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Angelo Fortunato Formiggini e la filosofia del ridere

di Pancrazio Caponetto – ” Formaggino da Modena / editore in Roma / sopportò sorridendo / XVI anni di dominazione fascista / che lo aveva raso al suolo./ ma quando ignobili penne / per atavico odio plebeo,/ o per turpe mercede / o per puro contagio tedesco / iniziarono una campagna razzista / sdegnato / si condannò a morte per alto tradimento; / sostituendosi al vero colpevole / per stornare dalla sua Patria / il danno e la vergogna./Con queste parole Angelo Fortunato Formiggini, componeva il proprio epitaffio, qualche mese prima di suicidarsi, il 29 novembre 1938, gettandosi dalla torre Ghirlandina di Modena. Angelo Fortunato Formiggini era uno scrittore ed editore ebreo nato a Collegara, frazione di Modena il 21 giugno 1878. Fin dalla giovane età si fa notare per quella che diventerà la sua principale caratteristica: l’umorismo. Studente all’ultimo anno del Liceo Galvani di Bologna, scrive e distribuisce a studenti e insegnanti un poemetto: La divina farsa ovvero la descensione ad inferos di Formaggino da Modena. E’ una parodia della Commedia di Dante con protagonisti studenti e insegnanti del Liceo. Questa sua prima fatica letteraria gli costerà l’espulsione definitiva dal Liceo di Bologna.

Terminati gli studi liceali Formiggini si iscrive all’Università laureandosi prima in Giurisprudenza ( 1901 ) poi in filosofia morale ( 1907 ). Di particolare interesse la tesi per la seconda laurea, l’argomento è il riso. Il lavoro di Formiggini affronta vari aspetti del tema, tra questi: l’analisi fisiologica del riso, l’osservazione del fenomeno tra bambini e selvaggi, un confronto tra le teorie dei filosofi, una sociologia del riso, l’umorismo. A proposito di quest’ultimo punto Formiggini scrive: “… l’umorismo dunque non è un genere letterario speciale, è un ambito mentale, è un aspetto del temperamento e del carattere, che può tradursi in qualsiasi forma di arte…”

L’entrata clamorosa di Formiggini nell’editoria italiana risale al 1908, quando, nel mese di maggio, egli organizza un evento gioioso : la Festa Mutino-Bononiense. Si trattava di un’occasione per celebrare una riconciliazione tra due città storicamente rivali: Modena e Bologna. Lo spunto per l’evento venne a Formiggini da La secchia rapita( 1614 ), poema eroicomico del poeta modenese Alessandro Tassoni che nella sua opera aveva ricostruito in modo ironico lo scontro fra Modena e Bologna. In quell’occasione Formiggini pubblica i suoi due primi libri: La secchia ( raccolta di sonetti inediti di Tassoni ) e Miscellanea tassoniana di studi storici e letterari ( una raccolta di saggi su Tassoni con la prefazione di Giovanni Pascoli ).” L’idea di fare l’editore – scrive Formiggini nella sua autobiografia – ,allora, io non l’avevo affatto chiara e distinta: fu il successo di quell’esperimento che mi fece decidere… Probabilmente senza La Secchia rapita io non sarei mai stato editore.”
Dal 1908 in poi Formiggini avvia un’intensa attività editoriale con diverse pubblicazioni in vari campi del sapere. Vediamone alcune.

Nel 1909 la sua casa editrice inizia le pubblicazioni della “Rivista di filosofia” organo della Società Filosofica Italiana. Un anno dopo parte un’inziativa di successo: la stampa della collana “Profili”. Si tratta di volumetti in cui famosi autori della cultura italiana ( tra questi Bertoni, Bontempelli, Momigliano ) analizzano con brevi ritratti personalità del mondo della letteratura, dell’arte, della cultura.

Nel 1913 nuova collana di successo: ” I classici del ridere”, l’iniziativa editoriale alla quale Formiggini rimase più legato. Si tratta di una collezione di grandi classici del riso ( tra cui Boccaccio, Petronio, Rabelais, Gulliver ).

Nel 1918, Formiggini, trasferitosi a Roma, fonda la “Casa del ridere”, una biblioteca che raccoglieva materiale ( libri, riviste, giornali, stampe ) sul tema dell’ umorismo. Nello stesso anno pubblica una rivista ” L’Italia che scrive”, un mensile in cui sono presentat i e recensiti i libri stampati in Italia. E’ uno strumento utile per rilanciare la lettura e l’amore per i libri. Nel primo numero della rivista si legge: “L’Italia che scrive agiterà le principali questioni inerenti alla vita del libro italiano in quanto esse sono essenziali alla vita spirituale della Nazione, e tratterà dei problemi della coltura in quanto essi hanno una proiezione sulla vita del libro. Questo nuovo periodico si propone inoltre di creare un’intesa tra quanti vivono per il libro e lo amano cioè fra gli autori, gli editori, i librai, coloro che si dedicano alle arti grafiche e infine i consumatori del libro cioè il pubblico dei lettori.”

