Ce Giustizia

Corte Ue: non è attività economica il servizio di trasporto scolastico

scuolabus_0Gli eurogiudici chiamati a dirimere una controversia che verte sul diritto alla detrazione dell’Iva e ha per protagonisti un ente locale e l’Amministrazione fiscale olandese

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La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione di due disposizioni contenute nella direttiva 2006/112/CE sull’Iva e con le questioni sollevate, il giudice ‘a quo’ chiede di comprendere se un ente territoriale, che fornisce un servizio di trasporto scolastico, agisca in qualità di soggetto passivo e sia pertanto soggetto all’Iva.
I protagonisti della controversia
La controversia che oppone un Comune dei Paesi Bassi all’Amministrazione fiscale olandese in ordine al diritto alla detrazione dell’Iva rivendicato da tale comune. Tale Comune ricorre ai servizi di imprese di trasporto per il trasporto scolastico degli allievi che sono ammessi a usufruirne. Nel rispetto delle disposizioni contenute nel regolamento comunale relativo al trasporto scolastico, circa un terzo dei genitori degli allievi che usufruiscono del trasporto scolastico hanno versato contributi, il cui ammontare complessivo corrisponde al 3% degli importi versati da tale Comune per il finanziamento del trasporto scolastico, mentre il saldo è stato finanziato dal Comune tramite fondi pubblici. Il Comune ha sostenuto dinanzi all’amministrazione fiscale di dover essere assoggettato al pagamento dell’Iva a titolo di fornitura di servizi di trasporto scolastico reso contro il pagamento di contributi e, pertanto, di poter detrarre da tale pagamento l’Iva fatturatagli dai trasportatori. L’amministrazione finanziaria non ha accolto l’interpretazione prospettata dal Comune, con ciò ingenerando un contenzioso che è giunto fino alla richiesta di vaglio pregiudiziale di alcune questioni dinanzi alla Corte Ue, formulata dalla competente autorità giurisdizionale.

Le questioni prospettate e le valutazioni della Corte   
Con le sue questioni, il giudice ‘a quo’ chiede, in sostanza, se l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva Iva, debba essere interpretato nel senso che un ente territoriale, che fornisce un servizio di trasporto scolastico agisca in qualità di soggetto passivo e sia pertanto soggetto all’Iva. Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva Iva, si considera ‘soggetto passivo’ chiunque eserciti, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. Pertanto, per stabilire se un ente territoriale agisca in qualità di soggetto passivo, occorre determinare se quest’ultimo eserciti un’attività economica ai sensi della direttiva Iva. Al riguardo, occorre considerare che l’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva Iva, dispone che si considera come ‘attività economica’ ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Un’attività può essere qualificata come attività economica, ai sensi della citata disposizione, se essa corrisponde a una delle operazioni di cui all’articolo 2 della direttiva Iva.

La fattispecie nel caso concreto
Nel caso in esame, per determinare se il trasporto scolastico fornito da un comune costituisca un’attività economica ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della menzionata direttiva, occorre quindi stabilire, in primo luogo, se nel quadro dell’organizzazione di tale trasporto scolastico tale comune ha compiuto un’operazione di prestazione di servizi di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), di tale direttiva. Nella misura in cui gli elementi forniti dal giudice ‘a quo’ nella domanda pregiudiziale consentono di concludere che ha luogo una prestazione di servizi, si deve verificare se quest’ultima possa essere considerata come fornita da detto comune a titolo oneroso, come richiesto dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva Iva. Al riguardo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, una prestazione di servizi viene effettuata ‘a titolo oneroso’, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva Iva, e configura pertanto un’operazione imponibile, soltanto quando tra il prestatore e l’utente intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni, nel quale il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato all’utente. In tale circostanza, il contributo dei genitori ai costi di trasporto scolastico non è calcolato in funzione dei costi reali dei servizi forniti. Infatti, l’importo di tale contributo dei genitori non è collegato né al numero dei chilometri percorsi quotidianamente, né al costo per tragitto per ogni allievo trasportato, né alla frequenza dei tragitti.
Tuttavia, la circostanza che un’operazione economica sia svolta ad un prezzo superiore o inferiore al prezzo di costo è irrilevante ai fini della qualificazione di tale operazione come ‘negozio a titolo oneroso’. Quest’ultima nozione presuppone, infatti, unicamente l’esistenza di un nesso diretto tra la cessione di beni o la prestazione di servizi ed il corrispettivo realmente percepito dal soggetto passivo. Pertanto, il pagamento da parte di circa un terzo dei genitori dei bambini trasportati di un contributo al trasporto scolastico consente di concludere che il comune ha eseguito una prestazione di servizi a titolo oneroso ai sensi dell’art.2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva Iva. Inoltre,  occorre tener conto del fatto che l’esistenza di una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso,  non è di per sé sufficiente per constatare l’esistenza di un’attività economica ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva Iva.

