Amministrativa

Risarcimento danni relativo ad espropriazione per pubblica utilità – Consiglio di Stato Sentenza n. 5761/2012

sul ricorso numero di registro generale 7047 del 2011, proposto dal:
Comune di Meda, rappresentato e difeso dagli avv. Ignazio Bonomi ed Andrea Manzi, con domicilio eletto presso lo studio del secondo di detti difensori, in Roma, via Confalonieri n. 5;
contro
i sigg. Giovanni Di Carpegna Brivio, Ugo Di Carpegna Brivio e Cecilia Di Carpegna Brivio, rappresentati e difesi dall’avv. Luca Stendardi, con domicilio eletto presso l’avv. Giovanni Bardanzellu, in Roma, via Banco di S. Spirito, n. 48;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lombardia – sede di Milano – Sezione II^ – n. 854 del 30 marzo 2011, resa tra le parti, concernente risarcimento danni relativo ad espropriazione per pubblica utilità;

Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 5761/2012 del 14.11.2012

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio dei sigg. Giovanni Di Carpegna Brivio, Ugo Di Carpegna Brivio e Cecilia Di Carpegna Brivio;
Viste le memorie difensive prodotte da entrambe le parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 giugno 2012 il Cons. Guido Romano e uditi per le parti gli avvocati Luigi Manzi, su delega dell’avv. Andrea Manzi, e Nicola Mainelli, su delega dell’avv. Luca Stendardi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. – Con ricorso al TAR della Lombardia, i sigg. Giovanni Di Carpegna Brivio, Ugo Di Carpegna Brivio e Cecilia Di Carpegna Brivio chiedevano l’accertamento del loro diritto ad ottenere dal Comune di Meda il risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza dell’illegittima apprensione dei terreni di loro proprietà da parte del medesimo Comune, oltre alla condanna di quest’ultimo alla formale restituzione dei terreni stessi.
A fondamento di tale pretesa gli esponenti deducevano che: – con delibera n. 78 del 1996 il Consiglio Comunale di Meda aveva approvato il progetto preliminare per la realizzazione del Parco pubblico “Zoca di Pirutit”, adottando la relativa variante urbanistica poi approvata con la delibera regionale n. 34645 del 13 febbraio 1998, da realizzarsi su una superficie di mq. 142.000, dei quali oltre 109.000 di proprietà dei ricorrenti; – con successivo decreto sindacale n. 1 del 08 giugno 1998 era stata disposta l’occupazione d’urgenza dei ridetti terreni per 109.000 mq., con immissione in possesso del 15 luglio 1998; – i tre ricorsi giurisdizionali proposti avverso detti atti e la delibera regionale di approvazione erano stati accolti dal medesimo TAR che con sentenza n. 5335 del 21 agosto 2001 li aveva annullati; – alla data di presentazione del ricorso il Comune di Meda non aveva restituito formalmente i terreni nelle stesse condizioni in cui essi si trovavano al momento dell’occupazione, né aveva corrisposto alcunché a titolo di indennità di occupazione; – il Comune di Meda doveva, pertanto, essere condannato a pagare i danni da essi patiti in conseguenza dell’illegittima apprensione dei terreni, calcolati facendo leva su un corrispettivo annuo, determinato in misura pari al saggio legale degli interessi, maturato per ciascun anno di occupazione sine titulo, sul valore di mercato dei 109.039 mq. di terreno occupato, oltre al risarcimento del danno biologico e morale, nonché a restituirli formalmente. Il tutto, con rivalutazione ed interessi legali.
