Amministrativa

Il dipendente infermo ed inidoneo va riammesso nella stessa mansione una volta guarito – TAR LAZIO, Sezione I Quater, Sentenza n. 7609 del 28/09/2005

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Va
riammesso in servizio il dipendente, dispensato dal lavoro per motivi di salute,
quando sia venuta meno l’infermità che ne aveva determinato l’inidoneità. E’
quanto ha stabilito il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio accogliendo
il ricorso di un agente della polizia penitenziaria contro il Ministero della
Giustizia che aveva risposto negativamente alla sua richiesta di essere
riammesso nel ruolo della polizia penitenziaria. Secondo i giudici
amministrativi i dipendenti pubblici dispensati dal servizio per ragioni di
salute, una volta guariti, possono essere riammessi al lavoro con le stesse
mansioni, anche quandosi sia verificato il passaggio del dipendente nel ruolo
civile dell’amministrazione.

 


Tribunale
Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I quater , sentenza n. 7609/2005

Il Tribunale
Amministrativo regionale per il Lazio

Sez. I Quater

ha
pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso
n. 13999/02 proposto dal signor C. C., rappresentato e difeso dall’Avv. R. Gozzi
ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in Roma, via Simone de Saint Bon,
61;

contro

IL MINISTERO
DELLA GIUSTIZIA, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e
presso la medesima domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per
l’annullamento

dell’atto
comunicato con fax n. 0294484/35914 del 14.10.2002, col quale si nega la
riammissione in servizio del ricorrente nel ruolo della polizia penitenziaria,
su istanza del medesimo, dopo una intervenuta dispensa dal servizio stesso per
infermità, con successivo passaggio nel ruolo civile dell’amministrazione;

Visto il
ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto
di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Viste le
memorie depositate dalle medesime parti;

Visti gli
atti tutti della causa;

Relatore,
alla pubblica udienza del 20 giugno 2005, il Consigliere G. De Michele e uditi i
difensori delle parti come da verbale di udienza in data odierna;

Ritenuto e
considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Attraverso il
ricorso in esame, notificato il 10.12.2002, si contesta il diniego opposto
dall’Amministrazione ” con atto comunicato tramite fax n. 0294484/35914 del
14.10.2002 ” ad una istanza di riammissione in servizio nel corpo di polizia
penitenziaria, presentata il 3.6.2002 dopo la cessazione delle ragioni di
inidoneità fisica, che avevano determinato il passaggio del dipendente in
questione nel ruolo civile dell’Amministrazione.

Nell’atto
sopra citato si rappresenta testualmente quanto segue: "ai sensi degli articoli
42 e 80 del D.Lgs. 30.10.1992, n. 443 non puo’ essere riammesso il personale
dispensato dal servizio per infermità e il personale trasferito ad altri ruoli
dell’Amministrazione penitenziaria non puo’ essere riammesso nel ruolo di
provenienza".

Avverso tale
atto, nell’impugnativa vengono prospettati i seguenti motivi di gravame:

-violazione
degli articoli 132 del D.P.R. n. 3/1957 e 42 del D.Lgs. n. 443/1992;
illegittimità costituzionale dell’art. 80 del D.Lgs. n. 443/1992; eccesso di
potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, illogicità e
contraddittorietà manifeste, nonchè carenza di motivazione, essendo
applicabile nella fattispecie la norma del T.U. sul pubblico impiego ”
richiamata dall’art. 42 del D.Lgs. n. 443/1992 ” che prevede la riammissione del
personale "cessato dal servizio per dimissioni, collocamento a riposo o
decadenza dall’impiego nei casi previsti dalle lettere b) e c) dell’art. 127" e
che è stato dichiarato illegittimo con sentenza n. 3 del 26.1.1994 della Corte
Costituzionale "nella parte in cui non comprende, tra le fattispecie di
cessazione del rapporto di pubblico impiego, in ordine alle quali è possibile
la riammissione in servizio, la dispensa dal servizio per motivi di salute"; non
potrebbe non essere ritenuto costituzionalmente illegittimo, pertanto, l’art. 80
del D.Lgs. n. 443/92, secondo cui "il personale di cui ai commi 1, 3 e 5
dell’art. 75, trasferito ad altri ruoli dell’Amministrazione penitenziaria o ad
altre Amministrazioni dello Stato, non puo’ essere riammesso nel ruolo di
provenienza".


L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, sottolinea
l’impossibilità di riammissione per il personale di polizia penitenziaria, per
le specifiche disposizioni contenute negli articoli 42, 75 e 80 del D.Lgs. n.
443/1992; quanto sopra, in corrispondenza dell’interesse pubblico allo
svolgimento del peculiare servizio di polizia penitenziaria da parte di soggetti
pienamente idonei sul piano fisico; una volta accertato, come nel caso di
specie, una assoluta e permanente inidoneità fisica, pertanto, il rientro nel
Corpo sarebbe stato giustificatamene escluso dal legislatore.

Nella
situazione in esame, peraltro, risulta che il ricorrente abbia firmato per
accettazione il giudizio medico della CMO, che lo dichiarava inidoneo in modo
assoluto e permanente al servizio svolto ed aveva consapevolmente presentato
istanza di transito nei ruoli civili dell’Amministrazione, assumendo poi
regolare servizio in qualità di collaboratore amministrativo, con conseguente
insussistenza di qualsiasi obbligo per l’Amministrazione di procedere ad
ulteriori accertamenti medico-legali.

