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Isolati in Antartico per 9 mesi, uno spunto dalla ‘quarantena’ dei ricercatori

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I ricercatori che partecipano alle spedizioni invernali in Antartide per l'Enea passano 9 mesi rinchiusi con persone che non hanno scelto e non possono allontanarsi nè vivere una quotidianità fatta di impegni
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ROMA – Vivere per nove mesi in isolamento totale, con temperature esterne fino a 80 gradi sotto zero, sapendo che nessun aereo o mezzo di terra può raggiungerti. È l’esperienza che ogni anno vive un gruppo di circa 13 tra ricercatori e personale logistico della stazione italo-francese Concordia in Antartide, nei cosiddetti “winter-over”, le spedizioni invernali del Programma nazionale di ricerche in Antartide (Pnra), gestito da Enea per la pianificazione e l’organizzazione logistica e dal Cnr per la programmazione e il coordinamento scientifico.

“Pur tenendo conto delle differenze, questa condizione di isolamento estremo può offrire spunti per affrontare al meglio le restrizioni imposte dall’emergenza coronavirus”, spiega Denise Ferravante, psicologa e ricercatrice Enea, responsabile del reclutamento, training e supporto psicologico al team winter over.

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CONVIVENZA FORZATA E NESSUNA VIA DI FUGA

“Si tratta di una condizione molto simile a quella degli astronauti, tanto che l’Agenzia spaziale europea effettua ricerche a Concordia per prepararsi alle future missioni di lunga durata nello spazio”, aggiunge l’esperta, che, fra i punti di stress in comune alle due situazioni di isolamento, evidenzia, in particolare, la convivenza forzata, l’impossibilità di andare via, l’utilizzo delle comunicazioni mediate dalla tecnologia.

A Concordia il piccolo gruppo vive in uno spazio piuttosto grande, ma sono persone che non si sono scelte e che si sono conosciute poche settimane prima di partire e che devono vivere insieme per nove lunghi mesi senza potere andar via. Per effetto della condizione di isolamento si possono accentuare comportamenti ‘territoriali’, sottolinea Ferravante. Come nel mondo animale percepiamo i nostri spazi come il nostro ‘territorio’, dove per spazio si può intendere anche la propria scrivania: può succedere che qualcuno senta come una mancanza di rispetto o una violazione della sua privacy il fatto che gli altri occupino i suoi spazi e reagire aggressivamente. Ciò può verificarsi anche nelle nostre abitazioni con l’aumentare del periodo di isolamento.

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“SVILUPPARE TOLLERANZA”

“Per fronteggiare tali effetti, occorre sviluppare tolleranza, smussare gli angoli, depotenziare momenti di contrasto attraverso il dialogo, il confronto aperto o, se ci rendiamo conto che non è possibile, soprassedere per affrontare la questione in un momento successivo, quando le emozioni saranno più gestibili e potremo parlare di ciò che ci dà fastidio in modo da permettere all’altro di evitare di mettere in atto comportamenti che ci disturbano”, afferma Denise Ferravante, psicologa e ricercatrice Enea.

Nelle spedizioni invernali in Antartide si è visto che la possibilità di utilizzare le nuove tecnologie per comunicare con l’esterno ha incrementato notevolmente il benessere psico-fisico. Anche in queste settimane di emergenza pc, tablet, telefoni e altri device sono di aiuto per mantenere i ‘contatti’.

Non è raro che nei nove mesi di isolamento possa manifestarsi la Winter-Over Syndrome con nervosismo, apatia, alterazione della capacità di concentrazione e memoria, insonnia e incubi notturni, umore depresso e maggiore irritabilità. Per contrastare tali effetti, vengono organizzate serate a tema, feste di compleanno, eventi, ricorrenze varie e, a metà inverno, che corrisponde al nostro equinozio d’estate, tutte le basi festeggiano il midwinter per alcuni giorni. Cercare di celebrare ricorrenze e creare piccoli eventi può essere di aiuto anche per fronteggiare l’isolamento da Covid-19.

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L’ISOLAMENTO COME OCCASIONE DI CRESCITA

L’isolamento che stiamo vivendo in questi giorni ci è stato imposto; non è quindi una libera scelta come per le spedizioni antartiche. Secondo Ferravante, quindi, è consigliabile, rovesciare la prospettiva, pensando a questo tempo come un periodo che, pur nella costrizione, scegliamo di passare nel modo più utile per la nostra crescita, prendendoci cura di noi, dei nostri affetti, ristabilendo le nostre priorità e riattivando le nostre risorse personali.

“Possiamo riacquistare un senso di padronanza di noi stessi ricentrandoci sui nostri bisogni, sulle nostre emozioni, sulle nostre fragilità. Perché – dichiara – nel vuoto determinato dall’assenza dei mille impegni con i quali abbiamo riempito la nostra vita, in realtà, c’è un pieno dato dall’opportunità di crescita e sviluppo personale, psicologico, spirituale”. È quanto evidenziano i feedback di chi partecipa alle spedizioni in Antartide: nonostante le difficoltà dell’isolamento e delle condizioni estreme di temperatura e buio, ne parlano come di una grande occasione di crescita e sviluppo personale.

“Il coronavirus ci ha fatto scoprire di essere fragili e vulnerabili, non immuni come credevamo. Ma è proprio la nostra fragilità che ci rende più adattabili, perché come il concetto di resilienza bene ci spiega, i materiali resilienti sono in grado di tollerare gli urti e i colpi riprendendo successivamente la loro forma. Allora- conclude Denise Ferravante, psicologa e ricercatrice Enea- utilizziamo il trauma che stiamo vivendo come un’occasione di trasformazione, per liberare la nostra forza vitale e mobilitare l’energia creativa”.

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Fonte Agenzia Dire www.dire.it