Diritto Commerciale

Tassi d’interesse usurai

usuraIn tempo di crisi come questo in cui versa l’Italia, le famiglie si trovano costrette a dover fare i conti con continue imposte e tassazioni di vario genere, quindi spesso non basta “stringere la cinghia”.

Gli italiani si scontrano ogni giorno con nuove piaghe sociali e come se non bastasse si ritrovano a dover fare far bilanciare conti che non sempre quadrano, forse bilanciare è una parola troppo grande dato che i conti di cui parliamo spesso sono caratterizzati dal segno negativo.

Qual è la soluzione in questo caso?

Affidarsi ad istituti di credito, con la speranza di restituire gradualmente quanto ottenuto a titolo di mutuo/prestito, tanto una piccola cifra al mese non può disastrare ulteriormente la situazione”.

Oggi cresce a dismisura la percentuale di persone che si affidano a banche o società finanziarie per avere liquidità, spesso però coloro che lo fanno vengono messi in ginocchio da cattive informazioni, postille poco visibili, o da tassi oscillanti.

La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 350 del 9 gennaio 2013,ha reso una pronuncia in materia di mutui e, precisamente, in tema di interessi.

Il mutuo è un contratto tipico, con il quale una parte, detta mutuante, consegna all’altra, detta mutuataria, una somma di denaro o una quantità di beni fungibili, che l’altra si obbliga a restituire successivamente con altrettante cose della stessa specie e qualità.

L’istituto trova espressa disciplina nel codice civile all’art. 1813 e seguenti.

Il mutuo, solitamente, viene stipulato con un istituto creditore e, in tal caso, sono assai frequenti i mutui c.d. onerosi, consistenti nell’obbligo per la parte mutuataria di rientrare del debito sorto a seguito della stipula del contratto di mutuo, restituendo alla parte mutuante, oltre al capitale, anche una somma a titolo di interessi.

A tal proposito, il mutuo può essere stipulato mediante la previsione di un tasso di interessi fisso o variabile.

La determinazione degli interessi deve essere effettuata nel rispetto del tetto stabilito nel Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Ma in quale caso si può parlare di tassi usurai?

La risposta la attingiamo dal portale della Banca d’Italia.

Il Ministero del Tesoro rileva ogni trimestre il Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM) degli interessi praticati dall’intero sistema bancario e finanziario italiano; i tassi medi comprendono spese e commissioni, ma non la commissione di massimo scoperto.

Ai fini della determinazione degli interessi usurari ai sensi dell’Art. 2 della legge n. 108/1996, i tassi rilevati devono essere aumentati della metà; se ad esempio il tasso medio dei mutui a tasso fisso in un determinato trimestre è il 5%, il tasso di usura per lo stesso trimestre è il 7,5%.

I tassi “tassi usurai” costituiscono il livello massimo oltre il quale si configura il reato di usura.

Il superamento della soglia di legge configura un illecito penale, punibile ai sensi dell’art. 644, c.p. e rende nulla la clausola contrattuale che ha previsto il tasso, ex art. 1815, co. 2, c.c., giustificando la non debenza degli interessi concordati.

La Suprema Corte, ha precisato che devono intendersi usurari, ai fini dell’applicazione degli artt. 644, c.p., e 1815, c.c., i tassi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono convenuti, a qualunque titolo, quindi, il tasso di interesse è usurario anche se la soglia di legge è superata per effetto della mora

Ogni trimestre, infatti, la Banca d’Italia pubblica i tassi medi delle operazioni di finanziamento per la definizione del tasso usuraio.

In conclusione, le clausole contrattuali che stabiliscano tassi d’interesse ordinari e di mora, la cui somma superi il valore soglia ex art. 2, co. 1, L. 108/1996, sono nulle, senza compromettere il negozio nella sua interezza.

Il beneficiario del finanziamento ha, dunque, diritto ad ottenere la restituzione degli interessi già versati o, quantomeno, di quelli corrisposti in misura superiore al dovuto, rimanendo valido il mutuo contratto.

L’art. 1419, co. 3, c.c., statuisce, infatti, che “la nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative”.

 

Alessandra Erbari

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *