Penale

La posizione di garanzia dell’appaltatore si estende anche alla fase successiva all’esecuzione dei lavori – CASSAZIONE PENALE, Sezione IV, Sentenza n. 14817 del 28/04/2006

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In ipotesi di omicidio
colposo sussiste la responsabilità dell”appaltatore di lavori edili anche
nella fase successiva all’esecuzione dei lavori ove egli conservi il controllo
dell’area

 

La vicenda ”
con sentenza del 30.0.04 la Corte di Appello
di Trento confermava la sentenza del Tribunale di Bolzano e condannava R.U. e
F.A. perchè, il primo in qualità di titolare della ditta “R. p. e.” ed il
secondo il qualità di “responsabile della sicurezza”, cagionavano la morte di
P.A., caduta dal balcone della propria abitazione, lasciato privo di protezione.

Avverso tale pronuncia
proponevano ricorso per cassazione entrambi gli imputati.

R.U. lamentava violazione
dell’art. 40 commi 1 e 2 c.p. in ordine alle ritenute posizioni di garanzia e/o
di controllo ed il difetto di motivazione, specificando che poichè erano
terminati i lavori che la sua ditta doveva effettuare era, di conseguenza,
terminato anche il suo dovere di controllo su eventuali fonti di pericolo.

F.A. lamentava egualmente
violazione dell’art. 40 commi 1 e 2 c.p. per aver ritenuto esistente la sua
posizione di garanzia in base ad una semplice “investitura di fatto” di addetto
alla sicurezza del cantiere.

 

La questione di diritto
sollevata ”
come è noto il nostro
codice penale, negli artt. 40 e 41, contiene la disciplina del c.d. nesso di
causalità, cioè di quell’elemento necessario affinchè possa dirsi che la
condotta del soggetto è causa dell’avento.

Il problema della
causalità si pone, con particolare riguardo, per i reati c.d. omissivi impropri
che sono caratterizzati dalla necessaria presenza di un evento in senso
naturalistico.

Con riguardo a tali reati,
per equiparare il non impedire al cagionare, nel nostro ordinamento, non è
sufficiente la materiale possibilità di impedire l’evento, in quanto non si
puo’ esigere che ogni soggetto in grado di farlo ponga in essere un intervento
impeditivi dell’evento, poichè si andrebbe ad intaccare la sfera di libertà
individuale di ciascuno.

Come ulteriore requisito
si richiede, pertanto, quello dell’obbligo di impedire l’evento, ex art. 40
comma 2 c.p..

La teoria si incentra sul
concetto di “posizione di garanzia”, cioè su fatto che l’ordinamento giuridico
attribuisce a taluni soggetti la funzione di “garanti” di determinati interessi.

Con la seguente sentenza,
quindi, la Corte si è pronunciata proprio su tale problematica ed in
particolare sui limiti temporali della responsabilità del garante, nonchè
sulla successione nella posizione di garanzia.

 

La soluzione adottata
dalla Corte ”
la Corte ha precisata
che, nell’esecuzione della propria attività, l’appaltatore di lavori edili deve
osservare tutele le cautele necessarie al fine di evitare di cagionare danni non
solo ai propri dipendenti, ma anche ai terzi, secondo il principio del “neminem
ledere”.

La Corte precisa che tale
obbligo non si limita alla fase di esecuzione delle opere, ma si estende anche
successivamente, qualora egli conservi il controllo della zona dei lavori e fin
quando la sua posizione di garanzia non venga assunta da altro.

In particolare incombe
sull’appaltatore  l’obbligo di non lasciare situazioni di pericolo.

In caso contrario egli
risponderà dei fatti lesivi che si verifichino in conseguenza della situazione
da lui lasciata, anche qualora il fatto si verifichi a distanza di tempo.

Già con precedenti
sentenze la Cassazione aveva stabilito che “in tema di responsabilità, per
escludere, nel caso di successione di garanti, la responsabilità di uno dei
precedenti garanti, che abbia violato determinate norme precauzionali, non è
sufficiente che il successivo garante intervenga, ma è indispensabile che,
intervenendo, sollecitato o meno dal precedente garante, rimuova effettivamente
la fonte di pericolo, con la conseguenza che in caso di intervento
insufficiente, il precedente garante, in caso si verifichi un evento lesivo, ne
risponderà egualmente (Cass. sez. 4 sent. 4793 del 29.4.91).

La Corte ha, inoltre,
specificato che l’assunzione della posizione di garanzia non richiede
necessariamente la forma scritta, potendo essere rilevata anche in assenza di
specifico documento attestante.

 

(Lorenzo Sica, © Litis.it,
19 Giugno 2006)

 


CASSAZIONE PENALE, Sezione IV, Sentenza n. 14817 28/04/2006
(Presidente M.
Battisti, Relatore S. Visconti)

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza in
data 30.9.2004 la Corte di Appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano –
ha confermato la sentenza del 17.10.2002 del Tribunale di Bolzano, con la quale
R. U. e F. A. erano stati dichiarati

colpevoli del delitto di
omicidio colposo (art. 589 c.p.) in persona di P. A., e concesse le attenuanti
generiche, condannati rispettivamente alle pene di mesi sei di reclusione e mesi
quattro di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale della
pena.

L’incidente, che
aveva cagionato la morte della P. è abbastanza semplice da esporre. La donna
aveva riportato un politrauma complesso con frattura cranica encefalica
emorragica, con conseguente morte istantanea, a seguito della caduta da un
balcone, sito ad un’altezza dal suolo di circa 5 metri, rimasto privo di
protezione, dopo la rimozione dei listelli in legno fissati sui montanti del
parapetto del balcone, operazione che era stata eseguita sui balconi del
fabbricato condominiale in attesa di apporre le nuove ringhiere, dopo
l’esecuzione dei lavori di tinteggiatura esterna, dei muri, del giroscale, delle
cornici, delle pluviali e degli scuri dello stabile, e quindi dopo la rimozione
dei ponteggi.

R. U., titolare
della ditta "R. pitture edili", che aveva eseguito i succitati lavori di
tinteggiatura, è stato ritenuto colpevole sia dal giudice di primo grado che da
quello di appello, in quanto aveva lasciato i balconi senza protezione alcuna,
avendo rimosso gli operai della sua ditta le assi di legno poste al momento di
montaggio dei montanti in ferro e che servivano da protezione.

La Corte territoriale, pur
dando atto che i lavori eseguiti dalla ditta R. erano terminati a fine luglio, e
che l’incidente mortale si era verificato il 24.8.1999, ha rimarcato che i
balconi erano rimasti senza protezione per oltre tre settimane, e cioè per un
lungo periodo di tempo. Lo stesso giudice di secondo grado ha ritenuto che non
vi è dubbio che incombeva sul R. una posizione di garanzia e/o di controllo,
recandosi l’imputato tra l’altro spesso in cantiere, e non avendo delegato ad
alcuno i suoi obblighi di sorveglianza.

Inoltre, secondo la
motivazione della sentenza di appello, il R. era stato avvertito dai propri
dipendenti della situazione di pericolo, e non vi ha posto rimedio, causando
cosi’ la caduta della quasi ottantenne P. A. al suolo.

 

La Corte
territoriale ha preso anche in considerazione l’argomento sollevato dalla difesa
della condotta imprudente della P. come causa sopravvenuta da sola idonea ad
interrompere il nesso causale, e lo ha escluso, rilevando che – avendo il R.
assunto una posizione di organizzazione e direzione dei lavori – egli aveva
l’obbligo di impedire l’evento, adottando tutte le cautele necessarie per tale
fine. Al contrario, l’imputato aveva lasciato i balconi privi di ogni
protezione, e maggiore è la sua colpa per non averne ripristinata alcuna,
benchè avvertito del pericolo dagli operai alle sue dipendenze.

Nè la condotta
della P. costituiva una causa autonoma, eccezionale ed imprevedibile, essendosi
la donna recata sul balcone per stendere la biancheria, comportamento che
rientrava tra quelli prevedibili.

 

Infine, è stato
rigettato il motivo di appello attinente al trattamento sanzionatorio, essendo
la pena adeguata alle gravità della colpa e del fatto, e cioè morte di una
persona.

 

Per cio’ che concerne
l’altro imputato, F. A., la sua condotta colposa è stata ritenuta causa
concorrente, ancorchè indipendente, ai sensi dell’art. 41, 1° comma, c.p..
L’imputato è stato definito, nella sentenza impugnata, come "esperto" e
"persona responsabile della sicurezza", in base alle testimonianze di tali S. e
G., mentre non è stato prestato credito alle dichiarazioni, definite
"imprecise" e "sfuggenti" di altri due testimoni, come il PERGHER, amico
dell’imputato, e tale G., che aveva reso anche dichiarazioni non veritiere in
ordine alla condotta di un ispettore di polizia.

Secondo la
ricostruzione in fatto, nella sentenza di appello, lo stesso R. aveva
consigliato i condomini di munirsi di un "addetto alla sicurezza", e tale
compito era stato affidato al geometra F., anche se solo verbalmente, apparendo
pacifico dalla lettura della sentenza che non vi è alcun atto scritto di

nomina.

Nella sentenza
citata si ritiene provato, oltre ogni lecito dubbio, che il F. abbia assunto le
cariche di coordinatore, di addetto alla sicurezza e di direttore dei lavori. In
tali qualità egli aveva indubbiamente l’obbligo di impedire l’evento, facendo
chiudere i balconi con assi di legno, e non limitandosi a farli "nastrare" dal
altra persona, poi assolta in primo grado, cautela del tutto inadeguata, tanto
che la P. è caduta dal balcone proprio per l’assenza di protezioni.

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