Amministrativa

Nei concorsi ed esami pubblici è suffciente, in ordine alla motivazione della valutazione, il semplice punteggio numerico. Consiglio di Stato, Sezione IV, Sentenza n. 2881 del 07/05/2004

Con recenti
decisioni (cfr. Cons. Stato, IV Sez., 27 maggio 2002, n.2926; ma v. pure: id.,
29 ottobre 2001, n.5635; id. 12 marzo 2001, n.1366; id. 1 febbraio
2001, n.367),  rese in controversie analoghe Il Consiglio di Stato ha ribadito
che nei concorsi ed esami pubblici non è necessario un sia pur sintetico
giudizio di merito, ma è suffciente, in ordine alla motivazione della
valutazione, il semplice punteggio numerico, configurandosi quest’ultimo come
formula sintetica ma eloquente di esternazione il voto numerico attribuito dalle
competenti commissioni alle prove scritte o orali di un concorso pubblico o di
un esame di abilitazione esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale
della commissione stessa, contenendo in sè la sua stessa motivazione, senza
bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, cosi’ come del resto già
affermato da un consolidato e condivisibile indirizzo giurisprudenziale anche
successivamente all’entrata in vigore della L. n. 241 del 1990 (ex multis,
cfr. Cons. Stato, V Sez., 13 febbraio 1998, n.163; Cons. Stato, IV
Sez., 4 aprile 1998, n. 543; Cons. Stato, V Sez., 25 settembre 2000, n. 5073).

 L
a motivazione espressa numericamente,
oltre a rispondere ad un evidente principio di economicità dell’attività
amministrativa di valutazione, assicura la necessaria chiarezza sulle
valutazioni di merito compiute dalla commissione e sul potere amministrativo da
quest’ultima espletato (Cons. Stato, V Sez., 8 aprile 1999, n. 391).
 
 


N.2881/2004

Reg. Dec.

N.10371 Reg. Ric.


Anno 2003
 


R  E  P  U  B  B  L  I  C 
A     I  T  A  L  I  A  N  A


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente


D E C I S I O N E

sul ricorso in appello
iscritto al N.R.G. 10371 del 2003, proposto dal dott. GIOVANNI ALBANESE,
rappresentato e difeso dall’avv. Franco Gagliardi La Gala ed elettivamente
domiciliato presso lo studio dell’avv. Eugenio Gagliano, in Roma, viale delle
Milizie n. 106;


contro

il MINISTERO DELLA
GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici, ope legis,
domicilia, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;


per

l’annullamento e/o la riforma

della sentenza del Tribunale
Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, n. 2429/2003 dell’11
giugno 2003, depositata il 13 giugno 2003.

Visto il ricorso in appello
con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione
in giudizio del Ministero appellato;

Viste le note di udienza
prodotte dall’appellante;

Visti gli atti tutti della
causa;

Relatore alla pubblica
udienza del 2 marzo 2004 il consigliere Nicola Russo;

Udito l’avv. Franco
Gagliardi La Gala.

Ritenuto in fatto e
considerato in diritto quanto segue.


F A T T O

Con ricorso
al Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia il dott. Giovanni Albanese
impugnava: a) i tre giudizi negativi (di cui al verbale del 4 marzo 2003)
espressi dalla Commissione  degli esami di avvocato presso la Corte di appello
di Bari per l’anno 2002 in ordine alle tre prove scritte sostenute dal
ricorrente; b) il conseguenziale provvedimento di non ammissione del ricorrente
alle prove orali; c) gli atti  presupposti e connessi, tra cui segnatamente: c’)
in parte qua, il verbale della predetta Commissione con il
quale sono stati suddivisi gli elaborati tra la commissione centrale e le
sottocommissioni, nonchè individuati i “criteri di valutazione”; c”)  in
parte qua, il decreto del Ministero della Giustizia, di estremi
ignoti, con il quale sono state formate le sottocommissioni d’esame alla
commissione principale. 

Il dott.
Giovanni Albanese, autorizzato al patrocinio forense dal 3 gennaio 2002, avverso
i provvedimenti suindicati deduceva censure di:

a) “Eccesso
di potere per  difetto di motivazione, violazione dei principi di imparzialità
e buon andamento; errore nei presupposti”, atteso che la più recente
giurisprudenza del giudice amministrativo ha dichiarato l’obbligo delle 
commissioni esaminatrici di concorsi di rendere percepibile l’iter logico
seguito nell’attribuzione del punteggio, se non a mezzo di diffuse esternazioni
verbali relative al contenuto delle prove, quanto meno mediante taluno degli
elementi che concorrono ad integrare e chiarire la valenza del punteggio,
esternando le ragioni dell’apprezzamento espresso con la mera indicazione
numerica; nè a tale carenza motivazionale potrebbe ragionevolmente opporsi che
i criteri di massima prefissati dalla Commissione indicavano le regole alle
quali l’organo collegiale si sarebbe attenuto nella correzione degli elaborati,
atteso che le stesse risulterebbero assolutamente generiche, labili e
giustificabili solo per prove di esame di ben più basso livello;

b)
“Violazione dell’art. 2 R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578, e successive modifiche
ed integrazioni; eccesso di potere per mancato rispetto del principio che esige
che la valutazione venga demandata alla Commissione naturale precostituita ex
lege, atteso che il modus procedendi seguito dalla Commissione,
costituendo solo 6 sottocommissioni in luogo di 7 e non rispettando la
progressione numerica nel riparto e nella distribuzione  degli elaborati da
correggere, avrebbe avuto l’effetto di privare il ricorrente del suo giudice (rectius,
esaminatore) naturale.

Il T.A.R.,
chiamato a pronunciarsi sulla domanda incidentale di sospensione degli effetti
dei provvedimenti impugnati, decideva di definire immediatamente il giudizio nel
merito, ai sensi dell’art. 26 L. 6 dicembre 1971, n. 1034, nel testo sostituito
dall’art. 9 L. 21 luglio 2000, n. 205, dandone comunicazione ai difensori delle
parti costituite e, con la sentenza n. 2429/2003, meglio indicata in epigrafe,
rilevava la palese inconsistenza di tutte le censure dedotte, ritenendole
infondate nel merito.

In
particolare, il Tribunale riteneva:

a) quanto al
primo motivo di doglianza, di dover confermare la persistente validità del
principio giurisprudenziale per il quale, anche dopo l’entrata in vigore della
L. 7 agosto 1990 n. 241, l’obbligo di motivazione del giudizio reso dalla
commissione giudicatrice di un concorso o di una prova idoneativa in ordine alle
prove scritte ed orali sostenute dai candidati è sufficientemente adempiuto con
l’attribuzione di un punteggio numerico, configurandosi quest’ultimo come una
formula sintetica ma eloquente, che esterna compiutamente la valutazione tecnica
eseguita, non ritenendo di dover mutare orientamento a seguito della recente
decisione della VI Sez. del Consiglio di Stato, che ha prospettato una soluzione
“intermedia”.

In ogni
caso, ad avviso dei giudici di prime cure, il richiamo alla suddetta decisione
non sarebbe in grado di assicurare alcun risultato vantaggioso al ricorrente,
atteso che in essa si  dichiara che il punteggio numerico è da considerarsi 
sufficiente “ove i criteri siano predeterminati rigidamente”, mentre,
contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, questa  sarebbe proprio la
situazione che ricorrerebbe nel caso in esame, atteso che la Commissione, nel
procedere alla individuazione dei criteri di valutazione, ha indicato le regole
alle quali si sarebbe rigorosamente attenuta nella correzione degli elaborati
scritti.

b) Quanto al
secondo motivo di doglianza, ad avviso dei primi giudici, esso risulterebbe di 
ancora maggiore inconsistenza in tutti i profili nei quali si articolava, non
esistendo alcuna norma che riconosca al candidato all’esame di avvocato il
diritto ad essere esaminato da una sottocommissione anzichè da un’altra, nè
norma alcuna che stabilisca l’ordine che deve essere seguito nella distribuzione
degli elaborati scritti fra la commissione centrale e le diverse
sottocommissioni.

D’altra
parte, osservava il Tribunale, non riuscirebbe agevole comprendere quale sia il
risultato vantaggioso che il ricorrente si ripromette di raggiungere proponendo
questioni di cui sarebbe palese la pretestuosità o, quanto meno, la non
pertinenza al fine del decidere, in una controversia nella quale la materia del
contendere consisterebbe solo nel giudizio d’inidoneità all’esercizio della
professione di avvocato espresso dall’organo tecnico nei suoi confronti,
<<essendo ragionevole ritenere che  – in assenza di  indebite operazioni di
soccorso –     l’assegnazione dei suoi elaborati ad altra sottocommissione  non 
sarebbe stata in grado di garantirgli quel  giudizio di sufficienza che il
collegio giudicante gli  ha negato>>.

Il ricorso,
pertanto, veniva respinto e le spese di giudizio venivano integralmente
compensate fra le parti in causa.

Con ricorso
notificato il 4 novembre 2003 e depositato il 14 novembre successivo il dott.
Albanese ha proposto appello avverso tale decisione di rigetto, notificata il 21
luglio 2003, deducendone l’erroneità e l’ingiustizia sia nella parte in cui non
avrebbe rilevato “l’evanescenza” dei criteri di valutazione, affermando che una
espressione verbale non sarebbe in grado di offrire all’esaminato maggiori
garanzie del “linguaggio numerico”, sia nella parte in cui afferma che i criteri
adottati dalla Commissione sarebbero stati rigidi.

Precisa
l’appellante, che solo nella misura in cui i criteri siano pertinenti ed
analitici il voto numerico potrebbe sostituire la motivazione, mentre laddove,
come nel caso di specie, tali criteri siano del tutto “epidermici”, la
motivazione deve sussistere e non deve essere affatto generica o apodittica.

Si è
costituito il Ministero della Giustizia, tramite il patrocinio dell’Avvocatura
Generale dlelo Stato, insistendo per il rigetto dell’appello.

Con note di
udienza depositate prima della camera di consiglio del 13 gennaio 2004
l’appellante ha chiesto il deferimento all’Adunanza Plenaria della questione
circa la sufficienza del punteggio numerico per gli elaborati relativi alle
prove scritte dell’esame di avvocato, ravvisando un contrasto all’interno delle
Sezioni giurisdizionali di questo Consiglio in merito alla soluzione di tale
questione di massima.

Con istanza
in data 18 novembre 2003 tale deferimento era stato dall’appellante richiesto al
Presidente del Consiglio di Stato, ma, con decreto in data 19 novembre 2003,
depositato in data 28 novembre 2003, il Presidente ha disposto che tale istanza
fosse trasmessa a questa Sezione per le valutazioni del caso.

Alla
pubblica udienza del 2 marzo 2004, sentito il difensore dell’appellante,
l’appello è stato spedito in decisione.


D I R I T T O

     Deve,
anzitutto, rilevarsi ex officio il giudicato interno con riferimento alla
mancata impugnazione del capo o parte di sentenza con cui sono state rigettate
le censure di cui al punto b), attinenti all’asserita violazione dell’art. 2
R.D. n.1578/33 e all’eccesso di potere per mancato rispetto del principio che
esige che la valutazione venga demandata alla Commissione precostituita per
legge, affermandosi che nella specie il modus procedendi della
Commissione esaminatrice avrebbe comportato l’effetto di privare il ricorrente
del <<suo giudice (rectius, esaminatore) naturale>> (sulla rilevabilità
d’ufficio da parte del giudice e anche nel giudizio di Cassazione per la pima
volta del giudicato interno, ossia quello formatosi nello stesso processo – su
un capo di domanda, su una questione pregiudiziale, ecc. – v. Cass. civ, 11
maggio 1981, n. 3116; id., 26 marzo 1980, n. 2013; id., 29

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