio subito.
La somma era
stata versata dai professori accompagnatori, i quali, una volta rientrati in
Italia, ne avevano preteso la rifusione dalla Società Piana, la quale aveva
effettuato il pagamento, ma successivamente ne aveva chiesto la restituzione, e,
non avendola ottenuta, instauro’ il giudizio innanzi al Giudice di Pace di
Afragola.
Costituitosi
il contraddittorio, i docenti si opposero alla domanda, chiedendo di chiamare in
causa il liceo Brunelleschi in persona del suo legale rappresentante; il Giudice
autorizzo’ la chiamata di tale soggetto ed, altresi’, quella del Provveditorato
agli Studi di Napoli e del Ministero della Pubblica istruzione.
Nella
contumacia di tali chiamati, il Giudice di Pace, con sentenza depositata in data
25 luglio 2000, ha deciso la causa nel seguente modo: ha estromesso dal giudizio
il Provveditorato ed il Ministero per carenza di legittimazione passiva; ha
rigettato, per carenza di legittimazione passiva, la domanda nei confronti dei
docenti convenuti; ha condannato il Dirigente Scolastico, in solido con il Liceo
Scientifico Brunelleschi al pagamento della somma per cui è causa, oltre
interessi e spese.
Per la
cassazione di tale sentenza il Ministero della Pubblica Istruzione ha proposto
ricorso, sulla base di tre motivi.
Gli intimati
non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA
DECISIONE
Con il primo
motivo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza e del procedimento (art.
360 n. 4 c.p.c.), assumendo che la sentenza impugnata e tutto il procedimento
innanzi al primo giudice erano affetti da nullità, ai sensi degli art. 11 r.d.
30 ottobre 1933, n. 1611, 144 e 160 c.p.c., per essere stato l’atto di chiamata
in causa del ministero, del provveditorato agli studi e del liceo Brunelleschi
notificato direttamente presso gli uffici dell’amministrazione e non presso
l’Avvocatura dello Stato.
La nullità,
non sanata, della notificazione dell’atto di vocativo in ius comportava la
nullità del giudizio e della sentenza che lo aveva concluso.
La censura va
disattesa.
Se, in linea
di principio, è esatto quanto dedotto dal ricorrente, e cioè, ove siano
convenuti lo Stato o altro ente pubblico ammesso alla difesa erariale, è
necessaria la notifica dell’atto introduttivo della lite presso l’Avvocatura
dello Stato, alla stregua di quanto testualmente disposto dall’art. 11 del R.D.
30 ottobre 1933, n. 1611, che, nelle ipotesi di patrocinio ex lege
dell’Avvocatura, prescrive siano presso di essa notificate tutte le citazioni ed
i ricorsi davanti ai giudici.
Peraltro,
nella specie, il ricorrente non ha provveduto, come era suo onere, a provare
quanto dedotto, depositando una copia dell’atto di chiamata in causa dei
convenuti, davanti al giudice di pace, con la relativa notifica.
Con il
secondo motivo, denunziando violazione dei principi sul contraddittorio art. 101
c.p.c. (art. 360 n. 3 e 4 c.p.c.), si assume che la chiamata in causa del liceo
scientifico statale F. Brunelleschi era contraria alle norme sulla
rappresentanza e personificazione delle amministrazioni dello Stato, in quanto
il liceo era, all’epoca, sprovvisto di personalità giuridica, e costituiva
soltanto un organo dell’Amministrazione della Pubblica Istruzione:
l’instaurazione del contraddittorio nei confronti della Scuola era, pertanto,
affetta da nullità e tale era la pronuncia di condanna del Liceo come oggetto
distinto dal Ministero.
Il motivo
merita accoglimento.
Invero,
all’epoca del fatto per cui è causa, i licei scientifici erano sforniti di
personalità giuridica, acquisita solo successivamente, per effetto della legge
delega n. 59 del 15 marzo 1997 e dei successivi provvedimenti di attuazione.
Peraltro, la
circostanza dell’acquisto della personalità giuridica ha, a ben vedere, una
rilevanza del tutto marginale, ai fini della legittimazione passiva in ordine
all’azione risarcitoria promossa dalla società Piana delle Cinque Vie con
l’atto introduttivo della lite.
