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Indennità di espropriazione. Va sempre liquidato il valore venale del bene – Cassazione Civile, Sentenza n. 15117/2011

Premesso che la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei criteri di commisurazione dell’indennità di esproprio per le aree edificabili, di cui all’art. 5 bis della legge 359 del 1992, ivi compresa la decurtazione del 40%, relativamente ai rapporti non esauriti per essere ancora in corso la controversia sulla misura dell’indennità, deve ricorrersi al criterio del valore venale del bene anche se il ricorso avverso la sentenza determinativa dell’indennità non abbia sollevato questione sulla legge applicabile, ma si sia limitato a contestare la quantificazione in concreto dell’indennità, non essendo concepibile, in ordine all’individuazione del criterio legale di stima, la formazione di un giudicato autonomo, né l’acquiescenza allo stesso, dato che il bene della vita alla cui attribuzione tende l’opponente alla stima è l’indennità, liquidata nella misura di legge, non già l’indicato criterio legale, così che l’impugnazione del credito indennitario rimette in discussione proprio il criterio legale utilizzato dalla sentenza determinativa dell’indennità, ed il relativo capo, fondandosi sulla premessa dell’applicabilità dell’art. 5 – bis cit., non è suscettibile, venuta meno tale premessa, di conservare la natura e gli effetti di un’autonoma statuizione (cfr. Cass. 2008/22409).

(© Litis.it, 15 Luglio 2011 – Riproduzione riservata)

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Cassazione Civile, Sezione Prima, Sentenza n. 15117 del 08/07/2011

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 23.11.2001, Gi.Ro., in rappresentanza di M.D. , adiva la Corte di appello di Bari e premesso che il Comune di Barletta aveva deliberato la destinazione a parcheggio pubblico misto ed assoggettato a procedimenti di espropriazione (definito in corso di causa con decreto del 20.01.2003) e di occupazione (decreto sindacale del 27/01/2000), il terreno in proprietà della D. , esteso mq 920 (in catasto alla p.lla …), chiedeva che fossero determinate le giuste indennità di occupazione legittima e di espropriazione, questa assumendo essere stata determinata e offerta in misura incongrua in sede amministrativa.

Con sentenza n. 441 del 22.03 – 2.05.2005, la Corte di appello di Bari, nel contraddittorio delle parti ed all’esito della disposta CTU, in accoglimento della domanda introduttiva, determinava l’indennità di espropriazione nella somma di Euro 34.500,00, non decurtata del 40%, e l’indennità di occupazione legittima in Euro 2.487,00, misura corrispondente al saggio medio annuo degli interessi legali sull’indennità di espropriazione, per il periodo decorso dal 24.02.2000 al 20.01.2003, ordinando all’ente locale il deposito di tali indennizzi presso la Cassa DDPP, previa detrazione di quanto già versato allo stesso titolo e con interessi legali sulla somma residua. La Corte territoriale riteneva:

 – che dovesse farsi riferimento ai criteri previsti dall’art. 5 bis della L. 359/1992 per le aree edificabili, essendo incontroverso che il terreno, anche oggetto dell’approvato progetto comunale di sistemazione delle aree esterne all’attiguo Palazzetto dello Sport, fosse di tale natura che controverso era il valore venale dell’area occupata ed ablata;

 – che con delibera n. 23/01, il Comune di Barletta aveva attualizzato a L. 105.900 al mq il valore di mercato e, quindi, elevato a L. 52.980 al mq, non decurtate del 40%, l’entità dell’indennità espropriativa stabilita, con delibera n. 816/95, per la zona, attigua al terreno della D. , destinata alla edificazione del suddetto palazzetto dello Sport, e ciò recependo un indice di fabbricabilità pari a me 2,5/mq, corrispondente a quello stabilito dal CTU, sicché sul punto le contestazioni dell’espropriante non avevano fondamento;

 – che in corso di causa era stata offerta all’espropriata e non accettata, la somma di Euro 37,50 al mq, quale più congruo indennizzo espropriativo, determinato alla stregua delle numerose sentenze emesse dalla medesima Corte in relazione agli atti espropriativi posti in essere in relazione a terreni siti nella stessa zona di quello in discussione (cfr ultima parte della CTP a firma del geom. B. e relativi allegati) che detta cifra doveva ritenersi congrua anche nel caso di specie che non fosse applicabile il meccanismo correttivo dell’indennizzo espropriativo, previsto dall’art. 16 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, in rapporto al valore dichiarato dall’espropriato ai fini dell’ICI;

