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Vivere in un bunker – di Nike Daidone

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Sono circa 750.000 i bunker fatti costruire dal 1945 al 1985 dal dittatore Enver Hoxha in Albania , uno dei paesi più poveri d’Europa , per fronteggiare un’eventuale invasione di un non ben precisato nemico. In seguito a questa enorme espansione di costruzioni belliche, dilagò in tutto il paese la paura di un assalto improvviso di nemici immaginari pronti ad attaccare da ogni parte, così l’Albania è divenuto uno dei paesi più isolati del mondo.

Superato poi il periodo xenofobo, queste strane costruzioni a fungo sparse dappertutto, sulle alture, in pianura, nelle aree urbane e soprattutto lungo tutte le coste albanesi, non avendo più un precisato utilizzo, sono state adibite durante gli anni a rimesse per gli attrezzi o animali, fienili, garages, ma la maggior parte sono rimaste completamente abbandonate. Ma come riciclare queste costruzioni di cemento armato, ricordo della Guerra Fredda, trasformandole in risorsa turistica e caratteristica per il paese, convertendo la paranoia in speranza per il futuro?

L’idea è venuta a due studenti albanesi del Politecnico di Milano, Elian Stefa e Gyler Mydyti nel 2008, che riconoscendo i bunker come risorsa piuttosto che come ostacolo, hanno pensato di riutilizzarli come ristoranti, bar, ostelli ed ambienti d’accoglienza, creando così degli itinerari turistici e promuovere il settore eco-turistico in Albania. Un progetto di apertura della nazione verso gli altri paesi quindi, ribaltando completamente l’utilizzo dei bunker stessi, da allora il progetto è cresciuto assumendo notevoli dimensioni . Il luogo scelto per la prima colonia di Funghi di cemento è stato la spiaggia del villaggio di Qeparo, nella regione di Vlore. Un luogo di una bellezza naturale eccezionale, con un accesso diretto all’autostrada nazionale e la presenza di un’altissima concentrazione di bunker. La spiaggia appartiene alla costa azzurra, la Riviera albanese. Nelle sue vicinanze si trova il castello di Ali Pashe Tepelena; a tre chilometri a nordovest ci sono i tunnel sottomarini di Porto Palermo; a sudest, invece, si trova la spiaggia di Borsh. Ci sono cinque bunker tripli e tre singoli, tutti in eccellenti condizioni, inoltre a fianco dei bunker si trova anche il “quartier generale” che ospita tutti i servizi necessari: docce, ristorazione , internet ed anche una biblioteca in cui i viaggiatori ospiti possono imparare la storia dei bunker e del passato dell’Albania. Ogni turista interessato all’avventura e all’ ambiente può godere delle risorse naturali dell’Albania pernottando all’interno dei bunker convertiti, senza la necessità di portarsi dietro le attrezzature da campeggio.

Un’altra idea relativa all’utilizzo di queste costruzioni militari è stata realizzata a Tale, una località a settanta chilometri a nord di Tirana e si chiama “Bed and bunker”. E’ un ostello da poco aperto sull’Adriatico, che ha utilizzato i bunker militari per dare alloggio agli studenti universitari. Il progetto è opera di un team di studenti di architettura tedesco-albanesi ed hanno utilizzato i bunker di piccole dimensioni adibendoli a spogliatoi o rimesse, quelli di medie e grandi dimensioni a camere, bar, biblioteca, sale riunioni e mensa.
Da qualche anno ormai dunque queste costruzioni belliche sono divenute una buona risorsa di campagne di recupero, ma non solo in Albania, non mancano esempi simili infatti anche in Svezia, a Francoforte in Germania e nelle cara vecchia Inghilterra.

Nike Daidone

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