2. – Con l’impugnata sentenza n. 854 del 30 marzo 2011 il Giudice territoriale adito ha accolto in parte la domanda giudiziale dei ricorrenti perché ha disposto quanto segue:
– ha dichiarato inammissibile, per violazione del principio del ne bis in idem, la domanda dei ricorrenti di formale restituzione dei beni perché già coperta dalla sentenza di ottemperanza, come riformata dal Giudice di appello, al giudicato di annullamento degli atti espropriativi formatosi sulla sentenza di merito n. 5335 del 21 agosto 2001; – ha dichiarato, inoltre, la stessa domanda anche improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, essendo stata provata in atti di causa la riconsegna materiale e giuridica dei terreni occupati, come risultante dal verbale del 10 settembre 2009;
– ha ritenuto infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione perché formulata sull’erroneo presupposto che possano trovare applicazione i principi di riparto relativi alla distinta e diversa fattispecie delle “indennità” dovute in dipendenza dell’adozione di legittimi atti di occupazione e/ espropriazione;
– ha accolto la domanda di risarcimento danni in relazione all’illecita occupazione dei terreni dal 15 luglio 1998 (data del verbale di immissione in possesso) al 10 settembre 2009 (data di effettiva reimmissione dei proprietari nel possesso dei terreni stessi) con quantificazione rapportata al valore per metro quadrato fissato in precedenza dallo stesso Comune di Meda in sede di offerta di cessione di terreni ricadenti in zona in zona simile a quella dei sigg. Di Carpegna Brivio, poi rogata con atto notarile, e conclusivamente determinata in euro 127.474,47, oltre le somme spettanti per rivalutazione monetaria e per interessi compensativi, nonché quelle per interessi legali dalla data di deposito della sentenza impugnata a quella di effettivo soddisfo;
-ha rigettato, invece, la domanda di risarcimento dei danni esistenziali e morali perché non assistita da prova concreta e neppure da un principio di prova.
3. – Con l’appello in epigrafe il Comune di Meda ha chiesto la riforma della sentenza impugnata sulla base di motivi di impugnazione così rubricati:
i)- difetto di motivazione in ordine alla colpa del Comune di Meda nella verificazione del danno da “occupazione abusiva” nel periodo tra il 15 luglio 1998 ed il 18 maggio 2004; illogicità della motivazione relativa all’ascrizione del comportamento colposo nel periodo successivo alla data del 18 maggio 2004, di pubblicazione della sentenza n. 1719 del 21 aprile 2004 del TAR Lombardia; violazione dell’art. 2043 del codice civile;
ii) – difetto della motivazione per mancata prova del danno lamentato;
iii) – irrazionalità, illogicità ed erroneità della quantificazione del risarcimento del danno.
4. – Si sono costituiti nel presente grado di giudizio gli appellati sigg. Di Carpegna Brivio che con più memorie hanno instato per la reiezione dell’appello sulla scorta di deduzioni tese a dimostrare l’infondatezza dei motivi proposti dal Comune di Meda.
5. – Anche parte appellante ha prodotto più memorie con le quali ha ulteriormente illustrato le ragioni per le quali l’appello andrebbe, invece, accolto.
6. – Alla pubblica udienza del 26 giugno 2012 l’appello è stato assegnato in decisione.
7. – L’appello è infondato.
7.1 – Preliminarmente giova precisare, in punto di fatto, che la questione sulla quale il Collegio è chiamato a pronunziarsi ha inizio con i provvedimenti emanati dal Comune di Meda con la dichiarata intenzione di realizzare il Parco pubblico “Zoca di Pirutit”, come da progetto approvato, ed è stata scandita da più procedimenti giurisdizionali che si sono conclusi:
– con una prima sentenza del TAR Lombardia (n. 5335 del 2001), passata in cosa giudicata, che ha annullato tutti gli atti del procedimento ablatorio dei terreni dei sigg. Di Carpegna Brivio, e cioè sia la delibera n. 78 del 1996 del Consiglio Comunale di Meda che aveva approvato il progetto preliminare, sia il decreto sindacale (n. 1 del 08 giugno 1998) di occupazione di urgenza di detti terreni, sia ancora la delibera regionale n. 34645 del 13 febbraio 1998 di approvazione dell’apposita variante urbanistica dello stesso Comune;
– con una seconda sentenza (n. 1719 del 18 maggio 2004), emanata dallo stesso Giudice amministrativo territoriale, ma in sede di ottemperanza alla precedente di merito (già citata) n. 5335 del 2001, che ha rigettato la domanda al riguardo proposta dai sigg. Di Carpegna Brivio, avendo ritenuto che con la nota comunale del 31 luglio 2003 il Comune avesse restituito ai predetti proprietari i terreni occupati sine titulo, essendo sufficiente il fatto che “…il Comune ha dichiarato di non considerarsi in alcun modo ed a nessun titolo possessore dei beni…”;
– con una terza sentenza emessa in grado di appello da questa Sezione (n. 405 del 26 gennaio 2009) con la quale, in riforma integrale della su indicata sentenza di ottemperanza del Giudice territoriale n. 1719 del 2004, ha ritenuto non idonei i presupposti valutati dal TAR per respingere il ricorso dei sigg. Di Carpegna Brivio ed ha ordinato l’effettiva restituzione dei beni occupati (poi avvenuta con verbale del 10 settembre 2009), nominando anche il Commissario ad acta, nella persona del Prefetto di Milano, in caso di persistente inottemperanza del Comune di Meda al dictum giurisdizionale.
7.2 – L’appellante Ente sostiene con il suo primo motivo di impugnazione che il Giudice di prima istanza avrebbe errato nell’ascrivere a colpa dell’Amministrazione, i danni da “occupazione abusiva” asseritamente patiti dai sigg. Di Carpegna Brivio per il periodo tra il 15 luglio 1998 (di occupazione di urgenza dei terreni) ed il 18 maggio 2004 (data di pubblicazione della sentenza del TAR n. 1719 del 2004 di rigetto del ricorso per l’ottemperanza alla sentenza dello stesso TAR n. 5335 del 2001).
Afferma, altresì, che anche i danni altrettanto asseritamente verificatisi successivamente a tale data del 18 maggio 2004 e fino a quella di restituzione dei terreni ( 10 settembre 2009) sarebbero insussistenti per carenza di colpa, in quanto,a ben vedere, per tale ultimo periodo il comportamento tenuto dall’Amministrazione comunale sarebbe “…un comportamento rispettoso di una decisione del Giudice Amministrativo che non può sicuramente considerarsi quale comportamento illegittimo, e tanto meno comportamento colposo ai sensi dell’art. 2043 c.c.”; di qui l’illogicità ed il difetto di motivazione che affliggerebbero la motivazione della sentenza impugnata.
La tesi non può essere condivisa.
7.2.1 – Quanto al profilo (generale) dell’ascrizione della colpa, è agevole osservare, in consonanza con la prevalente giurisprudenza di questo Consiglio, che, in sede di risarcimento del danno derivante da procedimento amministrativo illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto quale indice presuntivo della colpa, perché resta ognora a carico dell’Amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile derivante da contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma o dalla complessità dei fatti, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento (cfr. tra le tante sez. V^, n. 4527 del 2009 e n. 3815 del 2011).
Nella specie, da un lato, non pare revocabile in dubbio che le illegittimità per le quali gli atti ablatori sono stati giurisdizionalmente annullati sono evidenti e gravi, siccome oggettivamente riconducibili all’omessa effettuazione di adempimenti ordinari nel procedimento espropriativo, quali la fissazione dei termini di inizio e compimento dei lavori e delle espropriazioni, per i quali non è, dunque, invocabile nessuna delle esimenti innanzi indicate e, dall’altro, nulla è stato dimostrato in contrario dall’Ente per resistere alla presunzione di colpa discendente dall’accertata illegittimità degli atti e dei comportamenti tenuti.
La realtà, inducente a confermarsi nell’avviso espresso, è che gli appellati hanno potuto riavere i propri terreni soltanto alla fine del 2009, a distanza di ben otto anni dalla sentenza (2001) che ha annullato gli atti del procedimento ablatorio perché il Comune di Meda, pur avendo ritenuto giusta detta sentenza (del 2001), tant’è che non l’ha appellata nei termini di legge ed ha così consentito il formarsi del giudicato sulla stessa, ha tenuto, invece, un comportamento dilatorio e giuridicamente criticabile, avendo provveduto alla riconsegna ai proprietari delle aree, libere da persone e cose, soltanto dopo la sentenza di questa Sezione n. 405 del 26 gennaio 2009 che tali condizioni ha imposto.
