Civile

Riscaldamento da pagare anche senza termosifoni. Il pagamento è dovuto da chi sia distaccato ma usufruisca del calore dai tubi murati – CASSAZIONE CIVILE, Sezione III, Sentenza n. 680 del 14/01/2005

Essersi
distaccati dall’impianto centralizzato di riscaldamento di un condominio non
esonera automaticamente il condomino dal pagare le rate se usufruisce comunque
del calore. E’ quanto ha stabilito la Terza Sezione Civile della Corte di
Cassazione, che ha specificato al riguardo che il riscaldamento deve essere
pagato anche da chi abbia in affitto un locale ad uso non abitativo, qualora sia
dimostrato che, nonostante la mancanza dei radiatori, tuttavia l’immobile
"benefici in una certa misura dell’esistenza dell’impianto di riscaldamento
esistente nel fabbricato", in quanto, essendo tutti i piani riscaldati,
l’appartamento "riceve calore per la presenza nei muri delle tubazioni del
riscaldamento".

 

Suprema Corte
di Cassazione

Sezione Terza
Civile

Sentenza n.680/2005

(Presidente: V.
Duva; Relatore: A. Segreto)


LA CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE

SEZIONE III
CIVILE

SENTENZA

SVOLGIMENTO DEL
PROCESSO

Con citazione notificata il 25/7/1997
l’Ambientazione del rustico di B. S. proponeva opposizione avverso il decreto
ingiuntivo n. 45/1997, emesso dal giudice di pace di Avigliana, su ricorso di M.
G. e V. C. per la somma di L. 2.908.700, oltre accessori, a titolo di spese
condominiali di riscaldamento per la stagione 1996/97.

L’opponente assumeva che conduceva in locazione
un immobile di proprietà dei convenuti, sito al piano terra di un condominio in
Bottigliera Alta; che nulla era dovuto per spese di riscaldamento, perchè
l’immobile locato era privo di elementi radianti.

L’opponente proponeva domanda riconvenzionale
per la restituzione delle somme pagate in precedenza per tale titolo.

Si costituivano gli opposti che assumevano che
il contratto di locazione prevedeva la contribuzione anche per le spese di
riscaldamento; che il fabbricato condominiale era dotato di riscaldamento
centralizzato, per cui ne beneficiava anche l’immobile locato all’opponente.

Il Giudice di pace disponeva consulenza tecnica
d’ufficio; quindi, con sentenza depositata il 20/10/1998, rigettava
l’opposizione e condannava l’opponente al pagamento della somma onnicomprensiva
di L. tre milioni.

Avverso questa sentenza proponeva appello
l’opponente.

Il Tribunale di Torino, con sentenza depositata
il 24/8/2000, rigettava l’appello.

Riteneva il Tribunale che nel contratto di
locazione era previsto a carico del conduttore il pagamento della somma di L.
centomila mensili, a titolo di contribuzione per spese di riscaldamento e che
cio’ già era sufficiente a sostenere le ragioni dei locatori; che, in ogni
caso, il c.t.u. aveva accertato che, pur in assenza degli elementi radianti,
l’immobile locato beneficiava dell’impianto di riscaldamento centralizzato,
ricevendo calore dalle unità limitrofe e dai tubi dell’impianto che passavano
nei muri.

Riteneva il giudice di merito di dover
condividere dette conclusioni e considerava equo il contributo stabilito dalle
parti nella misura del 30% delle spese di riscaldamento per il suddetto
beneficio.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per
Cassazione L’Ambientazione del rustico di B. L.

Resistono con controricorso M. G. e V. C., che
hanno proposto anche ricorso incidentale condizionato.


MOTIVI DELLA
DECISIONE

Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi, a
norma dell’art. 335 c.p.c.

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente
principale lamenta la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 n. 4
c.p.c., poichè, per quanto la parte appellante fosse L’Ambientazione del
Rustico di B. L. già ambientazione del rustico s.n.c. di B. L. e S., in persona
del legale rappresentante pro termina, ed in questi termini fosse stata
esattamente intestata la sentenza, tuttavia nel dispositivo veniva rigettato
l’appello proposto da Ambientazione del rustico s.n.c., che veniva condannata
alle spese.

Ritiene la ricorrente che cio’ determina la
nullità della sentenza di appello.

Ritiene questa Corte che il motivo sia
infondato e che lo stesso vada rigettato.

Infatti l’omessa o inesatta indicazione del
nome di una delle parti da luogo a nullità della sentenza ove riveli che il
contraddittorio non sia regolarmente costituito a norma dell’art. 101 c.p.c. o
generi incertezza circa i soggetti ai quali si riferisce la decisione e, a ,mera
irregolarità emendabile con la procedura di correzione prevista dagli art. 287
e 288 c.p.c., ove dal contesto della decisione e dagli atti processuali e dai
provvedimenti da essa richiamati o comunque compiuti o intervenuti nel corso del
processo sia inequivocamente individuabile la parte pretermessa o inesattamente
indicata e sia, pertanto, possibile stabilire che la pronuncia è stata emessa
anche nei suoi confronti (Cass. 5/07/2002, n. 9077).

