Niente prescrizione per l’acquirente se il venditore si è obbligato ad eliminare i vizi -; CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite, Sentenza n. 13294 del 21/06/2005
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Risolvendo un contrasto di giurisprudenza, le
Sezioni Unite statuiscono che l’impegno del venditore di eliminare i vizi che
rendano la cosa inidonea all’uso cui è destinata, di per sè non dà vita a una
nuova obbligazione estintiva o sostitutiva dell’originaria obbligazione di
garanzia, ma consente al compratore di essere svincolato dai termini di
decadenza e dalle condizioni di cui all’art. 1495 cod. civ. ai fini
dell’esercizio delle azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del
prezzo, perchè tale impegno si risolve in un riconoscimento del debito.
CASSAZIONE CIVILE,
Sezioni Unite, Sentenza n. 13294 del 21/06/2005
(Presidente
V. Carbone, Relatore A. Elefante)
Con atto di
citazione notificato il 22/12/1987, la T. D.T. s.a.s. proponeva opposizione
avverso il decreto ingiuntivo del 26/11/1987 per il pagamento di L. 5.944.035, e
– messo dal Presidente del Tribunale di Busto Arsizio ad istanza della L. s.r.l.
che di tale somma s’era dichiarata creditrice a titolo di saldo per una
fornitura di scatole di cartone stampate plastificate. Deduceva la società
opponente l’esistenza di vizi della merce (scollatura delle scatole) che la
rendevano inidonea all’uso: vizi che non erano stati eliminati dall’intervento
effettuato dalla venditrice. Chiedeva, pertanto, previa revoca del decreto
opposto, la risoluzione del contratto e, in subordine, la riduzione del prezzo.
Costituitasi,
la soc. L. contestava la fondatezza dell’opposizione, deducendo, fra l’altro, la
decadenza dalla garanzia per tardiva denuncia dei vizi.
Il Tribunale
revocava il decreto ingiuntivo e, in accoglimento della domanda di riduzione del
prezzo, condannava la soc. L. alla restituzione della somma di L. 6.804.301.
Proponeva
appello la soc. L., deducendo fra l’altro che l’obbligazione di garanzia
prevista dall’art. 1490 C.C. si era estinta per novazione in considerazione
della nuova obbligazione assunta dalla venditrice che, nel riconoscere
l’esistenza dei vizi, si era impegnata ad eliminarli: pertanto non erano
esperibili i rimedi di cui all’art. 1492 C.C., in particolare l’acto quanti
minoris, ma se mai soltanto quella di risarcimento del danno per inadempimento
della nuova obbligazione. Con sentenza n. 344/00 dell’8-15/02/2000, la Corte
d’appello di Milano rigettava l’impugnazione, osservando, per quel che qui
rileva, che il riconoscimento dei vizi con l’impegno di eseguire le riparazioni
necessarie ad eliminarli non dà luogo di per sè alla novazione dell’intero
contratto di vendita, se non sia provata in concreto la volontà delle parti di
sostituire al rapporto originario un nuovo rapporto con diverso oggetto o
titolo, come richiesto dagli artt. 1230 e 1231 C.C.
Pertanto, non sussistendo la novazione della originaria obbligazione di garanzia
del venditore per i vizi, rimane fermo l’iniziale contratto di compravendita,
conseguentemente, ove, gli interventi riparatori restino senza esito, ovvero
abbiano un effetto inidoneo ad eliminare il sopravvenuto squilibrio tra le
prestazioni delle parti, il compratore conserva il diritto di domandare a sua
scelta la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo.
Contro tale sentenza la soc. L. ha proposto ricorso per cassazione, al quale la
soc. T. D.T. ha resistito con controricorso.
La seconda
sezione civile, con ordinanza del 16/12/2003, ha rilevato la presenza di
orientamenti giurisprudenziali divergenti in ordine alla riconducibili
dell’impegno assunto dal venditore di eliminare i vizi della cosa venduta
nell’ambito della novazione oggettiva dell’obbligazione di garanzia.