DIRITTO

In base alla
motivazione dell’atto impugnato, il Collegio è chiamato ad affrontare la
seguente, duplice questione:

a)
preclusività, o meno, dell’art. 42 del D.Lgs. 30.10.1992, n. 443, in ordine
alla possibilità di riammissione in servizio ” ex art. 132 del D.P.R.
10.1.1957, n. 3″ del personale di polizia penitenziaria, che sia stato
dispensato dal servizio stesso per ragioni di salute;

b) in caso di
risposta affermativa al quesito, di cui al precedente punto a), applicabilità
dell’istituto della riammissione in servizio ai casi in cui sia intervenuto
passaggio ad altri ruoli dell’Amministrazione, ai sensi dell’art. 75 del
medesimo D.P.R. n. 443/1992, nonostante la preclusione enunciata nel successivo
art. 80.

Per quanta
riguarda il primo problema proposto, in effetti, il Collegio stesso ritiene che
possa ritenersi fondata la censura di violazione delle norme richiamate (art.
132 D.P.R. n. 3/1957 e art. 42 D.Lgs. n. 443/1992), la prima delle quali è
stata dichiarata incostituzionale, con pronuncia della Suprema Corte 26.1.1994,
n. 3, nella parte in cui non prevede che il dipendente dispensato dal servizio
per motivi di salute possa chiedere di essere riammesso in caso di guarigione,
tale da consentire il regolare svolgimento del lavoro di istituto.

Detta
pronuncia, di natura cosiddetta additiva, è stata ritenuta sufficiente per
consentire ai pubblici dipendenti, che si trovino nella situazione sopra
indicata, di avvalersi dell’istituto

di cui
al
citato articolo n. 132 delD.P.R. n. 3/1957 (cfr. in tal senso Cons. St., sez.
VI, 4.7.1994, n. 1129, nonchè ” per quanto riguarda la natura ampiamente
discrezionale del potere dell’Amministrazione di decidere sull’istanza, secondo
le esigenze organizzative della medesima ” sez. IV, 25.5.1989, n. 343; sez. II,
29.1.1990, parere n. 225 e successiva giurisprudenza pacifica).

Il medesimo
principio, ad avviso del Collegio, deve essere riconosciuto applicabile agli
agenti di polizia penitenziaria, anche se l’art. 42, secondo comma, del D.Lgs.
n. 443/1992 dispone formalmente che non possa "essere riammesso il personale
dispensato dal servizio per infermità": tale disposizione, infatti, segue
l’enunciazione ” contenuta nel primo comma della norma ” della applicabilità
dell’art. 132 del D.P.R. n. 3/1957 per la riammissione in servizio del personale
del corpo di polizia penitenziaria, di modo che ” secondo un’interpretazione
adeguatrice rispetto ai principi costituzionali e, quindi, senza che occorra
sollevare questione di costituzionalità rispetto alla lex specialis ” la
preclusione di cui trattasi non puo’ che ritenersi esclusa, quando sia venuta
meno l’infermità che aveva determinato la cessazione del rapporto di lavoro (cfr.
in tal senso TAR Toscana, 20.12.1999, n. 1102).

Quanto sopra,
in considerazione delle ragioni fatte proprie dalla Suprema Corte, che ha
rilevato come la dispensa dal servizio per ragioni di salute si fondi su una
situazione (lo stato di infermità) "ovviamente indipendente dalla volontà
dell’interessato" e che "non puo’ considerarsi in assoluto irreversibile, tanto
più alla luce delle odierne cognizioni della scienza medica", tanto da dover
ritenere che "l’avere precluso in radice, sulla base evidentemente di una
presunzione assoluta di irreversibilità dello stato di infermità, la
possibilità di riammissione di chi sia stato dispensato dal servizio per motivi
di salute integri la violazione del principio di eguaglianza", implicando un
trattamento "irrazionalmente deteriore", rispetto ai soggetti ammessi alla
reintegrazione del rapporto di lavoro, interrotto per altre cause.

Tenuto conto,
dunque, delle considerazioni sopra riportate, la disposizione contenuta
nell’art. 42 del D.Lgs. n. 443/1992 assume una diversa valenza, dovendosi
intendere come preclusiva di valutazioni di opportunità, circa la riammissione
in servizio di un dipendente, quando l’allontanamento del medesimo sia dipeso
non da un atto volontario, ma da ragioni oggettive discendenti da valutazioni
tecnico-discrezionali, superabili ” queste ultime ” solo in via eccezionale, in
presenza di una modifica della situazione di fatto presupposta.

Le
considerazioni sopra enunciate, d’altra parte, suggeriscono una chiave di
lettura del citato art. 42 del D.Lgs. n. 443, che non puo’ non estendersi al
successivo art. 80, secondo il quale "il personale di cui ai commi 1, 3 e 5
dell’art. 75, trasferito ad altri ruoli dell’Amministrazione penitenziaria o ad
altre Amministrazioni dello Stato non puo’ essere riammesso nel ruolo di
provenienza".

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