Nella fattispecie, invece, detta incertezza
circa i soggetti ai quali si riferiva la decisione non sussiste, in quanto
evidentemente l’appello era stato pronunciato nei confronti del soggetto
appellante che era l’Ambientazione del rustico di B. L., già Ambientazione del
rustico s.n.c. di B. L. e S., per cui l’errore nel dispositivo doveva essere
fatto valere attraverso il procedimento di cui agli artt. 287 e segg. c.p.c.,
mentre non comportava alcuna nullità della sentenza.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente
lamenta l’omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della
controversia.

Assume la ricorrente che erratamente la
sentenza impugnata ha fatto proprie le conclusioni cui era giunto il c.t.u.,
secondo cui essa conduttrice godeva dei benefici dovuti all’esistenza
dell’impianto di riscaldamento del fabbricato, nonostante che i radiatori
fossero distaccati; che nessun riscaldamento derivava all’immobile locato per
irradiazione da parte dei tubi del riscaldamento; che non era stata pattuita nel
contratto una corresponsione a tale titolo; che la giurisprudenza della S. C.,
contrariamente a quanto asserito dalla sentenza impugnata, in ipotesi di
distacco dell’impianto centralizzato di riscaldamento, non prevedeva alcuna
spesa successiva a carico del condomino che aveva effettuato il distacco.

Ritiene questa Corte che il motivo sia
infondato e che lo stesso vada rigettato, pur dovendosi correggere la
motivazione a norma dell’art. 384, c. 2, c.p.c., nei termini seguenti.

Osserva preliminarmente questa Corte che
erratamente la sentenza impugnata afferma l’esistenza di un indirizzo
giurisprudenziale di legittimità, secondo cui, anche in caso di distacco di
un’unità immobiliare in un immobile condominiale dall’impianto centralizzato,
possa essere prevista una contribuzione percentuale di spesa a carico del
condomino distaccatosi.

L contrario l’orientamento, pienamente da
condividere, della S. C. statuisce che, autorizzato dall’assemblea dei condomini
il distacco delle diramazioni di alcune unità immobiliari dall’impianto
centrale di riscaldamento, sulla base della valutazione che dal distacco sarebbe
derivata un’effettiva riduzione delle spese di esercizio e, per contro, non
sarebbe stato determinato uno squilibrio in pregiudizio del regolare
funzionamento dell’impianto, e venuta meno la possibilità che i medesimi locali
fruiscano del riscaldamento, l’impianto non puo’ considerarsi destinato al
servizio dei predetti piani o porzioni di piano.

Consegue che i proprietari di queste unità
abitative non devono ritenersi tenuti a contribuire alle spese per un servizio,
che nei confronti dei loro immobili non viene prestato (Cass. 09/01/1999, n.
129; Cass. n. 10214/1996).

Tuttavia, sempre in materia di condominio negli
edifici, si è affermato che la previsione, nel regolamento condominale,
dell’obbligo di contribuzione alle spese di gestione del riscaldamento
svincolato dall’effettivo godimento del servizio (ben potendo i condomini, in
esplicazione della loro autonomia privata, assumere peraltro in via negoziale la
prevista obbligazione corrispettiva) va ricondotta non già nell’ambito della
regolamentazione dei servizi comuni, bensi’ in quello delle disposizioni che
attribuiscono diritti o impongono obblighi ai condomini; ne consegue che essa
non è modificabile da delibera assembleare, se non con l’unanimità dei
consensi (Cass. 28/01/2004, n. 1558; Cass. 21/05/2001, n. 6923).

Tale ultimo principio, e cioè la legittimità
del pagamento delle spese per il riscaldamento, anche in assenza di questo, se
fondato sulla sola volontà delle parti, non puo’ applicarsi in linea generale
nell’ambito del contratto di locazione di immobili urbani.

Infatti, per il principio di cui all’art. 9
legge n. 392/1978, applicabile alle locazioni
per immobili adibiti ad uso non abitativo, sono a carico del conduttore le spese
relative alla fornitura del riscaldamento.

Cio’ comporta che, se detta fornitura non
esiste e quindi manca la sinallagmaticità, non è dovuto alcun corrispettivo
per la stessa, nonostante che esso sia previsto in contratto.

Infatti, benchè per detti contratti (locazione
di immobili per uso non abitativo) non esista la predeterminazione legale dei
limiti massimi del canone, tuttavia, poichè opera il combinato disposto degli
artt. 9 e 41 legge n. 392/1978, non è dovuto un onere accessorio per una
fornitura, se la stessa non è effettivamente prestata, con la conseguenza che
un’eventuale pattuizione in questo senso finisce per attribuire al locatore un
vantaggio in assenza di sinallagmaticità e, quindi, in contrasto con le
disposizioni di legge.

Tale eventuale pattuizione è quindi nulla a
norma dell’art. 79 legge n. 392/1978 e detta nullità è rilevabile anche
d’ufficio a norma dell’art. 1421 c.c. (Cass. 24/5/1993, n. 5827).

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