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Illegittima l’espulsione dello straniero che vive con la madre italiana – Cassazione Civile, Sentenza n. 111/2011

La convivenza dello straniero con parenti entro il quarto grado (oggi secondo grado) o con il coniuge di nazionalità italiana, (in presenza della quale l’art. 19, comma secondo, lettera c), del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, non consente l’espulsione amministrativa), è soggetta al regime probatorio ordinario, sicché lo straniero può fornirne la dimostrazione anche con prova orale (Sez. 1, Sentenza n. 7476 del 20/04/2004; Sez. 1, Sentenza n. 2612 del 04/02/2010).

(Litis.it, 18 Gennaio 2011)

Cassazione Civile, Sezione Prima Sentenza n. 111 del 04/01/2011

Ritenuto in fatto e in diritto

La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore:

[OMISSIS] ricorre per cassazione – formulando cinque motivi – contro il decreto del Giudice di pace di Roma del 28.11.2008 con il quale è stata respinta la sua opposizione avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Roma nei suoi confronti per non avere richiesto nei termini il rinnovo del permesso di soggiorno scaduto da oltre 60 giorni.

Resiste con controricorso l’Amministrazione intimata.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione lamentando che sia stato ritenuto insussistente l’invocato divieto di espulsione del convivente con familiare (la madre) di cittadinanza italiana e, contraddittoriamente, non siano state ammesse le prove orali richieste per dimostrare la convivenza (esclusa) e non siano state valutate le prove documentali prodotte (frequenza di un corso con rilascio di diploma, rapporti bancari e altro)

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 13, c. 1, 19, comma 2 lett. c, decreto_legislativo_286_1998, 2 e 28 lett. a) DPR 394/1999 e deduce che non possono darsi ulteriori cause di disapplicazione dell’art. 19 cit. e per i casi di espulsione pronunciata dal Prefetto i precedenti penali e lo stato detentivo sono irrilevanti.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge e formula il seguente quesito: se <il cittadino straniero, con genitore italiano e residente in Italia, ai sensi del complesso normativo di cui al d.vo 30 del 2007, artt. 5, 13, 14, 17, 20 e del DPR 54 del 2002 art. 2, ha diritto di permanere in Italia e comunque non può esserne espulso se non per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. La commissione da parte dello straniero che versi in tale condizione, di uno o più reati, non comporta la perdita di tale diritto e l’espulsione automatica dal nostro Paese. L’accertamento delle pericolosità deve essere accertato dall’autorità della PA, e non (in mancanza di tale accertamento) dal Giudice che decida sull’opposizione avverso un decreto di espulsione. Nell’esprimere il giudizio di pericolosità si deve tener conto della situazione familiare e economica, della integrazione sociale e culturale nel territorio nazionale e dell’importanza dei suoi legami con il Paese d’origine dello straniero extracomunitario».

Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione di legge (art. 13 co. 2 bis del d. lgs. 286 del 1998 e formula il seguente quesito di diritto formula il seguente quesito: se ‹‹il Prefetto, nel procedere all’espulsione di cittadino extracomunitario che abbia avuto scaduto il permesso di soggiorno, e che lo abbia ottenuto originariamente per un ricongiungimento familiare, deve tenere, “anche conto della, natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine.” Il decreto di espulsione che manchi di tale indagini sul caso concreto violerà il diritto all’unità familiare in maniera aprioristica, e dunque alla fonte dovrà ritenersi non legittimo, anche in virtù dell’art. 13 co. 2 bis richiamato>›. Deduce di essere vissuto in Italia con la madre da quando aveva sedici anni di età, e ininterrottamente per gli otto anni successivi, conseguendo il titolo di studio di secondo grado e poteva affermarsi con sicurezza che era perfettamente integrato con il contesto di vita italiano, ed oramai alieno con il contesto di vita moldavo.

Con il quinto motivo denuncia violazione dell’art. 2 d.lvo 286/98, dell’art. 2 Cost. dell’art. 8 CEDU e formula il quesito: se < si deve far dare prevalenza del diritto al mantenimento del nucleo familiare, nel caso di specie costituito con cittadino italiano, rispetto al dovere di dare rigida applicazione a una legge che impone nel caso di specie costituito con cittadino italiano, rispetto al dovere di dare rigida applicazione a una legge che impone la richiesta di rinnovare il permesso di soggiorno, qualora non depongano ragioni di ordine e sicurezza pubblica a sfavore del
cittadino extracomunitario››.

I primi due motivi di ricorso appaiono manifestamente fondati, con conseguente assorbimento delle restanti censure. Invero, il provvedimento impugnato esclude la convivenza del ricorrente con la madre ma non contiene alcuna valutazione della documentazione prodotta dal ricorrente.

Il giudice del merito, infatti, <<esaminati gli atti e i documenti depositati», si è limitato ad affermare che era mancata la prova dell’effettiva convivenza, attribuendo rilievo alla circostanza che il ricorrente aveva precedenti penali ed era stato detenuto, anche di recente, pur essendo la stessa irrilevante a fronte dell’ipotesi concreta di espulsione (art. 13, comma 2, lett. b).

Peraltro, la convivenza dello straniero con parenti entro il quarto grado (oggi secondo grado) o con il coniuge di nazionalità italiana, (in presenza della quale l’art. 19, comma secondo, lettera c), del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, non consente l’espulsione amministrativa), è soggetta al regime probatorio ordinario, sicché lo straniero può fornirne la dimostrazione anche con prova orale (Sez. 1, Sentenza n. 7476 del 20/04/2004; Sez. 1, Sentenza n. 2612 del 04/02/2010).

L’accoglimento dei motivi dovrebbe comportare la cassazione del decreto con rinvio per nuovo esame. Il ricorso, quindi, può essere deciso in camera di consiglio».

Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono all’accoglimento del ricorso.

Il provvedimento impugnato deve essere cassato e la causa deve essere rinviata per nuovo esame e per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità al Giudice di pace di Roma in persona di diverso magistrato.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiara assorbiti i rimanenti, cassa il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo esame e per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità al Giudice di pace di Roma in persona di diverso magistrato.

Depositata in Segreteria il 04.11.2011

 

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