Per la composizione del contrasto, il Primo Presidente, ai sensi dell’art. 374,
2° comma, C.P.C., ha rimesso la questione alle sezioni unite.
Motivi della decisione
1.
Il ricorso contiene tre motivi.
a) Il primo
motivo riguarda la violazione e falsa applicazione degli artt. 1492, 1495 e 1230
C.C. Sostiene la ricorrente che a seguito della novazione dell’originaria
obbligazione di garanzia per effetto dell’impegno assunto dal venditore di
riparare la cosa difettosa, non era ammissibile l’azione di riduzione del
prezzo, riconducibile, ai sensi dell’art. 1490 C.C., esclusivamente alla
garanzia per vizi: nel caso di inadempimento della nuova obbligazione – assunta
dal venditore in sostituzione di quella di garanzia e non rientrante per il suo
contenuto fra quelle derivanti dal contratto di compravendita – il rimedio
esperibile era soltanto quello del risarcimento del danno.
b) Il secondo
motivo concerne la violazione e falsa applicazione degli artt. 1492 e 1495 C.C.
sotto un diverso profilo. La ricorrente censura la sentenza impugnata per aver –
nel ritenere ammissibile il rimedio della riduzione del prezzo nel caso di
inadempimento della nuova obbligazione assunta dal venditore – erroneamente
applicato il principio di diritto formulato dalla Suprema Corte (con la
decisione richiamata: Cass. 27/11/1985, n. 5889), secondo cui il compratore puo’
chiedere, ai sensi dell’art. 1455 C.C., la risoluzione del contratto: tale norma
esclude l’acto quanti minoris.
c) Il terzo
motivo attiene alla violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 C.C. e 324
C.P.C. La ricorrente deduce che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto
l’esistenza del giudicato in ordine all’ammissibilità dell’azione quanti
minoris, senza considerare che aveva formato oggetto dell’appello da essa
proposto.
2.
In relazione ai primi due motivi, da trattare congiuntamente per evidenti
ragioni di connessione, l’ordinanza di remissione ha rilevato l’esistenza di un
contrasto all’interno della giurisprudenza di questa Corte nei seguenti termini.
2.1.
Con pronunce conformi la Suprema Corte ha affermato e ribadito che, qualora il
venditore riconosca la sussistenza di difetti della prestazione eseguita ed
assuma, in luogo dell’obbligazione di garanzia rientrante nell’originario
contratto, l’obbligo di eliminare i vizi stessi, si configura a carico di tale
parte un’obbligazione nuova ed autonoma (rispetto a quella di garanzia), non
soggetta ai termini di prescrizione e decadenza previsti dalla disciplina del
contratto di vendita (art. 1495 C.C.), restando soggetta all’ordinaria
prescrizione decennale (v., fra tante, Cass. 19/6/2000, n. 8294; 12/5/2000, n.
6089; 11/5/2000, n. 6036; 24/4/1998, n. 4219; 29/8/1997, n. 8234; 20/2/1997, n.
1561; 12/6/1991, n. 6641).
2.2.
Tali pronunce appaiono in contrasto con altre dalle quali, con riferimento
all’istituto della novazione oggettiva in generale (art. 1230 C.C.), si ricava
il principio costantemente ribadito dalla Corte di Cassazione, secondo il quale
l’effetto estintivo dell’obbligazione, che è proprio della novazione,
presuppone sempre – anche se si acceda alla concezione più ampia della
novazione medesima, che la ravvisa in ogni ipotesi di mutamenti di carattere
quantitativo dell’oggetto o di modifiche di modalità o di elementi di una
medesima prestazione – che sia accertata comunque la sussistenza dell’animus
novandi, che deve essere provato in concreto (Cass. 12/9/2000, n. 12039;
14/7/2000, n. 9354); con l’ulteriore corollario che la modifica dell’oggetto del
contratto integra una novazione quando dà effettivamente luogo ad una nuova
obbligazione incompatibile con il persistere dell’obbligazione originaria, e non
anche quando le parti regolino semplicemente le modalità relative
all’esecuzione dell’obbligazione preesistente, senza alterarne l’oggetto ed il
titolo (Cass. 22/5/1998, n. 5117; 7/3/1983, n. 1676).