– che non fosse applicabile la riduzione del 40% del medesimo indennizzo espropriativo, attesa l’entità della somma originariamente offerta.
Avverso questa sentenza, notificata il 23.05.2005, G.A., An., a., R., Ap. e Ro., quali coeredi legittimi di D.M. deceduta il (…) , hanno proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo e notificato il 22.07.2005 al Comune di Barletta ed il 21.07.2005 a M.C.D.C., che non ha svolto difese, nonché a G.D. e M., tutti e tre quali coeredi della D. per rappresentazione del deceduto G.P.

G.D.F. e M.M. hanno a loro volta impugnato la medesima sentenza con ricorso di contenuto analogo al primo, notificato il 22.07.2005 al Comune di Barletta, che ha resistito ad entrambi i gravami con controricorsi notificati il 27.09.2005 e depositato memorie.

Motivi della decisione

Deve essere preliminarmente disposta ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei due autonomi ed analoghi ricorsi proposti avverso la medesima sentenza, il secondo dei quali va qualificato come incidentale (cfr, tra le altre, Cass. n. 27887 del 2009). A sostegno del ricorso tutti i G. denunziano: – “Violazione artt. 132 c. 2 c.p.c. – 118 disp att c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c.: difetto di motivazione circa il punto oggetto di controversia.” Sostengono che le determinazioni indennitarie sono sostenute da motivazione palesemente viziata ed apparente, che si sostanzia nella comparazione tra presunta offerta (fatta solo dal c.t.p. di controparte, privo al riguardo di potere, non supportata da atti formali e pertanto per il Comune non vincolante, tanto da essere smentita dalle rassegnate conclusioni) ed esiti di precedenti similari pronunce, nonché nel richiamo acritico di tali decisioni, affidato al solo dato della ubicazione dei beni nella stessa zona, e che, inoltre non consente di apprezzare le ragioni per cui sono stati disattesi i criteri adottati dal CTU ed ignorate le conclusioni dallo stesso espresse e da loro condivise, secondo cui le indennità di espropriazione e di occupazione legittima ammontavano rispettivamente ad Euro 84.695,88 e ad Euro 7.634,64.

Il motivo merita favorevole apprezzamento, giacché in effetti, non appaganti e tali da rivelarsi meramente apparenti si rivelano le sintetiche, apodittiche e generiche argomentazioni con cui nella specie la Corte distrettuale ha determinato le indennità espropriazione e di occupazione legittima.

La sentenza deve, quindi, essere cassata, con rinvio, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, la quale dovrà anche determinare gli indennizzi secondo il criterio del valore venale del bene, previsto dall’art. 39 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 (cfr. cass. 200811480; 200828431), dovendosi dare ingresso alle innovazioni normative conseguenti alla sopravvenuta sentenza_348_2007, resa dalla Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei criteri di commisurazione dell’indennità di esproprio per le aree edificabili, di cui all’art. 5 bis della legge 359 del 1992, ivi compresa la decurtazione del 40%.

Nei rapporti non esauriti per essere ancora in corso la controversia sulla misura dell’indennità, deve, infatti, ricorrersi al criterio del valore venale del bene anche se il ricorso avverso la sentenza determinativa dell’indennità non abbia sollevato questione sulla legge applicabile, ma, come nella specie, si sia limitato a contestare la quantificazione in concreto dell’indennità, non essendo concepibile, in ordine all’individuazione del criterio legale di stima, la formazione di un giudicato autonomo, né l’acquiescenza allo stesso, dato che il bene della vita alla cui attribuzione tende l’opponente alla stima è l’indennità, liquidata nella misura di legge, non già l’indicato criterio legale, così che l’impugnazione del credito indennitario rimette in discussione proprio il criterio legale utilizzato dalla sentenza determinativa dell’indennità, ed il relativo capo, fondandosi sulla premessa dell’applicabilità dell’art. 5 – bis cit., non è suscettibile, venuta meno tale premessa, di conservare la natura e gli effetti di un’autonoma statuizione (cfr. Cass. 2008/22409).

Conclusivamente i ricorsi riuniti devono essere accolti e l’impugnata sentenza cassata, con rinvio alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, cui si demanda anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li accoglie, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione.

Depositata in Cancelleria il 8 luglio 2011

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