I notevoli guadagni realizzati dalla rivista ” L’italia che scrive”, vengono reinvestiti da Formiggini in un nuovo progetto:l’Istituto per la propaganda della cultura italiana ( poi chiamato Fondazione Leonardo ), nato nel 1921.” L’istituto – scrive Formiggini – si propone di divulgare la conoscenza di tutta la nostra produzione intellettuale, che è quanto dire il pensiero italiano nella sua integrità”.

L’Istituto ( divenuto ente morale su suggerimento del filosofo Giovanni Gentile, Ministro della Pubblica Istruzione nel governo Mussolini ) avrebbe dovuto realizzare un ambizioso progetto, dare vita a una Grande enciclopedia italica in 18 volumi. ma su questo punto si verrà allo scontro tra Formiggini e Gentile. Quest’ultimo non condivideva il progetto di Formiggini, molto probabilmente temeva che intaccasse l’egemonia che l’attualismo esercitava sulla cultura italiana. Gentile accuserà Formiggini di irregolarità amministrative e lo farà estromettere dalla Fondazione Leonardo. L’editore reagirà, alla sua maniera, pubblicando un testo, La ficozza filosofica del fascismo e la marcia sulla Leonardo, ( ” libro edificante e sollazzevole”). La ficozza in romanesco è il bernoccolo che spunta sulla testa dopo un colpo subito. Per Formiggini, Gentile, con la sua filosofia, l’attualismo, era il colpo e l’escrescenza cresciuta sulla testa del fascismo. Il libro è in sostanza una satira anti-gentiliana, un attacco all’attualismo , filosofia dominante nell’ Italia di quei tempi. “Giovanni Gentile – scrive Formiggini – ha avuto l’abilità e la innegabile genialità di creare una moda filosofica e di saperla varare soffiando le sue parole in alcuni fonografi che sono andati predicando a destra e a sinistra il novissimo vangelo, che annunciatosi come ribellione all’empirismo della precedente moda, trovò larghezza di consensi.”

Dopo la polemica con Gentile, Formiggini riprende la sua attività editoriale pubblicando nuove collane, tra le più importanti “Apologie” e “Medaglie”. La prima offriva ai lettori profili di dottrine filosofiche e religiose ( cattolicesimo, ebraismo, ateismo, filosofie orientali ), presentate da importanti personalità della cultura italiana del tempo ( Ernesto Buonaiuti, Giuseppe Rensi, Dante Lattes ). La seconda pubblicava monografie di personaggi italiani contemporanei. La collana ebbe problemi con il regime fascista, in quanto furono stampate anche monografie di antifascisti come Luigi Albertini, Giovanni Amendola, Don Sturzo, Filippo Turati.

Sul finire degli anni Venti e all’inizio dei Trenta, la casa editrice Formiggini inziò ad avere difficoltà economiche, ma il colpo di grazia si ebbe nel 1938 con l’emanazione delle leggi razziali antiebraiche del regime fascista. Esse prevedevano, tra le altre cose, il divieto per gli ebrei di possedere aziende commerciali o industriali non azionarie, la proibizione di far conoscere il proprio pensiero attraverso la stampa. Messo di fronte alla drammaticità della situazione Formiggini iniziò a pensare ad un gesto estremo, il suicidio. ” Io non posso rinunciare a ciò che considero un mio preciso dovere – scrisse all’amata moglie Emilia – io debbo dimostrare l’assurdità malvagia dei provvedimenti razzisti richiamando l’attenzione sul mio caso…” E ancora, nella Lettera agli italiani, scritta poco prima del suicidio aggiungeva : ” Sento che l’imprevisto destino della mia vita è appunto quello di testimoniare l’assurdità dei provvedimenti razzisti inopinatamente straripati nella mia Patria, ponendo bene in evidenza che hanno colpito persino me che mi sento del tutto estraneo alla questione e che nego recisamente ogni solidarietà di razza che non sia una solidarietà puramente umana e che considero grossolana menzogna le teorie razziste formulate per l’occasione dalla scienza avventuriera e analfabeta che non sa nemmeno il significato delle parole razza, religione,stirpe…”

Il gerarca fascista Achille Starace mostrando cinismo e aridità morale commentò così il suicidio di Formiggini: “E’ morto proprio come un ebreo: si è buttato da una torre per risparmiare un colpo di pistola.”
Ma, come ha scritto lo storico Renzo De Felice nella sua Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo: ” Gli italiani degni di questo nome, ebrei o ariani che fossero, compresero però – anche se la propaganda fascista fece di tutto per tenerne nascosti i veri motivi – il significato di quel gesto disperato e al tempo stesso eroico: la discriminazione – checché dicessero Mussolini ei suoi corifei – era persecuzione, la più barbara e la più ingiusta che da secoli la terra italiana avesse conosciuta e il Formiggini con il suo estremo gesto lo aveva gettato in faccia al fascismo intero…”

Prof. Pancrazio Caponetto



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© Litis.it – 10 Maggio 2020 – Riproduzione riservata

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