2.3.
Secondo l’ordinanza di remissione, ove si ritengano applicabili i principi
enunciati nelle sentenze da ultimo citate, sarebbe quanto meno problematico
aderire alla soluzione offerta dalle pronunce più sopra menzionate ed ai
criteri dalle stesse indicati, con riguardo alla ritenuta novazione
dell’obbligazione discendente dall’art. 1490 C.C. a carico del venditore e alle
conclusioni che ne sono state tratte, in punto di inammissibilità dell’azione
di riduzione ex art. 1492, comma 1, C.C., nel caso di riconoscimento dei vizi
della cosa venduta e di assunzione dell’obbligo di eliminarli; sembrando tutt’altro
che ragionevole ritenere “novata” l’originaria obbligazione del venditore, che
pertanto non sarebbe più quella di cui all’art. 1490 C.C., con conseguente
impossibilità per l’acquirente di esperire le azioni di garanzia offertegli
dalla legge, pur in totale carenza dell’animus novandi e della causa novandi,
che ne costituiscono elementi imprescindibili.
3.
Il contrasto giurisprudenziale rilevato con l’ordinanza di remissione, in
sostanza, se comporti novazione dell’originaria obbligazione di garanzia
l’impegno del venditore di eliminare i vizi della cosa consegnata, con
conseguente preclusione dell’esperibilità delle azioni edilizie, in particolare
di quella di riduzione del prezzo (actio quanti minor).
3.1.
Prima di procedere all’esame del contrasto nei termini in cui e stato enunciato,
è opportuno effettuare una, sia pur sintetica, ricognizione dell’orientamento
della Corte e della dottrina, partendo dalle norme codicistiche, in tema di
obbligazione di garanzia per vizi della cosa venduta e in relazione all’istituto
della novazione.
4.
Secondo l’art. 1476 C.C., “le obbligazioni principali del venditore sono:
1) quella di
consegnare la cosa al compratore;
2) quella di
fargli acquistare la proprietà della cosa o il diritto, se l’acquisto non è
l’effetto immediato del contratto;
3) quella di
garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa”.
L’art. 1477, 1° comma, C.C. stabilisce che “la cosa deve essere consegnata nello
stato in cui si trovava al momento della vendita”. A sua volta l’art. 1490, 1°
comma, C.C. definisce il contenuto della garanzia per vizi, sancendo che “il
venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la
rendano inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile
il valore”. Ai sensi del 1° comma dell’art. 1492 C.C. (effetti della garanzia)
“nei casi indicati dall’art. 1490 il compratore puo’ domandare a sua scelta la
risoluzione del contratto (art. 1453 ss.) ovvero la riduzione del prezzo salvo
che, per determinati vizi, gli usi escludano la risoluzione”.
5.
Secondo giurisprudenza, l’obbligazione di garanzia discende dal fatto oggettivo
del trasferimento di un bene affetto da vizi che lo rendano inidoneo all’uso cui
i destinato o ne diminuiscano in misura apprezzabile il valore, mentre possibili
profili di colpa del venditore rilevano, ex art. 1494 C.C., ai soli eventuali (e
diversi) fini risarcitori (Cass. 8/3/2001, n. 3425; 12/5/2000, n. 6089;
22/8/1998, n. 8338).
In alcune sentenze è detto che l’azione di inadempimento del contratto di
compravendita è regolata non già dalla disciplina generale dettata dagli art.
1453 e ss. C.C., ma dalle norme speciali di cui agli art. 1492 e ss. C.C., che
prevedono specifiche limitazioni rispetto alla disciplina generale, ed in
particolare l’onere di denuncia dei vizi nel termine di otto giorni dalla
scoperta, che condiziona sia l’esercizio dell’azione di risoluzione e
dell’azione di riduzione del prezzo previste dall’art. 1492 C.C., sia quella di
risarcimento dei danni prevista dall’art. 1494 c.c. (Cass. 5/5/2000, n. 6234;
Cass. 4/9/1991, n. 9352).
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