I precedenti di giurisprudenza consolidata
Difatti, come precisato da consolidato orientamento giurisprudenziale comunitario, per determinare se una prestazione di servizi è effettuata dietro compenso in modo tale da essere qualificata come attività economica deve essere esaminato l’insieme delle circostanze in cui è stata realizzata. Il raffronto fra le circostanze nelle quali l’interessato effettua la prestazione di servizi in questione e quelle in cui viene di solito realizzata questo tipo di prestazione di servizi può, quindi, costituire uno dei metodi che consentono di verificare se l’attività considerata costituisca un’attività economica, così come possono essere presi in considerazione, insieme ad altri, elementi, quali in particolare l’entità della clientela e l’importo degli introiti.
Nel caso di specie, va rilevato, da una parte, che il Comune recupera attraverso i contributi che riceve soltanto una minima parte dei costi sostenuti. Infatti, i contributi non sono dovuti da tutti gli utilizzatori e sono stati versati unicamente da un terzo di essi, così da ammontare soltanto al 3% del totale dei costi di trasporto, mentre il saldo è finanziato con fondi pubblici. Un tale scarto  tra i costi di funzionamento e gli importi percepiti come corrispettivo per i servizi offerti suggerisce che il contributo a carico dei genitori debba essere assimilato a un canone piuttosto che ad una retribuzione vera e propria. Deriva quindi, da tale prospettata asimmetria l’assenza di un nesso concreto tra la somma pagata e la prestazione di servizi fornita. Pertanto, il nesso tra i servizi di trasporto forniti da detto comune e il controvalore che i genitori devono pagare non risulta avere il carattere diretto necessario a che tale controvalore possa essere considerato la retribuzione di detti servizi e perché questi ultimi costituiscano attività economiche ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva Iva. Inoltre, le circostanze nelle quali la prestazione dei servizi è effettuata si distinguono da quelle nelle quali sono abitualmente fornite le attività di trasporto delle persone, poiché il Comune non offre prestazioni sul mercato generale dei servizi di trasporto delle persone, ma appare piuttosto come beneficiario e consumatore finale dei servizi di trasporto che acquista presso le imprese di trasporto con cui tratta e che mette a disposizione dei genitori degli allievi nell’ambito di un’attività di servizio pubblico.

Le conclusioni dei togati comunitari
Tutto ciò premesso, l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva Iva, deve essere interpretato nel senso che un ente territoriale, che fornisce un servizio di trasporto scolastico in circostanze come quelle esposte non esercita un’attività economica e non ha quindi la qualità di soggetto passivo.

Data della sentenza
12 maggio 2016
Numero della causa
C‑520/14
Nome delle parti
Gemeente Borsele
contro
Staatssecretaris van Financiën
e
Staatssecretaris van Financiën
contro
Gemeente Borsele

Marcello Maiorino, Fiscooggi.it

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