Né può indurre a diverso avviso il rilievo della difesa comunale che, volendo, i proprietari avrebbero potuto riavere da tempo il possesso dei terreni mediante un loro comportamento attivo, in quanto può convenirsi con la parte appellata che la presenza di soggetti terzi precedentemente abilitati dal Comune ad utilizzare parte dei fondi oggetto di occupazione abusiva e l’apertura al pubblico degli stessi terreni non consentiva ai proprietari, giuridicamente spogliati del possesso, di allontanare detti terzi e di impedire un uso pubblico protrattosi per oltre dieci anni.
7.2.2 – Quanto, poi, all’esimente (di colpa) invocata per il periodo dal 2004 al 2009, in conseguenza dell’asserito doveroso rispetto della sentenza del Giudice territoriale n. 1719 del 2004, di rigetto del ricorso per l’ottemperanza alla sentenza di merito dello stesso TAR n. 5335 del 2001, ritiene il Collegio che nessun rilievo può avere la relativa circostanza dedotta poiché essa, a ben vedere, non aveva e non ha alcuna incidenza sul comportamento che doverosamente doveva tenere il Comune di Meda.
In nulla poteva incidere, infatti, sul concreto dovere del Comune di restituire i beni illegittimamente appresi l’affermazione fatta nel corso del giudizio di ottemperanza e recepita nella sentenza del TAR del 2004 di avere dichiarato con propria nota del 31 luglio 2003 “…di non considerarsi in alcun modo ed a nessun titolo possessore dei terreni che a seguito della sentenza (n.d.r. : del TAR n. 5335 del 2001) si intendevano reintegrati nel pieno possesso dei sigg. Di Carpegna…”, in quanto lo stesso Comune, secondo ordinari canoni di corretta Amministrazione, avrebbe dovuto avere riguardo al profilo sostanziale della vicenda -riguardante il dovere di restituzione concreta dei terreni, dopo il formarsi del giudicato sull’annullamento di tutti gli atti del procedimento ablatorio, ad esso Comune ben noto in virtù di minimali cognizioni di diritto e certamente indipendente, in virtù delle stesse anzidette cognizioni, dallo svilupparsi della fase del processo esecutivo- tenuto conto che detto dovere comportava, ai fini di un’effettiva restituito in integrum dei legittimi proprietari, l’eliminazione degli esistenti problemi costituiti dal perdurare dell’occupazione di terzi (Associazione di Pescatori) di parte dei terreni e dall’apertura al pubblico degli stessi.
Come ben ha sottolineato la pronunzia di questa Sezione n. 405 del 26 gennaio 2009 (di annullamento della citata sentenza di ottemperanza del TAR n. 1719 del 2004) la vicenda in esame è stata oggettivamente condizionata proprio da detti fatti, perduranti dal 15 luglio 1998 al 10 settembre 2009, cioè fino al momento in cui lo stesso Comune ha finalmente riconsegnati i terreni ai legittimi proprietari, così reimettendoli nel possesso degli stessi.
Né, giova ribadirlo, è imputabile ai predetti proprietari alcuna inerzia, diversamente da quanto affermato dall’appellante Comune, perché, come ha ben ritenuto sempre questa Sezione con la citata sentenza n. 405, non incombeva su di essi (proprietari) “…l’onere di risolvere il problema posto dalla perdurante apertura al pubblico dei loro terreni…” e permaneva ognora, invece, l’obbligo del Comune di procedere alla riconsegna di questi ultimi perché “…l’annullamento comporta bensì il venir meno del titolo giuridico fondante l’acquisizione dell’area nella proprietà del suolo, ma non implica perciò solo anche la reintegra nel possesso dello stesso degli originari proprietari, laddove questo sia transitato in capo alla p.a. che abbia proceduto all’apprensione del fondo…”.
In breve, ha chiarito la Sezione che, essendo incontestato che “…il Comune di Meda si è immesso nel possesso dei suoli di proprietà dei sigg.ri Di Carpegna in esecuzione del decreto di occupazione d’urgenza poi annullato dal T.A.R. milanese…” e che “…l’apertura al pubblico di quei terreni, ancor oggi perdurante, è iniziata a seguito di tale immissione in possesso, in vista della progettata realizzazione in loco di un parco pubblico…”, sussisteva il permanente “…obbligo dell’Amministrazione, la quale subisca l’annullamento degli atti della procedura di esproprio, di restituire i suoli espropriati nello stato in cui si trovavano al momento dell’apprensione, a meno che ciò non risulti oggettivamente impossibile per circostanze sopravvenute (non allegate, comunque, in questo caso)…”.