Come si
evince dall’art. 1 della menzionata legge (che dispone testualmente: attuando a
tal fine anche l’estensione ai circoli didattici, alle scuole medie, alle scuole
e agli istituti di istruzione secondaria, dalla personalità giuridica degli
istituti tecnici e professionali e degli istituti d’arte ed ampliando
l’autonomia per tutte le tipologie degli istituti di istruzione, anche in deroga
alle norme vigenti in materia di contabilità dello Stato), in effetti con tale
legge si è conferita ad ogni tipo di istituto di istruzione secondaria la
personalità giuridica, della quale erano precedentemente forniti solo gli
istituti tecnici professionali e quelli di arte.
Orbene,
relativamente agli istituti tecnici statali, muniti di personalità giuridica e
di autonomia, nel loro funzionamento, in virtù dell’art. 3 della legge 15
giugno 1931, n. 889, questa Suprema Corte, con riguardo a fatti dannosi
procurati a terzi da minori nel omento in cui gli stessi dovevano ritenersi
affidati agli insegnanti e sottoposti alla loro vigilanza, ha sempre ritenuto
sussistere la legittimazione passiva del Ministero della P.I.
Infatti, è
stato affermato, con giurisprudenza costante, che il personale docente degli
istituti statali di istruzione superiore, che costituiscono organi dello Stato,
muniti di personalità giuridica ed inseriti dell’organizzazione statale, si
trova in rapporto organico con l’Amministrazione della Pubblica Istituzione
dello Stato e non con i singoli istituti, dotati di mera autonomia
amministrativa (Cass. 17 gennaio 1996, n. 341).
Al riguardo
l’art. 61 della legge 11 luglio 1980 n. 312 testualmente dispone: la
responsabilità patrimoniale del personale direttivo, docente, educativo e non
docente della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato e
delle istituzioni educative statali per danni arrecati direttamente
all’Amministrazione in connessione a comportamenti degli alunni è limitata ai
soli casi di dolo o colpa grave nell’esercizio della vigilanza sugli alunni
stessi.
La
limitazione di cui al comma precedente si applica anche alla responsabilità del
predetto personale verso l’Amministrazione che risarcisca il terzo dei danni
subiti per comportamenti degli alunni sottoposti alla vigilanza.
Salvo rivalsa
nei casi di dolo o colpa grave, l’Amministrazione si surroga al personale
medesimo nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse
da terzi.
Con la norma
de qua si sancisce, in primo luogo: che la responsabilità del personale
scolastico delle scuole statali, per fatti commessi agli alunni, è limitata ai
soli casi di dolo e colpa grave, per i danni arrecati all’Amministrazione,
nell’esercizio dell’obbligo di vigilanza; che la limitazione di cui sopra si
riferisce anche alla responsabilità del menzionato personale per danni subiti
da terzi per comportamenti degli alunni sottoposti alla vigilanza.
Inoltre, come
si deduce dall’ultima parte del comma II del citato art. 61, l’amministrazione
(statale) sui surroga al personale di cui sopra per gli illeciti commessi dal
personale medesimo.
Peraltro, non
di ogni tipo di illecito si tratta, come potrebbe apparire a prima vista dalla
lettura del testo legislativo, che, in effetti, contiene un riferimento del
tutto generico alle responsabilità civili del personale scolastico, ma
esclusivamente dell’illecito connesso alla culpa in vigilando, come, invece,
appare più logicamente dedurre dallo stretto collegamento della disposizione in
esame con le norme precedenti, che disciplinano appunto la culpa in vigilando
del personale scolastico.
Ed in
effetti, siffatta interpretazione è stata recepita anche dal giudice delle
leggi, con la sentenza n. 64 del 5 febbraio 1992, la quale, ritenendo infondata
la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 61, comma II L. 11
luglio 1980, n. 312, sollevata in riferimento all’art. 28 Cost., ha posto in
luce come in virtù di tale normativa, gli insegnanti statali, limitatamente
alla materia di responsabilità per culpa in vigilando, cessano di essere
legittimati personalmente verso terzi, sulla quale gravano, in via diretta, le
responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi.
Lo Stato
potrà rivalersi sugli insegnanti, ove il difetto di vigilanza sia ascrivibile a
dolo o colpa grave e, in tali ipotesi, potrà anche agire contro di essi per i
danni arrecatigli direttamente dal comportamento degli alunni.
Alla stregua
di tali principi, consegue che gli atti illeciti, ascrivibili al personale
docente di un istituto scientifico (per inadeguato espletamento della vigilanza
sugli allievi ad essi affidati), siano direttamente riferibili al Ministero
della Pubblica Istruzione.
Ha errato,
pertanto, nella specie il giudice di pace, estromettendo dal giudizio, per
difetto di legittimazione passiva, il Ministero della P.I. ed afferm