Civile

Notifica Pec: Copia sentenza senza conformità: in Cassazione il ricorso è procedibile

Le sezioni unite sono di nuovo intervenute sulla questione della sanzione dell’“impresentabilità” in caso di notifiche Pec, seguite dal deposito del duplicato analogico della pronuncia impugnata

Non determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione il deposito “senza alcuna attestazione di conformità”:
– in caso di mancata notifica della sentenza di secondo grado, di copia della sentenza impugnata estratta dal fascicolo informatico
– in caso di notifica telematica della sentenza di secondo grado, di copia del messaggio Pec ricevuto e dei relativi allegati (tra cui, la sentenza impugnata).

È quanto chiarito dalla sentenza n. 8312 delle sezioni unite della Corte di cassazione del 25 marzo 2019, con cui il giudice di legittimità ha altresì stabilito che il ricorrente ha però l’onere di depositare l’asseverazione “ora per allora”, che comporta la sopravvenuta autenticazione delle copie semplici depositate, solo se l’unico controricorrente, o uno dei controricorrenti, non si costituisce oppure disconosce espressamente le copie prodotte.

La normativa di riferimento
Il comma 1, lettera b), articolo 16, del Dl 119/2018 (sulla “Giustizia tributaria digitale”), ha introdotto nel Dlgs 546/1992 l’articolo 25-bis, rubricato “Potere di certificazione di conformità”, che disciplina, dal 24 ottobre 2018, la semplificazione delle procedure di attestazione di conformità.
In particolare, al comma 2, la norma conferisce ai difensori e ai dipendenti dell’ente impositore, dell’agente della riscossione e dei soggetti iscritti nell’albo per l’accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali, il potere di attestare la conformità della copia analogica di atti e provvedimenti presenti nel fascicolo informatico, secondo le modalità di cui al decreto legislativo 82/2005 (Cad – Codice dell’amministrazione digitale).
Lo stesso articolo 25-bis, al comma 3, precisa che le copie di cui al comma 2, munite dell’attestazione di conformità del difensore o del dipendente, equivalgono al provvedimento presente nel fascicolo informatico.
Il comma 5 stabilisce, infine, che, nel compimento dell’attestazione di conformità, i difensori e i dipendenti assumono a ogni effetto la veste di pubblici ufficiali.

Come anticipato, il comma 2, nel disciplinare le modalità di attestazione, richiama il Cad.
In linea con la normativa in rassegna, l’articolo 23 del Cad, rubricato “Copie analogiche di documenti informatici”, conferma, al comma 1, che le copie cartacee di documenti informatici hanno la stessa efficacia probatoria degli originali, se la loro conformità agli stessi è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Al comma 2, la norma precisa altresì che le predette copie, anche in mancanza di attestazione di conformità, assumono la stessa valenza probatoria degli originali “…se la loro conformità non è espressamente disconosciuta”.

Tornando all’articolo 16 del Dl 119/2018, il legislatore si è posto altresì il problema di disciplinare il potere di attestazione di conformità dei difensori e dei dipendenti nelle ipotesi in cui sia necessario fornire la prova di una notificazione o comunicazione eseguita a mezzo Pec e non sia possibile fornirla con modalità telematiche.
In tali casi, il comma 3 dell’articolo 16 stabilisce che trova applicazione l’articolo 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge 53/1994 e, quindi, i difensori e i dipendenti possono estrarre copia su supporto analogico del messaggio Pec e dei suoi allegati e attestare la conformità delle copie cartacee ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell’articolo 23, comma 1, del Cad.
Tale disposizione rileva soprattutto nel giudizio di Cassazione, che non ammette depositi con modalità telematiche.

In particolare, si rammenta che l’articolo 369, secondo comma, cpc, prevede che “Insieme col ricorso debbono essere depositati…a pena di improcedibilità:…2. copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta”.
Dunque, il comma 3 dell’articolo 16 trova applicazione nell’ipotesi di notifica telematica della decisione di secondo grado, impugnata in Cassazione, da depositare presso la cancelleria della Corte unitamente alla documentazione che prova la notifica, a pena di improcedibilità del ricorso.

L’ordinanza di rimessione alle sezioni unite
La sezione VI della Corte di cassazione, con l’ordinanza 28844/2018, ha esaminato proprio un caso di sentenza impugnata in Cassazione, notificata a mezzo Pec e depositata presso la cancelleria in copia cartacea senza alcuna attestazione di conformità.
Il controricorrente non ha disconosciuto la conformità della copia all’originale telematico.

Vale la pena precisare che la decisione delle sezioni unite può ritenersi pacificamente applicabile alla materia tributaria, poiché, a mente dell’articolo 62, comma 2, del Dlgs 546/1992, al ricorso per cassazione e al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile, in quanto compatibili con quelle del decreto sul processo tributario.
D’altra parte, la normativa in materia di attestazioni di conformità, su cui si fonda la pronuncia in esame (articoli 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge 53/1994, e 23 del Cad), è richiamata dalle disposizioni tributarie prima illustrate, in tema di “Giustizia tributaria digitale”.

La Corte, con riguardo ai problemi specifici posti dall’applicazione dell’articolo 369 cpc in caso di notifica della sentenza impugnata con modalità telematiche, ha rimesso la causa alle sezioni unite, formulando i seguenti quesiti:
1) “se in mancanza del deposito della copia autentica della sentenza…il deposito…di copia analogica della sentenza notificata telematicamente, senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge n. 53 del 1994 oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, comporti l’improcedibilità del ricorso anche se il controricorrente non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale notificato o intervenga l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio” (quesito ritenuto dalla Corte “di massima di particolare importanza”)
2a) “se il deposito…di copia analogica della relazione di notifica telematica della sentenza, senza attestazione di conformità del difensore…oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, comporti l’improcedibilità del ricorso anche se il controricorrente non abbia disconosciuto la conformità della copia informale della relazione di notificazione o intervenga l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio” (primo quesito collegato)
2b) “se ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito della copia autentica della decisione notificata telematicamente…sia sufficiente per il difensore del ricorrente, destinatario della suddetta notifica, estrarre copia cartacea del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e dei suoi allegati (relazione di notifica e provvedimento impugnato), ed attestare con propria sottoscrizione autografa la conformità agli originali digitali della copia formata su supporto analogico, o sia necessario provvedere anche al deposito di copia autenticata della sentenza estratta direttamente dal fascicolo informatico” (secondo quesito collegato).

I precedenti giurisprudenziali
La pronuncia 8312/2019 delle sezioni unite, in commento, muove anzitutto dall’esame di due importanti precedenti giurisprudenziali, ovvero la sentenza 30765/2017 della Cassazione e la pronuncia 22438 delle sezioni unite del 24 settembre 2018.

La sentenza 30765/2017 aveva già affrontato i problemi posti dall’applicazione dell’articolo 369 cpc, quando nel processo di merito la notifica della sentenza di appello sia avvenuta con modalità telematiche. In linea con l’orientamento prevalente della stessa Corte, la pronuncia aveva stabilito che il difensore deve autenticare la copia del messaggio Pec ricevuto e del provvedimento allegato, avvalendosi del potere di autentica di cui all’articolo 9, comma 1-bis, della legge 53/1994, applicabile a norma del comma 1-ter “in tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche”.
A tale riguardo, la Corte, reputando sufficiente l’attestazione di conformità del messaggio Pec e del provvedimento allegato che è stato notificato, ha espressamente disatteso l’indirizzo espresso dalla precedente sentenza 26520/2017 (rimasto peraltro isolato) inteso a configurare un “duplice onere di certificazione” a carico del difensore, costituito, oltre che dal deposito della copia autenticata del messaggio di trasmissione, della relazione di notifica e del provvedimento impugnato, anche dall’ulteriore onere di estrazione diretta dal fascicolo informatico di una copia analogica della sentenza impugnata.

Sempre la sentenza 30765/2017 ha, invece, escluso l’inapplicabilità della sanzione dell’improcedibilità per effetto della non contestazione della controparte, in base al tradizionale indirizzo secondo cui “la materia non è nella disponibilità delle parti e l’omissione del deposito deve essere rilevata d’ufficio”. Secondo la pronuncia, infatti, non trovano applicazione gli articoli 2719 cc e 23, comma 2, del Cad (in tema di copia analogica di documento informatico non autenticata né disconosciuta), visto che “tale regola si applica quando si tratta di attribuire ad un documento efficacia probatoria, da valere tra le parti, mentre non vale quando si devono operare verifiche, quali la tempestività di un atto di impugnazione rispetto ad un termine perentorio e quindi correlativamente la formazione del giudicato, che hanno implicazioni pubblicistiche e non sono nella disponibilità delle parti”.