Consegue a tutte le svolte considerazioni il rigetto anche del (secondo) profilo di critica testè esaminato.
7.3 – Ad analogo convincimento negativo può, poi, pervenire il Collegio con riferimento ai restanti motivi di impugnazione per le seguenti ragioni.
7.3.1 – Quanto al difetto della motivazione della sentenza impugnata per mancata prova del danno lamentato, è agevole rilevare, sulla scorta di condivisibile orientamento giurisprudenziale, che, in caso di occupazione senza titolo di un cespite immobiliare altrui, che è circostanza nella specie accertata giudizialmente, il danno è in re ipsa, quand’anche esso dovesse essere del tutto marginale rispetto all’intero compendio immobiliare colpito e limitato a parte di quest’ultimo non attualmente utilizzata (cfr. tra le tante Cassazione Civile sez. II^, n. 55568 del 8 marzo 2010 e sez. III^, n. 827 del 18 gennaio 2006).
Inoltre, come ben ha osservato la difesa degli appellati, a seguire la tesi del Comune di Meda che, in assenza di una prova concreta di mancata affittanza o possibile vendita del bene, non potrebbe ritenersi provato alcun danno, si premierebbe, sostanzialmente, un comportamento illegittimo che, a ben vedere, è petizione del tutto illogica, smentita, peraltro, dalla constatazione che, in conseguenza di apprensione legittima del bene, è comunque dovuta un’indennità, mentre per lo spossessamento effettuato illegittimamente nulla sarebbe dovuto.
7.3.2 – Quanto, infine, all’irrazionalità, illogicità ed erroneità della quantificazione del risarcimento, va condiviso la linea argomentativa seguita dal primo Giudice, essendo essa stata determinata in coerenza sostanziale con la norma dell’art. 32 del d.P.R. n. 327 del 2001.
Inoltre va, pure, condivisa la concreta quantificazione operata dal TAR del risarcimento dovuto agli appellati, tenuto conto che essa è stata operata sulla base di dati oggettivi provenienti dalla stessa Amministrazione ritenuta debitrice.
Infatti, nella specie, è stato correttamente considerato il comportamento tenuto dal Comune di Meda nel liquidare, appena un anno prima dell’occupazione dei terreni dei sigg. Di Carpegna Brivio, le somme richieste per la cessione bonaria di altri terreni di altro soggetto in area del territorio comunale analoga a quella dei predetti appellati.
Ne sono prova gli atti citati nella perizia di parte presentata in prime cure dagli attuali appellati e tenuta presente dal TAR (cfr. delibera di G.M. del Comune di Meda n. 784 del 1986 che statuiva di accettare il prezzo di lire 4.700 al mq. in relazione alla testé indicata cessione bonaria) e la consacrazione successiva dell’accordo di cessione bonaria, al prezzo indicato in detta delibera di Giunta Municipale mediante appositi rogiti notarili (n. 43152/7975 e n. 43153/7979 del 21 luglio 1987 per notar Spera) che, peraltro, smentiscono anche l’affermazione di parte appellante che lo stesso TAR avrebbe fatto riferimento a stime effettuate in sede trattativa non andata a buon fine.
8. – In conclusione, l’appello deve essere rigettato e le spese del presente grado di giudizio devono essere poste a carico del soccombente Comune di Meda, nella misura liquidata in dispositivo in favore degli appellati sigg. Di Carpegna Brivio, in applicazione dei principi ricavabili dall’art.26 del C.P.A.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 7047 del 2011, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Comune di Meda al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 3000,00 (euro tremila/00) in favore degli appellati sigg. Di Carpegna, oltre competenze di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2012 con l’intervento dei magistrati:
Anna Leoni, Presidente FF
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Guido Romano, Consigliere, Estensore
Fulvio Rocco, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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