Penale

La c.d. “ristrutturazione fotocopia” non necessita della concessione edilizia (Triib. S. Maria Capua Vetere Sez Aversa, 22/04/02

Tribunale
di Santa Maria Capua Vetere ” sezione distaccata di Aversa ” sentenza 22
aprile 2002
Giudice Picardi ” imputato Pagano

Imputato

del reato pep dalla lettera B9
dell’articolo 20 legge 47/1985, per aver iniziato, continuato ed eseguito, in
assenza della concessione edilizia, le seguenti opere:

realizzazione di un fabbricato
composto da un piano terra e un primo piano, costituito da una struttura
verticale ed orizzontale portante in Ca, completo di tompagnature in mattoni
forati e muratura di tufo  – Al
piano terra risultano realizzati un androne di metriquadrati 60 ed un manufatto
di metriquadrati 100 adibito a deposito, con un ulteriore androne (cassa scale)
contenente numero 3 rampe di scale in Ca che portano al Pp ” Al primo piano
risulta realizzato un manufatto di metriquadrati 250 allo stato grezzo.

contravvenzione di cui agli
articoli 2-13-4-14 legge 1086/71, 81 Cp, perchè in esecuzione di un medesimo
disegno criminoso, realizzava le strutture in Ca senza un progetto esecutivo,
senza previa denunzia dei lavori del Genio Civile e senza la direzione dei
lavori da parte di un tecnico competente.

Reati accertati in S. Cipriano
d’Aversa il 3 aprile 1998

Conclusioni

Per il Pubblico Ministero:
assoluzione perchè il fatto non è più previsto dalla legge come reato per il
capo A). Per il capo B) concesse le attenuanti generiche, condanna a 250 euro di
ammenda;
per la difesa: si associa al PM per il capo A); per il capo B) assoluzione perchè
il fatto non sussiste o in subordine Ndp per prescrizione per decorso del
termine massimo legale.

Svolgimento del
processo

Per i reati di cui in epigrafe,
l’imputato veniva tratto a giudizio innanzi a questo tribunale in composizione
monocratica.
Acquisiti gli atti e documenti richiesti, esaminato il teste d’accusa, di
difesa e d’ufficio, nonchè l’imputato, 
le parti concludevano come in epigrafe ed il giudice decideva la causa,
pronunciando dispositivo di sentenza con deposito dei motivi nel termine di
giorni trenta.

Motivi della
decisione

Pagano Antonio deve essere
dichiarato colpevole del solo reato a lui ascritto al capo B) mentre, nel
contempo, va mandato assolto da quello di cui al capo A) perchè il fatto non è
più previsto dalla legge come reato.
Ed invero, dalla visione del verbale di sequestro, foto, documentazione
amministrativa prodotta dalla difesa e dall’esame dei testi e dell’imputato
è emerso quanto segue:
il teste d’accusa Cangemi Salvatore, maresciallo dei Carabinieri chiamato a
deporre su fatti del suo ufficio,  riferiva
che in data 3 aprile 1998 constatava la presenza del manufatto debitamente
indicato nel verbale di sequestro e raffigurato nelle foto (in atti) che, vista
la presenza di calce ancora “fresca” all’interno e all’esterno di una
struttura che, tranne per una parte residua posta al piano terra, non era ancora
stata “sporcata” dagli agenti atmosferici, vista l’assenza di infissi, il
mancato completamento delle opere interne e la presenza, all’interno dei vano,
di materiale edile depositato quali blocchi di mattoni dello stesso tipo e
colore di quelli utilizzati per la costruzione, tutto ciò faceva ritenere che
il manufatto era stato edificato in data recente e i lavori non erano ancora
ultimati, il tutto –  si accertava – 
in assenza di cartellonistica indicante il direttore dei lavori e gli
estremi della concessione edilizia.
Egli, verificava, altresí, la presenza, in prossimità  della costruzione,
dell’imputato come sopra identificato, che abitava nei pressi e 
che risultava sprovvisto di concessione edilizia e non aveva effettuato 
i doverosi adempimenti, penalmente sanzionati, 
previsti dalla legge di cui al capo B) nonostante fosse stata riscontrata
la presenza di pilastri e solai in cemento armato.
Il teste  procedeva, pertanto, al
sequestro della costruzione.
L’imputato, sentito in udienza in sede di interrogatorio, riferiva di essere
stato lui l’autore della costruzione in oggetto, ed all’uopo chiariva di
essere stato inizialmente destinatario, nella qualità  di proprietario di un
immobile pericolante preesistente sul luogo dove è avvenuto l’accertamento e
il sequestro di cui sopra, di un ordine di immediato abbattimento dei solai
pericolanti del fabbricato con successivo ripristino dello stato dei luoghi.
Tuttavia, poichè per effetto dei lavori di ripristino sopra indicati si
riscontravano altri crolli e cedimenti, egli decideva di rimuovere tutte le
strutture, sia orizzontali che verticali, facendo comunicare all’ente
comunale, attraverso il suo tecnico, l’intenzione di effettuazione dei
predetti lavori, ma subito dopo procedendo alla materiale esecuzione dei lavori
stessi senza presentare la richiesta di concessione edilizia al comune, che
veniva presentata solo successivamente quando i lavori erano già  stati
eseguiti.
L’imputato precisava, altresí, di
avere ricostruito lo stesso fabbricato preesistente utilizzando lo stesso
perimetro di quello precedentemente demolito e l’utilizzo di volumetrie non
superiori a quelle preesistenti.
Le suddette dichiarazioni del Pagano venivano suffragate dalla
documentazione amministrativa da lui prodotta, e cioè dall’ordinanza del
Sindaco, del 16 settembre 1996, di demolizione e ripristino dello stato dei
luoghi delle strutture pericolanti, dalla successiva comunicazione al Sindaco,
depositata il 18 settembre 1996, dei sopravvenuti crolli e dissesti realizzatisi
nelle more dell’effettuazione dei lavori di cui sopra con contemporanea
comunicazione dei  nuovi lavori di
ristrutturazione da eseguire, dalla successiva comunicazione, del 10 ottobre
1996, dei lavori realizzati nel frattempo e prima del sopravvenuto ordine di
sospensione del 7 ottobre 1996 e di quelli ancora da eseguire, che
consistevano nella realizzazione di un intervento “fotocopia”, cioè nella
realizzazione di un manufatto delle stesse dimensioni, morfologia e parametri
planovolumetrici di quello preesistente,
dalla richiesta di concessione
edilizia depositata il 16 dicembre 1997 con parere favorevole della Commissione
competente del 5 marzo 1998.
Il teste Serao Giovanni, tecnico comunale sentito ex articolo 507 Cpp,
confermava sostanzialmente quanto già  riferito dall’imputato in ordine alla
necessità , in ottemperanza ad un preciso ordine sindacale, di demolizione e
ripristino di solai pericolanti e della successiva effettuazione, da parte dello
stesso in occasione dell’esecuzione del prefato ordine, di lavori di
sostanziale integrale demolizione e ricostruzione ex novo del manufatto, attesa
la necessità  di demolire non solo i solai ma 
anche le strutture orizzontali del fabbricato.
In particolare, il teste chiariva che la realizzazione delle predette opere
avveniva senza preventiva richiesta di concessione edilizia, che veniva
presentata dall’imputato solo successivamente e che otteneva anche il parere
favorevole della Commissione edilizia, e tuttavia la pratica, che era in fase di
rilascio, veniva sospesa dopo l’accertamento dei Carabinieri del 3 aprile
1998, che riscontravano l’esecuzione anticipata di quanto indicato nel
progetto allegato all’istanza concessoria senza che fosse atteso il rilascio
della concessione stessa da parte dell’ente comunale.
All’esito dell’istruttoria
dibattimentale, è apparso evidente che la condotta dell’imputato è
consistita nella realizzazione, prima dell’ottenimento della concessione
edilizia che nelle more veniva pure richiesta, di un manufatto ex novo, 
previa demolizione di quello preesistente, avente le stesse
caratteristiche tipologiche,  planovolumetriche,
dimensionali e perimetrali di quello preesistente.
Tale intervento, per giurisprudenza costante della Corte Suprema, non
poteva qualificarsi come di ricostruzione di un preesistente manufatto ma di
vera e “nuova costruzione” di un manufatto, costruzione per la quale,
pertanto, occorreva la concessione, e ciò anche nei casi in cui l’immobile
ricostruito presentava le stesse caratteristiche tipologiche e planovolumetriche
di quello preesistente: (Cfr. Cassazione, sezione terza 10 agosto 1993, in
Giustizia Penale 1994, II, 298 e tante altre conformi).
Sul punto vi è stato anche un autorevole intervento della Corte costituzionale
che, con sentenza 296/91, chiamata a pronunciarsi sulla asserita
incostituzionalità  dell’articolo 9 lettera d) della legge 10/1977 nella parte
in cui non comprende, tra le ipotesi di cd. “concessione gratuita” di edifici
monofamiliari, accanto a quelle tipizzate  di
ristrutturazione ed ampliamento nei limiti del venti per cento, anche quella
dell’integrale ricostruzione del fabbricato demolito purchè adibito
anch’esso ad abitazione unifamiliare su area immediatamente adiacente, ha
affermato che, ai fini dell’agevolazione prevista dall’articolo 9 lettera d)
della legge 10/1977, il concetto di “ristrutturazione”
mal si presta a comprendere la fattispecie della demolizione accompagnata dalla
ricostruzione dell’edificio sullo stesso suolo.
Tale orientamento giurisprudenziale deve, tuttavia, “fare i conti” con
le recenti normative, ed in particolare con quella del dpr 380/01 (cosiddetto “testo
unico dell’edilizia”), che ha trasfuso e coordinato in un unico testo quello
“legislativo” di cui al decreto legislativo 378/01 (cosiddetto “testo B”) e
quello regolamentare di cui al dpr 379/01 (cosiddetto “testo C”).
In particolare, da tale nuovo ordito normativo emerge, 
oltre ad una differente qualificazione della concessione edilizia,
chiamata ora “permesso di costruire”, anche una differente regolamentazione
proprio del caso in oggetto.
Ma prima di addentrarsi nella disamina della nuova regolamentazione, occorre
preliminarmente chiarire che l’operazione ermeneutica di cui sopra risulta
imprescindibile poichè, nelle more tra la realizzazione del fatto e la
decisione della causa, è entrato in vigore, sia pure per pochi giorni, il
citato testo unico, il quale a sua volta, con l’articolo 5bis della
legge 463/01 di conversione del decreto legge 411/01, è stato “prorogato” al
30 giugno 2002.
In sostanza, benchè solo per pochi
giorni, e cioè dall’uno al nove gennaio del 2002, è entrato in vigore il
citato testo unico, e pertanto questo giudice non può che verificarne la sua
portata ai fini della individuazione della norma più favorevole da applicare
all’imputato ed anche, eventualmente, ai fini dell’accertamento di una
intervenuta “
abolitio criminis“.
Non vi sono problemi, invece, ai fini della individuazione della norma
applicabile,  per quanto riguarda
l’altro testo normativo pubblicato nelle more del presente processo, e cioè
la cosiddetta “legge obiettivo” o “legge Lunardi” 443/01, che pure ha
innovato moltissimo sulla materia “de qua” ampliando i casi di intervento non
più sottoposto a preventivo rilascio del permesso di costruire: il comma
dodicesimo dell’articolo 1 della citata legge 443/01 espressamente stabilisce
che le disposizioni di cui al comma 6, cioè di quelle attinenti
all’urbanistica e di possibile interesse per la fattispecie in esame, si
applicano nelle regioni a statuto ordinario a decorrere dal novantesimo giorno
della data di entrata in vigore della suddetta legge, e cioè dal 12 aprile
2002, data successiva alla lettura del dispositivo della presente sentenza.
In ordine alla necessità  di applicare i principi di cui all’articolo 2 Cp per
effetto della temporanea vigenza delle norme del testo unico dell’edilizia
sovviene anche una recentissima sentenza della Cassazione penale sezione terza
8556/02, relatore Novarese e imputato Buselli.
Pertanto, ed in conclusione, 
la legge successiva da prendere in considerazione, ai fini
dell’articolo 2 Cp, per il presente processo è solo quella del testo unico
dell’edilizia, temporaneamente entrata in vigore ai primi di gennaio del 2002
e cioè prima della decisione della presente sentenza.
Premesso quanto sopra,  occorre
all’uopo affermare che l’articolo 3 del dpr 380/01 innova proprio in
relazione alla definizione di ristrutturazione edilizia quale attività 
considerata in giurisprudenza come differente da quella di demolizione e
ricostruzione ex novo.
Ed invero, l’articolo 3 lettera d) statuisce che tra gli “interventi di
ristrutturazione edilizia” vi sono anche quelli “consistenti nella demolizione
e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma,
volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente,
fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa
antisismica”.
In sostanza, con tale norma viene “vulnerata” la precedente definizione
giurisprudenziale di ristrutturazione edilizia, 
che deve, per questa nuova legge, ricomprendere anche i

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