La pronuncia delle sezioni unite 22438/2018 ha, invece, esaminato il diverso caso di deposito in Cassazione di copia analogica, priva dell’attestazione di conformità, del ricorso predisposto in originale telematico e notificato a mezzo Pec.
La sentenza ha stabilito che trova applicazione l’articolo 23, comma 2, del Cad e, quindi, non è improcedibile il ricorso, nell’ipotesi di mancato disconoscimento da parte del controricorrente destinatario della notificazione.
La suprema Corte ha rilevato che dall’articolo 2, comma 6, del Cad si trae conferma del fatto che le disposizioni previste nello stesso Codice si applicano “al processo…tributario, in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente stabilito dalle disposizioni in materia di processo telematico”.
Inoltre, a differenza del ricorso che nasce cartaceo e viene notificato con modalità tradizionali, la parte destinataria della notificazione telematica del ricorso, predisposto come documento informatico, viene in possesso proprio dell’originale notificato ed è, quindi, nella condizione di verificarne la conformità alla copia cartacea depositata in Cassazione.

A differenza della parte, la Corte non può operare la stessa verifica.
Va, quindi, superata la configurazione tradizionale (sposata anche nella sentenza 30765/2017) sia dell’articolo 23, comma 2, del Cad, sia dell’articolo 2719 cc, quali norme ritenute applicabili solo al fine di attribuire a un documento efficacia di prova, da valere tra le parti, senza potervi ricorrere al di fuori dell’ambito probatorio e quando si devono operare verifiche, come quelle relative alla procedibilità del ricorso, che hanno implicazioni pubblicistiche e non sono nella disponibilità delle parti.

Le sezioni unite hanno però ulteriormente chiarito che solo nelle ipotesi in cui il destinatario della notifica del ricorso:
– non si costituisce (ovvero, nell’ipotesi di più destinatari, allorché anche uno solo non si costituisce)
– oppure disconosce la conformità della copia cartacea all’originale telematico,
il ricorrente, per evitare l’improcedibilità del ricorso, dovrà attivarsi e depositare l’attestazione di conformità sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio (asseverazione “ora per allora”).

La decisione
La pronuncia delle sezioni unite 8312/2019 ha disatteso l’indirizzo espresso dalla precedente sentenza 30765/2017, ritenendo, invece, applicabili gli innovativi principi pronunciati dalle stesse sezioni unite nella sentenza 22438/2018 anche al deposito in Cassazione della copia analogica della decisione impugnata con la prova della notifica avvenuta in forma telematica, senza attestazione di conformità.

Al riguardo, le sezioni unite hanno chiarito che il ricorrente non incorre nell’improcedibilità del ricorso se:

in caso di mancata notifica della pronuncia impugnata, depositi la copia cartacea della sentenza estratta dal fascicolo elettronico, formato dalla segreteria della Commissione tributaria, senza alcuna attestazione di conformità, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa
in caso di notifica telematica della pronuncia impugnata, depositi copia del messaggio Pec ricevuto e dei relativi allegati (ovvero della sentenza e, se presenti, della relazione di notifica, della procura e, comunque, di ogni altro documento allegato dal notificante), senza alcuna attestazione di conformità, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa.
Conseguentemente, a fortiori, in caso di notifica telematica, viene definitivamente meno il meccanismo della “doppia attestazione” (affermato nella pronuncia 26520/2017 e già espressamente disatteso nella 30765/2017), che prevedeva il deposito altresì di copia autenticata della sentenza estratta direttamente dal fascicolo informatico.

La Cassazione ha inoltre chiarito che, nelle predette ipotesi (deposito di copia informale della sentenza e, se avvenuta, anche della prova della notifica telematica), il ricorrente incorre nell’improcedibilità del ricorso solo se l’unico controricorrente (o uno dei controricorrenti), ritualmente intimato, non si costituisce o disconosce espressamente la conformità della copia analogica all’originale digitale, ai sensi dell’articolo 23, comma 2, del Cad.
In tali circostanze, per evitare l’improcedibilità del ricorso, il ricorrente deve depositare in giudizio l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio (asseverazione “ora per allora”).

Il meccanismo dell’asseverazione “ora per allora” comporta, come conseguenza, la sopravvenuta autenticazione della copia semplice depositata.

Sapia Rutigliano, Fiscooggi.it

Allegato Pdf:
Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza n. 8312 del 25/03/2019

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