Amministrativa

Revoca permesso di soggiorno – Consiglio di Stato Sentenza 00019/2013

sul ricorso numero di registro generale 7137 del 2012, proposto da:
XX, rappresentato e difeso dagli avv. Romano Lombardi, Luigi Tessitore, con domicilio eletto presso Gianluca Contaldi in Roma, via Pier Luigi da Palestrina n.63;
contro
Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.12;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. TOSCANA – FIRENZE: SEZIONE II n. 01368/2012, resa tra le parti, concernente revoca permesso di soggiorno

Consiglio di Stato, Sezione Terza, Sentenza n. 00019/2013 del 07/01/2013
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2012 il Cons. Alessandro Palanza e uditi per le parti gli avvocati Lorenzelli su delega di Tessitore e l’avvocato dello Stato Soldano;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Considerato che :
– Il signor XX ha impugnato la sentenza n. 01368/2012 che ha respinto il suo ricorso per l’annullamento del provvedimento di revoca del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (ex carta di soggiorno) e del contestuale rifiuto al rilascio del permesso di soggiorno ad altro titolo, emesso dal Questore della Provincia di Grosseto;
– Alla base del rigetto era posta la rilevazione di una sentenza penale ostativa, costituita dalla sentenza 2 luglio 2010 del Tribunale di Livorno per il reato previsto dall’art. 73 del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 e un complessivo giudizio di pericolosità sociale del ricorrente motivato dal fatto che il cittadino straniero, pur svolgendo una regolare attività lavorativa e, quindi, avendo la disponibilità di un reddito da lavoro ha, comunque, tratto illecito profitto da attività delittuose – pericolose sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica – che hanno comportato una condanna per reati inerenti gli stupefacenti;
– Agli atti risulta, senza essere contestato dall’Amministrazione, che il signor XX è regolarmente residente in Italia da più di venti anni, ha lavorato regolarmente con continuità in tutto questo periodo, dal 2007 è titolare di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e ha effettuato ricongiungimento familiare nei confronti della moglie e del figlio da oltre dieci anni, al momento del ricorso in primo grado, e con essi tuttora convive;
– Anche nel caso di revoca dell’ordinario permesso di soggiorno l’art. 5, comma 5, secondo periodo, del D.Lgs n. 286/1998 prevede che, in caso di ricongiungimento familiare, si tenga anche conto “della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale.” ;
– Per quanto concerne la revoca del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, l’art. 9, comma 7, del medesimo decreto legislativo prevede come causa di revoca rilevante per il caso in esame alla lettera c): “quando mancano o vengano a mancare le condizioni per il rilascio, di cui al comma 4” e che lo stesso comma 4 indica tra le cause ostative “eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale, nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall’articolo 381 del medesimo codice”, precisando infine che “ai fini dell’adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero.”;
– Quando alla revoca del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo segue l’espulsione, devono puntualmente applicarsi le disposizioni di cui al comma 10 del medesimo art. 9 che recita: “Nei confronti del titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, l’espulsione puo’ essere disposta: a) per gravi motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato; b) nei casi di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155; c) quando lo straniero appartiene ad una delle categorie indicate all’articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, ovvero all’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, sempre che sia stata applicata, anche in via cautelare, una delle misure di cui all’articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55.” Deve altresì applicarsi il seguente comma 11: “Ai fini dell’adozione del provvedimento di espulsione di cui al comma 10, si tiene conto anche dell’età dell’interessato, della durata del soggiorno sul territorio nazionale, delle conseguenze dell’espulsione per l’interessato e i suoi familiari, dell’esistenza di legami familiari e sociali nel territorio nazionale e dell’assenza di tali vincoli con il Paese di origine”.
Ritenuto che:
– Avvertite le parti a norma dell’art. 60 c.p.a., la causa possa essere decisa direttamente nel merito;
– Contrariamente a quanto affermato dal Tar, il provvedimento impugnato in primo grado non è adeguatamente motivato alla luce di tutte le disposizioni soprarichiamate e anzi risulta adottato in espressa violazione di tutte quelle che impongono di considerare la situazione familiare dello straniero, la durata del soggiorno in Italia e il suo radicamento sociale e lavorativo. Non si fa infatti alcun riferimento nel provvedimento alla attuale situazione del nucleo familiare, al pregresso ricongiungimento, mentre la durata del soggiorno e il radicamento sociale e lavorativo vengono utilizzate contra legem – e cioè seguendo una ratio esattamente opposta a quella propria della legge – come circostanze a sfavore dello straniero, in quanto considerate aggravanti del comportamento sanzionato con la condanna;
– Il provvedimento impugnato in primo grado non menziona neppure il fatto che la singola condanna è stata comminata per un reato che, tra i reati concernenti gli stupefacenti, è di minore gravità riguardando la coltivazione e non lo spaccio e che questa fattispecie di reato è l’unica che è considerata tra i reati compresi nell’art. 381 c.p.p. e non nell’art. 380, dovendosi peraltro anche osservare al riguardo che la recente sentenza della corte costituzionale n.172/2012 ha dichiarato incostituzionale la equiparazione delle condanne per reati compresi nell’art. 381 c.p.p. a quelli compresi nell’art. 380 dello stesso codice ai fini della procedure di emersione di lavoratori stranieri;
– Il provvedimento impugnato deve essere annullato per mancanza e incongruità della motivazione in relazione alla concreta situazione di cui si tratta e per violazione di legge con riferimento alle disposizioni richiamate che impongono di tener conto, anche in caso di condanne ostative, di ulteriori e determinate circostanze per giungere ad una effettiva valutazione di pericolosità, dato che quest’ultima, in casi come quello in esame, non può discendere automaticamente ed esclusivamente dalla condanna ostativa in mancanza di ulteriori e convergenti accertamenti;
– Restano tuttavia salvi gli ulteriori provvedimenti di competenza dell’amministrazione, purché adeguatamente motivati in conformità ai criteri di cui si è fatto cenno sopra;
– In relazione all’andamento della vicenda processuale possano essere compensate le spese per entrambi i gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso in appello, come in epigrafe proposto, accoglie l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso in primo grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Roberto Capuzzi, Consigliere
Hadrian Simonetti, Consigliere
Dante D’Alessio, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *