Amministrativa

Corresponsione del premio di rinvenimento dell’Uomo di Altamura – Consiglio di Stato Sentenza 00116/2013

sul ricorso numero di registro generale 7540 del 2008, proposto da:
XX e XX, rappresentati e difesi dall’avvocato Cosimo Romano, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
contro
Cars – Centro altamurano ricerche speleologiche in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Franco Gagliardi La Gala e Michele Costantino, con domicilio eletto presso Eugenio Gagliano in Roma, via Giuseppe Pitrè, 13;
Ministero per i beni e le attività culturali, Ragone Michele, Ragone Filippo, Ragone Paola, Ragone Anna, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA – BARI SEZIONE II n. 1982/2007, resa tra le parti, concernente diniego corresponsione del premio di rinvenimento dell’Uomo di Altamura

Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n.00116/2013 del 11.01.2013

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’appello incidentale proposto dal Centro altamurano di ricerche speleologiche;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2012 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti l’avvocato Taldone per delega dell’avvocato Romano, e l’avvocato Gagliardi La Gala.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
I signori XX e XX chiedono la riforma della sentenza, in epigrafe indicata, con la quale il Tribunale amministrativo della Puglia ha accolto in parte, dopo averli riuniti, i ricorsi proposti dal Centro altamurano di ricerche speleologiche (d’ora innanzi: C.a.r.s.) e dagli stessi Milillo e XX avverso i provvedimenti ministeriali di diniego della corresponsione del premio di rinvenimento dei resti di scheletro di Homo di tipo arcaico, poi indicato come Uomo di Altamura.
Lo stesso C.a.r.s. ha proposto appello incidentale avverso la medesima sentenza.
I) I fatti che hanno dato luogo alla controversia in esame prendono le mosse dall’esplorazione, iniziata dagli speleologi del C.a.r.s. nel 1991, di una vasta zona situata nelle vicinanze di Altamura, e che dopo circa tre anni hanno visto la creazione di una apertura idonea a penetrare nel fondo di una grotta denominata LamaungaLamalunga, situata nel fondo di proprietà degli eredi del signor Giovanni Rangone.
A tre discese nella grotta svolte nell’anno 1993 sono stati invitati a partecipare anche alcuni soci del gruppo speleologico deldel Club alpino italiano (C.a.i.) di Bari; nel corso della discesa del 3 ottobre 1993 sono stati trovati resti di ominide, definiti di eccezionale interesse paleontologico dal Ministero per i beni culturali e ambientali. Il C.a.r.s. ha quindi chiesto la corresponsione del premio di cui all’art. 89 del d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 e all’art. 49 della legge 1° giugno 1939, n. 1089; identica richiesta è stata inoltrata da tre soci del C.a.i. che avevano preso parte alla discesa del 3 ottobre 1993, tra i quali i signori Milillo e XX.
Con nota del 9 gennaio 2001 il direttore generale del Ministero per i beni e le attività culturali ha comunicato al Soprintendente per i beni archeologici della Puglia l’impossibilità di corrispondere ai due gruppi speleologici il premio richiesto, dato che i proprietari del fondo avevano comunicato di non aver mai rilasciato alcuna autorizzazione all’accesso al fondo di loro proprietà; di conseguenza, il Soprintendente ha reso noto tale determinazione negativa, alla luce dell’art. 89 del d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.
II) Tali atti sono stati impugnati davanti al Tribunale amministrativo della Puglia dal C.a.r.s., che ne ha evidenziato l’illegittimità per pretesi vizi tutti riconducibili alla irrilevanza della autorizzazione dei proprietari dell’area e, comunque, alla sussistenza dell’assenso anche per facta concludentia.
Anche i signori Milillo e XX hanno proposto ricorso al medesimo Tribunale amministrativo, per motivi analoghi e rivendicando la spettanza del premio, sostenendo che il rinvenimento è stato frutto di una loro scoperta fortuita, tempestivamente segnalata al Museo archeologico di Altamura.
III) Il Tribunale adito, con ordinanza assunta in sede cautelare, ha disposto che l’Amministrazione concludesse il procedimento, quantificando il premio di rinvenimento e attribuendolo pro quota alle parti ricorrenti. Con la sentenza impugnata ha poi accolto i ricorsi, rilevando che, se è vero che in base all’art. 50 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, applicabile ratione temporis, il premio non spetta se lo scopritore si è introdotto nel fondo altrui senza il consenso del proprietario o del possessore, nella fattispecie in esame può dirsi, in base ad univoche circostanze, che i proprietari fossero a conoscenza su quanto accadeva nel loro terreno e che quindi avessero acconsentito alle ricerche.
Il primo giudice ha, poi, esaminato chi dovesse essere ritenuto scopritore dell’importante reperto, ed ha rilevato che per “scoperta” non deve intendersi solo i resti dello scheletro denominato “Uomo di Altamura”, ma l’intero giacimento speleologico, comprendente anche altri resti umani e resti di animali, il cui ritrovamento deve essere attribuito sia ai membri del C.a.r.s. che a quelli del C.a.i. di Bari: di conseguenza, il premio di rinvenimento deve, secondo il Tribunale amministrativo, essere diviso al 50% tra i due gruppi.
IV) La sentenza è stata impugnata sia dai signori Milillo e De Liso, sia dal C.a.r.s., esclusivamente per quest’ultima parte, rivendicando tutti i ricorrenti la qualifica di “scopritori” al fine dell’attribuzione del premio di rinvenimento.
Osserva il Collegio che il thema decidendum della controversia posta davanti al primo giudice era la legittimità o meno dell’arresto procedimentale operato dall’Amministrazione in ragione della pretesa mancata autorizzazione da parte dei proprietari del fondo, al quale si è poi aggiunto, quale corollario e presupposto, la rivendicazione suddetta da parte di tutti i ricorrenti: peraltro, sgombrato il campo dal diniego oggetto principale del giudizio, la corresponsione del premio avrebbe postulato un’ulteriore attività amministrativa, volta ad accertare e verificare le altre condizioni normativamente necessarie ad integrarne il diritto. Infatti, l’art. 48 della legge n. 1089 del 1939, applicabile al momento della scoperta, specificamente condiziona il diritto al premio a precise condizioni: anzitutto, la scoperta deve essere fortuita; inoltre, è necessaria l’immediata denuncia all’autorità competente e l’immediata conservazione della cosa rinvenuta. Identici obblighi e condizioni (fortuità del ritrovamento, denuncia e custodia delle cose ritrovate) sono imposti dall’art. 87 del d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, vigente al momento in cui è intervenuto il provvedimento impugnato in primo grado e dall’art. 90 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), attualmente vigente): la corresponsione del premio avrebbe, quindi, postulato l’espletamento, da parte dell’Amministrazione, di una specifica attività istruttoria volta a verificare se, una volta annullato il diniego impugnato, sussistessero le ulteriori condizioni sopra specificate, ed in particolare la fortuità della scoperta. Deve, infatti, essere sottolineato con forza che non è l’attività di ricerca che dà diritto al premio, ma l’accidentalità della scoperta: l’attività di ricerca è infatti riservata allo Stato, e può essere effettuata dai privati solo in forza di specifica concessione, come ora prescrivono epressamenteespressamente gli artt. 88 e 89 del Codice richiamato..
V) Peraltro, la sentenza impugnata, nella parte in cui dichiara la spettanza del premio agli scopritori e la spettanza per la metà ciascuno al C.a.r.s. e al C.a.i. non è stata oggetto di appello da parte del Ministero: la questione devoluta in appello è, quindi, unicamente quella relativa alla ripartizione del premio. Tale questione, intesa come esclusione del gruppo concorrente, è emersa solo a seguito della sentenza (giacché in primo grado il premio era stato negato ad entrambi i gruppi), e può essere riportata alla domanda posta al Tribunale amministrativo unicamente dai ricorrenti Milillo e XX, i quali in primo grado hanno appunto contestato, oltre alla (il)legittimità del diniego, la spettanza del premio al gruppo concorrente. Il ricorso proposto dal C.a.r.s., invece, era mirato a evidenziare la sussistenza di tutte le condizioni per la doverosità della corresponsione a sé stesso, e non a escludere gli altri, come sostanzialmente riconosce lo stesso C.a.r.s. nell’appello incidentale.
L’appello incidentale stesso, pertanto, è inammissibile nella parte in cui contesta la ripartizione del premio operata dal Tribunale amministrativo; ed è anche inammissibile nella parte tesa a negare agli appartenenti al C.a.i. la qualifica di scopritori, dal momento che entrambi questi temi non sono stati posti in primo grado e costituiscono quindi domanda nuova in appello.
VI) L’appello proposto dai signori Milillo e De Liso è invece infondato, perché la scoperta del reperto di cui è causa è avvenuta da parte loro nell’ambito di una più vasta attività svolta dal C.a.r.s., alla quale sono stati occasionalmente invitati. Fermo restando che la corresponsione del premio (e la stessa legittimità della ricerca, che, come si è visto, oggi il Codice dei beni culturali riserva allo Stato) avrebbe postulato la verifica in sede amministrativa delle condizioni poste dalla legge, a cui sopra si è fatto cenno, la ripartizione operata dal primo giudice corrisponde alla corretta imputazione dell’azione all’agente secondo il nesso di causalità: è evidente, infatti, che i membri del C.a.i., scopritori materiali dei reperti, si sono introdotti nella grotta solo perché invitati, e che, d’altra parte, è al C.a.r.s. che va imputata l’attività che ha reso possibile la scoperta.
VII) In conclusione, l’appello principale è infondato, mentre l’appello incidentale è inammissibile.
Le spese del giudizio di secondo grado possono, in assenza di costituzione del Ministero intimato, essere compensate tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, respinge l’appello incidentaleprincipale e dichiara inammissibile l’appello incidentale.
Spese del secondo grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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